A distanza di un anno ci ritroviamo a celebrare la Festa dei Lavoratori. Come ogni anno d?altronde. A distanza di trecentosessantacinque giorni il trend negativo lucano non è cambiato. Non ho visto delle iniezioni di fiducia di ampio respiro; non ho visto allargarsi il panorama delle opportunità lavorative. Forse vivo in un?altra regione (!?). Anzi, ho misurato qualcosa in meno dal punto di vista della stabilità. La cassa integrazione, l?instabilità quindi, l?incertezza la fanno da padroni.
Andando indietro negli ultimi mesi, giusto per non allacciare ampollose analisi sul lungo periodo, la nostra attenzione deve essere rivolta ad alcuni casi di precarietà. Ah! La Precarietà. Infatti, è notizia abbastanza recente che il Consorzio agrario regionale della Basilicata e di Taranto ha comunicato la messa in mobilità di almeno 49 lavoratori, causa il delicato momento finanziario che sta investendo l?azienda. Bruttissima battuta d?arresto per il settore agricolo lucano. Non solo. Un lancio d?agenzia di stampa informa che 334 ex lavoratori socialmente utili del Parco Nazionale del Pollino non percepiscono alcun emolumento nella completa indifferenza dell?Ente, delle due Regioni e dei ministeri del Lavoro e dell’Ambiente. A dichiararlo sono state le segreterie di Basilicata e Calabria di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil. Non solo. Sul piede di guerra sono anche i lavoratori del ?Don Uva? che rivendicano un adeguato miglioramento salariale e normativo sotto la spada di Damocle di numerose lettere di licenziamento (per giunta nel pieno della campagna elettorale appena trascorsa). E che dire della riduzione di posti di lavoro presso la Fiat di Melfi o dell?annosa vicenda che ha visto la protesta dei lavoratori Sma? E le avanguardie dei salottifici di terra nostra? Siamo di fronte ad uno stato di provvisorietà che si estende, inevitabilmente, a macchia d?olio anche nelle altre regioni d?Italia, Sud in pole position. E qui il ricorso ai numeri può darci un quadro più freddo ma ineccepibile: 430.940 lavoratori sono coinvolti da una crisi industriale che ha portato all?instabilità di circa 3.267 aziende italiane. Tra i settori più colpiti citiamo il metalmeccanico (oltre 187.000), il tessile, quello dell?abbigliamento e quello delle calzature (oltre 55.000). Distretti produttivi che in un ristretto arco di tempo da una soddisfacente stabilità sono passati ad una dimensione di crisi. Il da farsi? Cercare altre possibilità di mercato, reinventare quindi le imprese delocalizzandole. Le conseguenze? Lo spostamento degli stabilimenti e il licenziamento dei lavoratori: altrimenti come si riescono a contenere i costi di produzione e di manodopera?
In questo quadro, non certo idilliaco, ci accingiamo ad onorare la Festa dei Lavoratori. E se non vogliamo ridurla ad un atto di commemorazione verso il lavoro che fu, siamo obbligati ad una profonda riflessione. E non dovremo soltanto onorare la Storia del Primo Maggio, i primi scioperi, le battaglie per una riduzione dell?orario di lavoro, le conquiste salariali. Dobbiamo intavolare un tavolo di trattative permanenti. E ritornare a parlare d?occupazione, di lavoro nero, di opportunità, di Mezzogiorno. Questa dovrà essere la voce comune, oltre ogni slogan elettorale. Da Termini Imerese a Melfi, da tutte le piazze lucane, dal concerto di Piazza San Giovanni alle ?Vele? di Scampia, emblema di un riscatto che può essere costruito, oltre retorica e demagogia. Sviluppo e Legalità: questo il tema scelto per lanciare una discussione. Ma, soltanto una volta all?anno, interrogare, prodigare, programmare non basta. Ogni giorno mi sento un precario, un disoccupato. Che sia l?ultimo?