La situazione economica nazionale vista dai cittadini italiani. Dopo il biennio di stagnazione 2002-2003, il 2004 può essere considerato un anno di ripresa, ma un aumento del Pil pari all’1,4% (la performance di quest’anno) non risulta sufficiente a rilanciare la nostra economia. Il potenziale di crescita si è drasticamente ridotto e si prevede che anche negli anni a venire (2005 e 2006) il Pil osclillerà tra l’1,4% e l’1,5%.
L’economia italiana, oltre a risentire dello scenario europeo ed internazionale, deve fare i conti con i suoi specifici ritardi e i problemi strutturali: la perdita di competitività legata ai costi; le difficoltà del comparto industria (evidenziate dalla flessione della produzione industriale, ad ottobre 2004 pari a -5,6% rispetto all’anno precedente); la rigidità del modello di specializzazione industriale; la scarsa concorrenza nel settore dei servizi. Risultano in aumento l’incertezza complessiva e i rischi di cedimento del sistema economico, inoltre le prospettive di ripresa potrebbero risultare compromesse dall’apprezzamento del tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro e dai forti rialzi del prezzo del petrolio. Questi fattori incidono negativamente sulle aspettative di famiglie e imprese; in una situazione di incertezza prolungata, le imprese potrebbero essere indotte a rivedere i programmi di investimento compromettendo in questo modo anche la crescita di lungo periodo, essendo lo stock di capitale aggiuntivo una delle principali fonti di crescita del prodotto.
Si prevede che la ripresa, non solo italiana, procederà a ritmi rallentati, condizionata da difficoltà del passato e tragici eventi del presente. Il maremoto nel Sud-Est asiatico, un disastro umano dalle dimensioni planetarie, peserà notevolmente sull’intera economia mondiale, anche perchè si tratta di paesi emergenti che procedono a passi da gigante nello scenario economico internazionale.
Ma come si esprimono gli italiani in merito ad alcune questioni macro-economiche? Qual è il grado di fiducia nei confronti dell’attuale Governo? Quali sono le loro attuali condizioni finanziarie e le aspettative per il futuro? Per rispondere a queste domande, l’Eurispes ha posto una serie di quesiti ad un campione di 1.500 italiani stratificato per sesso, area geografica di provenienza ed età. La rilevazione e l’analisi del dato sono state realizzate tra il 25 novembre del 2004 ed il 5 gennaio del 2005.
Il confronto inter-temporale circa la situazione economica del Paese mostra un crescente pessimismo da parte dei cittadini italiani: la percentuale di intervistati che avvertiva un netto peggioramento dell’economia italiana nel 2003 era pari al 23%, nel 2004 saliva al 48,2% e nel 2005 arriva addirittura al 54%. Si conferma l’esigua percentuale (0,6%) di italiani che attesta un netto miglioramento e aumenta la quota di coloro che ravvisano una condizione di stabilità (il 17,3% contro il 14,4% nel 2004). Diminuiscono i valori riferiti a coloro che si esprimono per le modalità intermedie: solamente il 2,8% (il 6,8% nel 2004) ravvisa un leggero miglioramento e il 23,5% un leggero peggioramento (il 29,5% nel 2004).
I giudizi sull’anno trascorso incrociati per area territoriale evidenziano una percezione di stabilità economica soprattutto tra i residenti nel Centro Italia (27,4%) e, in misura minore, tra i cittadini residenti nel Settentrione (nel Nord-Est il 18,2% e nel Nord-Ovest il 18,4%). In quest’ultima area territoriale, pur essendo preminente il giudizio di netto peggioramento, risultano abbastanza consistenti le percentuali di coloro che si esprimono per un leggero peggioramento, pari al 29,2% nel Nord-Ovest e al 26,3% nel Nord-Est.
