Quello che ha portato al successo i prodotti italiani nel mondo sono stati il gusto estetico di millenaria tradizione e la qualità intrinseca dei prodotti che per molti anni hanno varcato le frontiere, portando le esportazioni ad avere un tasso di crescita di oltre il 10% annuo e dando vita a quello che poi è stato definito il “miracolo italiano”.
La prospettiva pessimistica dell’economia italiana del dopoguerra è stata così ribaltata ed oggi l’Italia è a pieno titolo uno dei paesi più ricchi del mondo.
Attualmente il made in Italy vive una battuta di arresto attribuibile sostanzialmente a due elementi: la concorrenza di prodotti a basso costo e la scarsa propensione ad investire in innovazione da parte degli imprenditori italiani.
I mercati orientali hanno costituito negli ultimi anni un forte ostacolo all’esportazione della produzione italiana, e l’azione di contrasto nei confronti di prodotti a basso costo è stata impostata nella stessa direzione de-localizzando la produzione in paesi in cui è disponibile manodopera a basso costo.
Questa politica non ha fatto altro che accrescere la competizione sul prezzo compromettendo spesso la qualità e la tipicità dei prodotti.
Alcuni indicatori economici. L’indicatore più significativo per quanto riguarda il made in Italy è costituito dalle esportazioni. Dall’analisi dei dati emerge una situazione di generale stagnazione nell’evoluzione delle esportazioni con una riduzione delle esportazioni dei settori che in precedenza sono stati individuati come tipici del made in Italy.
L’analisi mette in luce i dati trimestrali delle esportazioni italiane, suddivisi per settore dal primo trimestre 2002 al terzo trimestre 2004 che mostrano come complessivamente non ci sia stata una crescita consistente nelle esportazioni.
Sembra opportuno commentare brevemente l’andamento dei settori tipici del made in Italy che in linea generale subiscono una riduzione tendenziale delle esportazioni.
Il settore alimentare, mostra una linea di tendenza in leggero rialzo nonostante la forte concorrenza di paesi anche molto avanzati da un punto di vista tecnologico, che mirano ad occupare posizioni di rilievo in mercati sino ad ora dominati dai produttori italiani. Si pensi al vino australiano e in generale alle pressioni poste al Wto per una abolizione delle denominazioni di origine che caratterizzano molti prodotti non solo italiani.
Il settore del tessile e dell’abbigliamento presenta una linea di tendenza negativa, anche se nel terzo trimestre 2004 c’è un lieve segno di ripresa. Questa situazione è strettamente legata alla concorrenza dei paesi low-cost ed alla de-localizzazione di molti impianti produttivi nei paesi dell’Est Europa. Tale processo di de-localizzazione, iniziato già all’inizio degli anni Novanta, è la conseguenza di una politica dei prezzi che non offre una prospettiva di lungo periodo a questo settore di grande importanza nella storia del made in Italy.
Altro settore caratterizzato da un forte calo delle esportazioni è quello del cuoio e dei prodotti in cuoio (che comprende anche il settore delle calzature). Anche in questo caso la politica di prodotti a basso prezzo ha generato un progressivo indebolimento dei prodotti italiani soprattutto perché il consumatore non giustifica la differenza di prezzo tra prodotti a marchio italiano e prodotti generici fabbricati nelle stesse zone o addirittura negli stessi stabilimenti.
Questa politica del prezzo penalizza i produttori che continuano a produrre in Italia e che in assenza di informazione al consumatore sono in posizione meno favorita rispetto ai produttori che de-localizzano ottenendo prezzi più bassi alla vendita.
Questa “selezione avversa” porta ad un livellamento verso il basso della produzione con evidenti effetti sulle esportazioni.
Stesso discorso vale per altri prodotti dell’industria manifatturiera caratterizzati, nelle esportazioni, da una linea di tendenza negativa. In particolare il settore dei mobili, subisce la concorrenza dei paesi con una lunga tradizione nella lavorazione del legno come la Romania e in generale i paesi dell’Europa dell’Est. Anche in questo caso il settore subisce gli effetti di strategie di vendita basate sul prezzo e non sul prodotto.
Va sottolineato che questi settori non esauriscono tutto il quadro delle esportazioni del made in Italy, e i dati evidenziano come altri settori, come quello delle macchine ed apparecchi meccanici e dei mezzi di trasporto, assumono una rilevanza decisiva nell’andamento delle esportazioni italiane.
Questi settori sono quelli che registrano un aumento più o meno costante delle esportazioni e rappresentano una delle poche voci in attivo.
Per poter avere un quadro ancora più preciso delle esportazioni del made in Italy è interessante analizzare i dati raggruppati per tipologie macro aggregate di beni. L’analisi pone in evidenza come, nel secondo trimestre del 2004, le esportazioni dei beni di consumo sono superate sia dalle esportazioni dei beni strumentali che dei beni intermedi.
Questo è il sintomo, di un effetto di sostituzione che i consumatori mondiali pongono in essere acquistando prodotti che ormai non si differenziano più molto da quelli italiani.
Un altro dato interessante è costituito dalla ripartizione per area geografica delle esportazioni.
Dalla rilevazione dei dati trimestrali emerge l’aumento nel 2004 delle esportazioni delle regioni meridionali (+10,7% nel terzo trimestre 2004) ed insulari. Anche se in assoluto le esportazioni di queste regioni rappresentano una piccola parte delle esportazioni totali dell’Italia (circa 1/4 rispetto al Nord-Ovest e 1/3 rispetto al Nord-Est) si tratta di un dato importante in quanto rappresenta l’apertura di nuovi mercati di sbocco (quelli del Nord Africa) che, pur essendo meno opulenti dei mercati tradizionali, rappresentano una buona prospettiva per un futuro non più lontano, visti anche i recenti accordi di libero scambio tra paesi della sponda Nord del Mediterraneo.
In generale tutte le altre macro-regioni italiane hanno sofferto di forti incertezze con bassi livelli nel Centro (-0,1% nel terzo trimestre 2004) e del Nord-Est (+1,9% nel terzo trimestre 2004) mentre il Nord-Ovest mantiene un andamento caratterizzato da ampie oscillazioni.
A questo punto è interessante chiedersi dove va il made in Italy, e quali sono i principali sbocchi di mercato per i prodotti italiani.
Quello che emerge dai dati è una riduzione delle esportazioni dei prodotti italiani nei paesi dell’Unione europea (dati riferiti all’Unione europea a 25 paesi). Si passa, infatti, da un valore pari al 61,8% nel primo trimestre del 2002 ad un valore pari al 57,7% nel terzo trimestre del 2004.
Il fatto che proprio all’interno dell’Unione si registri un forte calo delle esportazioni, è un ulteriore segno della ridotta capacità di innovazione di cui soffre la produzione italiana.

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