LA FESTA DEL LAVORO
Le ballate etno-folk dei Marmaja, gli arpeggi vellutati di Kuzminac, la poesia di Lolli, le pennellate country di Grechi e l?energia della Casa del Vento. La musica non è solo canzonette da consumare distrattamente al fast-food della modulazione di frequenza. La musica è sublimazione dell?anima, brivido che percorre la schiena, colpo al ventre che toglie il fiato, ritmo che provoca spasmo. Come quella che ha inondato ieri sera piazza Mario Pagano, per una volta centro gravitazionale di un grande evento musicale, qual è stato il concerto del primo maggio.
Sul palco i maestri (Lolli, Grechi, Kuzminac), gli allievi (Marmaja e Casa del Vento) e le belle speranze (i potentini Effetti collaterali). E proprio alla band di casa è toccato aprire il concerto con una rasoiata lisergica fuori programma. Peccato per i problemi di amplificazione che hanno offuscato le qualità della violinista, letteralmente risucchiata nel vortice di decibel sprigionati da chitarra, basso e batteria. Gli Effetti collaterali hanno filo da tessere. Ne sentiremo parlare. Dalla scena underground potentina a quella veneta. Nome in codice: Marmaja. Segni particolari: un impasto suggestivo di sonorità ancestrali del Polesine e liriche di stampo cantautorale. Il sestetto di Rovigo tiene bene la scena, da musicanti navigati, e regala al pubblico potentino una manciata di ballate trasognanti e cavalcate etno-folk. Si sono accomiatati brindando con un bicchiere di rosso sanguigno: sana abitudine della gente del Polesine. Terra che guarda ai Balcani. E dai Balcani (?Sono l?unico serbo buono?, ha detto scherzando con il pubblico) arriva Goran Kuzminac. Il cantautore italo-serbo è un virtuoso della chitarra. Accarezza le corde con una perizia tecnica assoluta. Ne nascono grappoli carichi di armoniche che fanno da tappeto a testi che neanche con la famosa Ehi, ci stai! scadono nel banale. Da un virtuoso del finger-picking ad un virtuoso della poesia, Claudio Lolli, accompagnato dalla chitarra di Paolo Capodacqua. Autore di canzoni memorabili che hanno segnato la storia della musica d?autore italiana (Borghesia, Ho visto anche degli zingari felici), Lolli è unanimemente considerato un poeta della canzone. E come un poeta recita le sue liriche, fermo, al centro della scena, la luce bianca che gli schiarisce il volto, tra le mani un canovaccio che Capodacqua è abile ad assecondare con note vellutate. Atmosfera minimale che si riscalda quando sul palco sale Luigi Grechi, meglio noto come fratello di Francesco De Gregori, uno dei maggiori country-man della scena italiana. Si porta dietro uno spilungone bavarese, al secolo Franz Mayer, contrabbassista e liutaio. Chitarra, rigorosamente unplugged, e contrabbasso bastano a Grechi per affrescare verdi praterie che profumano di fieno, di stivali tirati a lucido e di tequila. Quello stesso profumo che aleggia nel suo ultimo lavoro: Pastore di nuvole.
Atmosfere rarefatte, come nuvole appunto, che dissodano il terreno al vortice folk della Casa del Vento. La band aretina, epigone toscana dei Modena City Ramblers, chiude il concerto del primo maggio con un distillato di puro combat-folk ad alto potenziale energetico, corretto da testi ruvidi come cartavetro che parlano di ingiustizie sociali, di guerra e di resistenza. Degna chiusura per una festa del primo maggio che vuole essere non un appuntamento estemporaneo e celebrativo, ma il prologo di una riflessione costante sul lavoro e sui lavoratori, sui diritti, sullo sviluppo, sul futuro del Mezzogiorno e della Basilicata.
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