Il pessimismo maggiore viene manifestato dai residenti nel Meridione: sia nel Sud che nelle Isole le percentuali di coloro che si esprimono per un forte peggioramento sono molto elevate (rispettivamente il 64,4% e il 69,8%). Anche se è opportuno notare che nelle Isole l’1,9% esprime parere opposto, percentuale contenuta ma comunque superiore al dato medio nazionale (0,6%).
L’area politica di appartenenza degli intervistati influenza di poco le risposte relative alla situazione economica dell’Italia: da destra a sinistra, il coro si alza unanime esprimendo un giudizio molto negativo. Tra l’elettorato di sinistra si concentrano le posizioni più critiche (afferma che la situazione economica è nettamente peggiorata il 55,7% degli elettori di sinistra e il 53,8% di centro-sinistra), ma i giudizi sono pessimistici anche tra gli altri: il 33% degli intervistati di centro-destra e il 23,6% di destra avverte un netto peggioramento. La percentuale di coloro che si pronunciano per un netto miglioramento è decisamente contenuta e si registrano i valori più elevati ai poli opposti dell’asse politica destra-sinistra (a sinistra l’1,6% e a destra l’1,4%). Il contesto complessivo risulta poco ottimista e i cittadini percepiscono un tendenziale peggioramento dell’economia italiana; a distanza di pochi anni la sfiducia tra gli italiani si è intensificata in maniera esponenziale.
È stato poi chiesto agli intervistati di esprimere il proprio giudizio sulle prospettive economiche del Paese nei prossimi 12 mesi. Nel 2003 la maggioranza si esprimeva per una soluzione di continuità (43%), ma questa percentuale decresce nel 2004 (29,1%) e si risolleva leggermente nel 2005 (33,9%). Diminuisce nettamente la quota di coloro che prevedono un miglioramento per l’economia (passano dal 23,1% del 2003 al 13,2% del 2005), mentre aumentano i pessimisti: nel 2005 il 39,3% degli intervistati afferma che la situazione peggiorerà ulteriormente contro il 26,8% del 2003. Continua a diffondersi tra gli intervistati una sensazione di catastrofismo che non lascia intravedere segnali di ripresa. In relazione alle previsioni per il futuro, i dirigenti/quadri/imprenditori si pronunciano con forza per un miglioramento dell’economia (21,7%), registrando, contemporaneamente, una quota molto elevata anche tra coloro che prevedono un peggioramento (43,5%): questa ambivalenza è spiegabile dal fatto che il numero di non risposte è nullo, mentre nelle altre categorie professionali è molto elevato (tra gli operai arriva addirittura al 20%).
Ad eccezione dei livelli professionali più elevati, le previsioni positive per l’economia si attestano su valori molto simili alla media in tutte le categorie professionali: dal 13,8% dei lavoratori autonomi (liberi professionisti, commercianti, ecc.) al 13,7% dei pensionati, dal 10,6% degli operai al 10,4% degli studenti. Le casalinghe e i non occupati, le categorie più deboli, prevedono con più frequenza rispetto alle altre un aggravarsi dell’attuale situazione: quasi la metà del campione (47,8%) si pronuncia per un peggioramento dell’economia del Paese nei prossimi dodici mesi.
La disaggregazione dei dati per area politica degli intervistati evidenzia un atteggiamentto più ottimista da parte degli elettori di destra che sperano nel 44,4% dei casi in un miglioramento dell’economia, a centro-destra la percentuale scende al 23,9%, al centro al 12,5% a centro-sinistra all’8,5% e a sinistra a 4,9%. Le quote più elevate di coloro che prevedono una stabilità della situazione economica nei mesi a venire si registrano a centro-destra (45,5%) e a centro-sinistra (42,5%).
Oltre la metà degli elettori di centro (51,8%) intravede un peggioramento della nostra situazione economica, percentuali molto simili a sinistra (49,2%) e centro-sinistra (41,5%), mentre a destra e centro-destra circa un elettore su cinque condivide questa previsione (rispettivamente il 20,8% e il 18,2%).
