Si è svolto giovedì 13 maggio, presso il ridotto del Teatro Stabile, il seminario dal titolo ?Dove l?Oriente incontra l?Occidente ? Dalla filosofia alla letteratura?, organizzato dall?Associazione Culturale e Sportiva ?La Fenice?, in collaborazione con il Comune di Potenza, nell?ambito della struttura ?Città Cultura? inserita nelle manifestazioni collegate al Maggio potentino. La relatrice dell?incontro è stata la dott.ssa Maria Rosaria Macchia, che svolge un dottorato di ricerca in Letteratura Italiana presso l?Università degli Studi di Basilicata e collabora con L?Istituto Nazionale di Studi di Firenze. Erano presenti il prof. Giuseppe Scelzi, presidente dell?associazione e, in rappresentanza del Comune, il consigliere regionale Gigi Chiriaco e l?assessore Giuseppe Messina.

Il presidente Scelzi ci ha tenuto a precisare che è stata la prima volta che La Fenice ha organizzato un incontro culturale, rispetto alle numerose manifestazioni sportive che spesso coordina. Ha inoltre affermato che questo incontro rappresenta un momento di riflessione su un?esperienza filosofico-letteraria che metta in evidenza i punti di unione e contribuisca a una vera integrazione fra il mondo occidentale e quello orientale.

La dott.ssa Macchia, partendo da una frase del filosofo inglese Alan Wilson Watts, che sostiene che ? non riuscirai a capire le tesi di base della tua civiltà, se la tua civiltà è l?unica che conosci? , ha tracciato un breve, ma significativo e interessante percorso che, partendo dalla filosofia greca classica e spingendosi fino alla letteratura italiana del XVII secolo, mostra gli innumerevoli collegamenti e punti di contatto fra la cultura occidentale e quella orientale, pur tendendo presente le specifiche diversità. Le due civiltà sono co-protagoniste di una stessa scena, condividono gli stessi problemi che riguardano l?intero genere umano: i più grandi filosofi greci, ancor prima delle conquiste di Alessandro Magno, mostravano corrispondenze con la cultura orientale. Pensiamo al mito dell?androgino, presente nel ?Simposio? di Platone: ?ognuno di noi è la metà simbolica di un essere tagliato in due?, e confrontiamolo con la sapienza indù delle ?Upanisad? induistiche, per la precisione il testo della ?Brhadaranyaka?, dove si legge: ?il maschile è solo una metà, l?altra è femminile?. Ancora il mito dell?albero rovesciato, le cui radici sono fissate in cielo a rappresentare il principio fondante che sta ad indicare l?aspirazione a completare la conoscenza verso l?alto, così come i rami rappresentano la molteplicità del divenire: sia nel ?Timeo? di Platone che nelle Upanisad l?uomo è immaginato come albero, si riscontra ancora una volta l?impiego di una stessa immagine simbolica; un altro simbolismo condiviso è quello del sole, considerato nei suoi molteplici aspetti metafisici e cosmogonici.
Ma forse la corrispondenza più rappresentativa è quella che coinvolge un principio fondamentale delle filosofie di ogni tempo e luogo: la corrispondenza fra l?uno e il molteplice. Numerosi sarebbero i filosofi da citare, di ogni epoca e latitudine, ma basti pensare a Eraclito, Empedocle e Parmenide messi a confronto con i maestri taoisti: in tutti l?idea di un grande inizio, di un uno che generò il molteplice; ?il tao generò l?uno, l?uno generò il due?, il tao come il logos di Eraclito o l?essere di Parmenide; lo yin e lo yang dei taoisti in simmetria con i contrari di Eraclito o con il giorno e la notte di Parmenide.

La teoria degli opposti ci porta dritti al XVII secolo, a Giordano Bruno: lo scrittore Daniele Del Giudice nel recente libro ?La conciliazione degli opposti?, ha studiato il rapporto fra il pensiero di Bruno e la filosofia orientale, individuando in Occidente un razionalismo di tipo logico-deduttivo, in Oriente un naturalismo intuitivo; ma questi due presupposti apparentemente distanti, se indagati con onestà intellettuale, portano alla conclusione che i misteri del cosmo sono analizzati giungendo ad una visione divina indipendente dalla religione: ?uno e solo?, dicevano i Greci, ?è dunque l?universo uno, infinito, immobile? dice Giordano Bruno; Lao Tzu parla di principio e l?induismo di spirito immutabile, ma sempre uno. Ne scaturiscono visioni della realtà profondamente affini in filosofi di età diversa: la concezione monistica di un principio comune malgrado l?esistenza di molteplici divinità.

Dal punto di vista letterario i contatti fra mondo orientale e occidentale si intensificarono già nell?undicesimo secolo, soprattutto nell?ambito della tradizione narrativa: Federico II di Svevia in Sicilia e Alfonso X il Saggio, re di Castiglia e Leon in Spagna, promossero gli studi e la raccolta del patrimonio della cultura orientale più matura, ancor più perché i loro regni rappresentavano terre di frontiera. Tutto questo materiale fu variamente elaborato e utilizzato da scrittori quali Chaucer nei ?Canterbury Tales? e Boccaccio nel ?Decameron?. L?elemento innovativo si rivelò nella diversa organizzazione dell?impianto novellistico: si iniziò a introdurre una cornice narrativa al racconto, che fungeva da collante, da macrostoria. Attraverso Bisanzio giunse uno straordinario patrimonio narrativo che divenne disponibile agli Europei e che rappresentò un ponte fra due mondi; grande fortuna ebbero il ?Pancatantra? e ?Barlaam e Josafat?, in quest?ultimo i brani ?incorniciati? sono una seria di narrazioni, rivolte al principe, che hanno lo scopo di semplificare il metodo di buon governo; Boccaccio ne riprende i personaggi orientali, in particolare la figura del Saladino, che diviene protagonista di due novelle e che trasmette un messaggio finale, attuale e importante, oggi più che mai: ?conserviamo con cura la nostra fede e rispettiamo quella altrui. La verità infatti è nota solo al padre?.

Ancora una volta la nostra città e la nostra amministrazione si confermano attente e sensibili ad iniziative culturali, spesso proposte da nuove leve, che si inseriscono in un contesto ampio e affrontano temi che pur partendo da un ambito circoscritto riescono a sollevare questioni di interesse internazionale e interculturale.

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