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Diario dall?Ecuador (6)

Più della pacifica forza dell?Oceano, più delle Ande impervie, più delle curiose cittadine? la selvaggia giungla dell?Oriente ecuatoriano mi ha affascinata, rapita, incantata. Ad una quarantina di km dalla cittadina di El Puyo, nella provincia orientale di Pastaza, sorge ? invisibile ai più ? un villaggetto indigeno di etnia Indichuri, abitato ormai dagli ultimi 20 discendenti dell?antica numerosa tribù: l?anziano sciamano Don Jorge Vargas Vargas, la di lui moglie, e i numerosi figli e nipoti.

Per via d?incredibili, fortuite coincidenze, sono giunta nel villaggio proprio alla vigilia di una suggestiva quanto ritmica danza rituale: sincopati, in costumi folkloristici e prodighi di ornamenti, i pochi indigeni superstiti hanno ballato rapiti per interminabili minuti, avvolti nella nebbiola alzatasi dalla terra secca. In tutto, il villaggio consta di poche capanne costruite su alti piloni, sprovviste di elettricità, ma fornite di indispensabili zanzariere a soffitto e disponibili ad ospitare gli sporadici turisti in visita. Il sito prescelto per l?insediamento si trova sulla sponda del fiume, nel punto esatto dove il tranquillo Rio Puyo e l?impetuoso Rio Pastaza si uniscono fragorosamente formando un unico imponente corso d?acqua, a simboleggiare ? secondo le credenze sciamaniche ? l?unione possente tra le forze della natura.
Nella radura attorno alle capanne, animali esotici di ogni specie, dalla nascita abituati a convivere con l?uomo, non mostravano alcuna remora al contatto. In tal modo, ho trascorso incantevoli ore con uccellini multicolori sulla spalla, pappagallini in mano, scoiattoli vispi tutt?intorno, intenti ad usare gambe e braccia come rami d?albero. Ed ancora: garze, tartarughe giganti, caimani, boa, milioni e milioni d?insetti, mosquitos famelici, farfalle dai colori impensabili.

In ogni angolo, comode amache ti invitavano a godere dell?incessante suono dell?acqua, tutt?intorno. Artigianato stupendo ornava la radura, sgabelli e tavolini intagliati, oggetti d?uso domestico ricavati da pelli di animali, ossa, vertebre di uccelli, lische di pesci. Nel fiume, una canoa ricavata da un unico tronco d?albero, costituiva l?unico mezzo di trasporto di proprietà della comunità. La gente del posto si caratterizzava per l?innato senso di quieta ospitalità. Ho consumato ogni pasto con loro, nell?affascinante cucina completamente in legno. Come fornello, la brace.

Ho assaporato sapori nuovi e gradevoli, partecipato alle risate collettive ed ascoltato i racconti del capo tribù, che narrava della fondazione di El Puyo, compiuta anni addietro dallo zio Francisco Vargas, dei soprusi subiti al tempo dei coloni, delle lotte sostenute per difendere la propria cultura, la propria identità. Al calar del sole, Don Jorge mi ha condotto in una minuscola radura nella fitta lussureggiante rigogliosa selva, concedendomi di assistere ad un rituale sciamanico di purificazione. Si è bagnato con foglie aromatiche sotto una cascata sacra, ha compiuto ?con oli essenziali profumatissimi – un rito curativo su una delle nipoti, dopodichè ha assunto una bevanda di antichissimo utilizzo, ricavata dalla macerazione e dalla cottura di foglie e radici proprie della giungla: l?ayahuasca. La cultura sciamanica sostiene che tale pianta abbia poteri catartici, che sia in grado, cioè, di estirpare le ombre nere che albergano in ogni animo. Gli effetti immediati della pianta sono paragonabili ad una sorta di trance, durante la quale, si dice, essa scava nei ricordi e lotta contro gli spettri del passato, purificando l?animo da ogni negatività.
A parte gli usi e le leggende indigene, posso assicurare che l?intero rituale mi è risultato affascinante e più che suggestivo.

Un autentico tuffo nel passato remoto, nelle credenze ancestrali, un ritorno al contatto assoluto e destabilizzante con la natura più selvaggia. Qualcosa di dimenticato, ma che tutti dovremmo recuperare. Al momento in cui scrivo, sono già rientrata nella fredda Tulcán. Tuttavia, le sensazioni, i suoni e i profumi che mi hanno avvolto durante le poche ore trascorse nella selva, ancora mi accompagnano, facendomi desiderare con rinnovato ardore di tornare quanto prima a respirare l?irrinunciabile armonia che solo l?immersione nella natura più incontaminata può donarti.

A presto!

Marica