I giudizi circa la politica dell’attuale esecutivo confermano principalmente un sentimento di delusione nell’elettorato: una gran parte del campione risponde che i punti previsti nel programma elettorale non sono stati realizzati e che la politica economica del Governo è fallimentare sia nel 2004 che nel 2005 (rispettivamente il 44,6% e il 40,6%). Inoltre, nel 2005 circa un intervistato su quattro (24%) ritiene l’attuale politica non corrispondente ai bisogni del Paese. I pareri positivi appaiono in netto decremento rispetto all’anno precedente: solo l’11,4% (contro il 17,8% del 2004) afferma che l’impostazione politica dell’esecutivo è appropriata e che gli effetti saranno tangibili nel lungo periodo; il 7,5% (il 7,4% nel 2004) si pronuncia per la piena soddisfazione delle scelte effettuate dal Governo, che rispondono esattamente alle necessità del Paese. Da evidenziare la crescente percentuale di persone confuse che non esprimono una posizione (9,1% nel 2004 e il 16,5% nel 2005). Oltre la metà degli intervistati di sinistra e centro-sinistra giudicano la politica economica del Governo Berlusconi fallimentare e densa di promesse non mantenute (rispettivamente il 56,6% e il 65,1%), questa convinzione è leggermente meno diffusa al centro (44,6%), per scomparire quasi del tutto tra gli elettori di destra e centro-destra (rispettivamente 6,9% e 6,8%).
L’altro giudizio negativo, relativo alla politica economica non corrispondente ai bisogni del Paese, viene condiviso in modo più equilibrato dagli intervistati che si collocano su posizioni diverse nell’asse della politica: più elevate le percentuali da sinistra al centro e più contenute a destra; piuttosto consistenti anche tra chi non si identifica in nessuna posizione politica. Gli elettori di destra e centro-destra esprimono pareri leggermente più positivi: rispettivamente il 37,5% e il 36,4% condividono l’affermazione che la politica economica del Governo Berlusconi è appropriata e gli effetti si vedranno nel lungo periodo. Uno sparuto gruppo di elettori di sinistra e centro-sinistra condivide questa affermazione e molto esiguo anche il numero di coloro che non si collocano politicamente. Ancora più contenute le percentuali di intervistati che giudicano la politica economica adeguata alle necessità del Paese: circa un elettore di destra e centro-destra su quattro, il 5,4% di centro, il 4,8% degli apolitici e appena lo 0,8% di sinistra.
La domanda relativa alla fiducia degli intervistati sulle capacità dell’attuale Governo di affrontare situazioni e/o problematiche specifiche è stata analizzata inizialmente con una scala di giudizi graduata; successivamente sono stati proposti i risultati limitando le alternative alla dicotomia fiducia/sfiducia.
Nel primo caso è possibile osservare che i giudizi più critici si riferiscono a tutti gli aspetti della politica economico-finanziaria di competenza dell’esecutivo. Risulta sorprendente che il 49% degli intervistati afferma di non fare nessun affidamento sul Governo per quanto riguarda la realizzazione di una equa riforma delle pensioni; il 44,5% è dello stesso parere per quanto riguarda la capacità di combattere l’inflazione, il 43,5% per il contrasto alla disoccupazione. Leggermente più contenute le percentuali di scetticismo riferite alle capacità di contrasto alla microcriminalità (42,9%), al risanamento dei conti pubblici (42,8%), all’unità e coesione del Paese (42,2%) e al contrasto della criminalità organizzata (41,8%).
