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Quale futuro nel Parco del Pollino?

Da diversi anni la gente del Pollino nutre serie perplessità sull?operato dell?ente parco in materia di gestione, pianificazione del territorio, sviluppo e opportunità occupazionali.

Per costruire attivamente il proprio futuro è necessario vigilare sull?operato di chi governa a tutti i livelli e non bisogna mai rassegnarsi a decisioni calate dall?alto che tradiscono le aspettative della gente. Deve maturare la consapevolezza che per migliorare la qualità della vita occorre riconquistare spazi di partecipazione attiva senza mai arrendersi all?immobilismo delle istituzioni.

E? indispensabile che il Parco Nazionale del Pollino si avvii, di fatto, a diventare una realtà se non si vuole che diventi nuovo terreno di scontro sociale.

Dalla sua istituzione risalente al lontano 1993 poco si è visto se non un?alternanza del vertice dell?ente in funzione del colore del potere politico centrale e un graduale allontanamento degli obiettivi prefissati dell?area protetta.

Il vertice dell?ente invece di attuare le leggi che regolano l?area protetta mediante la formazione di strumenti di pianificazione, gestione e sviluppo del territorio fin?ora ha creato solo false illusioni.

Ha inventato i lavoratori socialmente utili del parco che rinchiusi in vari punti informativi dislocati sul territorio sono divenuti troppo gravosi per essere gestiti direttamente.

Ancora prima ha generato una quarantina di guide ufficiali che dovevano collaborare in sinergia con l?Ente attraverso il coinvolgimento diretto in diversi progetti. Ma quante di queste hanno trovato una effettiva collocazione nelle ricerche eseguite dalle varie Università italiane? E quante esercitano realmente la professione di guida?

Ancora non soddisfatto ha creato esperti in educazione ambientale per diffondere, in primo luogo nelle scuole, la cultura del rispetto dell?ambiente.

L?Ente ha avviato la realizzazione della complicata struttura del parco senza un chiaro disegno progettuale realizzando un grande edificio privo di fondamenta che rischia di crollare in ogni istante.

Come evidenzia sia la legge quadro sulle aree protette che lo stesso statuto, alla base della struttura del parco dovevano esserci solidi strumenti di gestione quali:

· il Piano per il Parco, con il quale l?Ente persegue l?obiettivo della tutela dei valori naturali ed ambientali;

· il Piano Pluriennale Economico Sociale, che serve a promuovere le attività compatibili utili allo sviluppo economico e sociale delle popolazioni locali;

· il Regolamento del Parco, che disciplina l?esercizio delle attività consentite entro il proprio territorio.

La gente del parco è oltre 12 anni che aspetta tali strumenti.

Allora a che punto sono gli strumenti di gestione?

E per quanto tempo dovrà ancora aspettare?

Eppure secondo la legge quadro i tempi sono chiari: ? il piano và predisposto dall’Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi.

In caso di inosservanza dei termini, si sostituisce all’amministrazione inadempiente il Ministro dell’ambiente, che provvede nei medesimi termini con un commissario ad acta.?

Abbiamo avuto due presidenti, un commissario ad acta ed infine un nuovo presidente, ma ancora non disponiamo di strumenti di gestione.

Ma se piano e regolamento non sono mai esistiti come è stato possibile rilasciare concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere realizzati all’interno del parco? In che modo viene verificata la conformità dell’intervento da realizzare rispetto al Piano e al Regolamento inesistenti?

L?impossibilità di redigere gli strumenti di gestione deriva forse dalla difficoltà di pianificare un territorio così vasto che racchiude realtà completamente eterogenee sia dal punto di vista fisiografico che culturale?

Si tratta infatti del parco più grande d?Italia situato tra due mari che interessa due regioni, tre province e 56 comuni caratterizzato da una superficie di quasi 200.000 ettari su cui gravitano oltre 170.000 abitanti. Il territorio è costituito da due gruppi montuosi il Pollino e l?Orsomarso separati da una grande via di comunicazione: l?Autostrada del Sole. Lungo tale arteria che collega il sud al centro-nord del paese spiccano i più alti viadotti d?Italia e ai suoi margini cave e discariche fanno da sfondo alle più disparate attività antropiche.

Senza dubbio si tratta del parco più trafficato del mondo anche se purtroppo è tra i meno visitati.

E? un parco nato già spaccato tranne se poi non consideriamo anche l?autostrada del sole un parco ad indirizzo tecnologico futuristico in cui far convivere natura e smog. In un simile disegno l?ambiente e il territorio assumono un ruolo secondario e diventano compatibili i centri per la produzione di energie rinnovabili quali le tanto discusse centrali a biomasse magari da riconvertire ad inceneritori di rifiuti.

Ma il Pollino è solo una grande montagna dove ancora regna il silenzio.

Per questo è necessario difendere la nostra terra e il futuro della nostra gente dall?immobilismo e dalle scelte istituzionali sbagliate.

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