La recente sortita dell?Ente Parco del Pollino, con la quale si ribadisce l?intenzione di attuare abbattimenti di Cinghiali all?interno dell?area protetta, rappresenta l?ennesima prova dell?atteggiamento demagogico con il quale l?Ente ritiene di dover affrontare la problematica connessa alla presenza degli Ungulati nel territorio del Parco.

Secondo il WWF occorre in via preliminare inquadrare il fenomeno Cinghiale e la sua interferenza con le produzioni agricole all?interno del Parco in un contesto preciso e non condizionato da interessi particolari, sulla base di dati scientifici che accertino l?entità delle popolazioni presenti, la capacità portante del territorio, attuando tutte le misure di prevenzione dei danni ed eventualmente, come ultima soluzione, organizzare un programma di catture con metodi incruenti.

Il WWF ricorda a proposito che negli studi commissionati a suo tempo dallo stesso Ente Parco al Dipartimento di Scienze Ambientali dell?Università di Siena, si riconosceva tra l?altro la mancanza ?di un dato preciso sul numero reale di cinghiali presenti sul territorio?, per cui parlare di ?sovrappopolamento?, così come sostiene l?Ente Parco nel suo comunicato, risulta quanto meno improprio, tanto è vero che lo stesso studio non aveva accertato l?esistenza di dati ?a conferma di qualche forma di impatto sulla biocenosi?.

Anziché auspicare semplicistici interventi di tipo populistico-venatorio facendo credere di voler tutelare gli agricoltori, il Parco dovrebbe invece spiegare perché mai non sono stati realizzati tutti gli interventi di salvaguardia delle colture in grado di agire come deterrente nei confronti dei cinghiali e perché non sono state attuate le catture sperimentali (460), previste da anni con la pratica dei ?chiusini?, la cui efficacia era stata messa in evidenza dalle stesse ?Linee guida per la gestione del Cinghiale nelle aree protette? elaborate dal Ministero dell?Ambiente.

Sulla questione Cinghiale si continua del resto a fare molta confusione: come spiegare altrimenti l?allarme per un presunto ?sovrappolamento? lanciato dal Parco, con le immissioni artificiali di altri cinghiali da parte di Comunità montane ?per lo spopolamento? dello stesso Ungulato in quelle zone?

E infatti spesso sono proprio i Cinghiali immessi con i ripopolamenti, dotati di scarsa selvaticità, ad arrecare i danni maggiori, per cui riesce facile agli stessi cacciatori che hanno provocato il problema, porsi come risolutori dello stesso, purché non manchi mai la ?materia prima? da abbattere.

Risulta ancora singolare che la maggior parte delle proteste siano giunte da comuni lucani, quando ? sono sempre i dati dello studio allegato alla delibera del Consiglio Direttivo del novembre scorso ? l?80% delle richieste di indennizzo proveniva invece da comuni calabresi e solo il 20% da quelli della Basilicata, fatto da ricondursi, secondo gli studiosi, ?alla diversa entità dei popolamenti di cinghiale e almeno in parte alle differenze qualitative e quantitative esistenti tra le superfici destinate alle coltivazioni?.

In conclusione il WWF ritiene che gli agricoltori che operano nel Parco del Pollino debbano essere giustamente risarciti e tutelati impedendo materialmente ai Cinghiali di arrecare ulteriori danni, ma che non si può pensare di risolvere il problema con provvedimenti dettati da motivazioni non suffragate da validi elementi tecnico-scientifici o che addirittura confliggono con la legge.

Il sistema delle catture garantirebbe ottimi risultati nei casi in cui fosse necessario ridurre l?impatto delle popolazioni sulle attività umane, cosa ben diversa dalle pratiche venatorie, selettive o presunte tali, che , se introdotte, violerebbero uno dei principi basilari dell?istituzione delle aree protette, vale a dire la tutela della fauna selvatica.

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