Il 40,4% degli italiani non è per niente convinto che l’attuale esecutivo sia in grado di “tenere alta l’immagine dell’Italia nel contesto internazionale” e circa un intervistato su tre è scettico sulle capacità di contrastare il terrorismo interno e internazionale. Per quanto riguarda i giudizi favorevoli, si registrano percentuali irrisorie in tutti gli items elencati che evidenziano l’elevato tasso di pessimismo nei confronti di questo esecutivo dopo quattro anni di governo. L’analisi del biennio 2004-2005 della dicotomia fiducia-sfiducia (aggregando da una parte i giudizi esprimenti molta o abbastanza fiducia e, dall’altra, quelli esprimenti poca o nulla fiducia) evidenzia un vero e proprio crollo della fiducia nei confronti dell’esecutivo in merito alle questioni prioritarie del nostro Paese. Per quanto riguarda la capacità di risanare i conti pubblici, nel 2005 si registra il maggior numero di scettici (ben il 70% contro il 51,7% dell’anno precedente), molto elevata anche la percentuale di sfiduciati nella possibilità che il Governo realizzi una equa riforma delle pensioni (il 67% contro il 51,7%) e nella capacità di combattere la disoccupazione (nel 2005 i non fiduciosi sono il 68,4%). Gli italiani non riescono ad esprimere ottimismo su alcun tema, forse delusi dalle promesse fatte in campagna elettorale che non trovano ancora riscontro a quasi quattro anni dall’inizio della legislatura. La disaggregazione dei dati per area politica di appartenenza evidenzia una distribuzione simile in tutti gli items elencati (sono stati riportati quelli in cui si è registrato un elevato tasso di preoccupazione da parte degli intervistati): una maggiore sfiducia tra gli elettori di sinistra e centro-sinistra e un leggero ottimismo a destra e centro-destra. Ma il dato sorprendente è la presenza di alcuni scettici anche tra gli intervistati di destra e centro-destra, che dichiarano di non avere alcuna fiducia nelle capacità del Governo di attuare alcuni interventi. Le problematiche che risultano più ardue da risolvere sono la realizzazione di una equa riforma delle pensioni e il contrasto alla criminalità organizzata: circa un elettore di destra o centro-destra su cinque è completamente scettico sul fatto che l’attuale Governo riuscirà a realizzare questi interventi. L’insoddisfazione e lo scetticismo aumentano tra gli italiani, inoltre il pessimismo rende sempre più difficile intravedere segnali di ripresa in un sistema che sembra arenato.
L’elettorato è disilluso dalle promesse fatte in campagna elettorale e, sempre più pressato dai problemi che affliggono la quotidianità, non riesce a intravedere una voce a cui credere e una luce verso cui orientare le proprie speranze.
Situazione economica familiare. Per quanto riguarda l’opinione sulla situazione del proprio nucleo familiare, dopo la percezione di un elevato peggioramento nelle condizioni di vita tra il 2003 e il 2004, nell’ultimo anno i dati confermano un sostanziale livello di stabilità. Una componente di intervistati leggermente più consistente dello scorso anno (il 46% contro il 42,7%) dichiara una situazione economica familiare stabile, mentre le percentuali relative ad un aggravamento, lieve o acuto che sia, sono leggermente più contenute rispetto al 2004. Stabile il numero di intervistati che gode di un maggiore benessere (lo 0,7% negli ultimi due anni), mentre aumentano di un impercettibile 0,4% (dal 3,6% del 2004 al 4% del 2005) le persone che hanno visto migliorare, seppur in modo contenuto, la propria situazione economica nell’ultimo anno. Il vissuto quotidiano della propria famiglia rappresenta quanto di più tangibile per un individuo, e i cittadini denunciano le crescenti difficoltà che devono affrontare, stretti nella morsa del processo di impoverimento reale che danneggia soprattutto i ceti meno agiati. L’Eurispes ha poi analizzato la distribuzione geografica per capire come si configura nel nostro Paese la mappa economica delle famiglie italiane. Nel Sud si registra un discreto numero di famiglie che ha avvertito un netto miglioramento delle proprie condizioni economiche (1,3%), ma contemporaneamente si contano molte famiglie (17,2%) che hanno conosciuto un forte crollo economico.Sono prevalentemente le famiglie del Centro (5,6%) che godono di un tenore di vita leggermente pù elevato rispetto a quello dell’anno precedente, ma nella stessa area geografica ben il 45,8% delle famiglie intervistate afferma di aver avuto un leggero peggioramento economico.