In Italia, le imprese a prevalente conduzione femminile al primo semestre del 2003, risultano pari a 1.190.986 (il 23,9% del totale imprese attive).
Oltre i due terzi, il 72,7%, è rappresentato da imprese individuali (quasi 866mila unità). Più contenuta la quota di società di persone con prevalente componente femminile, oltre 227mila, per un valore sul totale pari al 19,1%; ancora più ridotta la presenza nelle società di capitali, circa 83mila, vale a dire il 7%, e nelle cooperative, poco più di 12mila, che rappresentano solo l’1% del totale.
Il maggior numero di imprese con prevalente presenza del genere femminile si concentra nel settore commerciale (31,7%) e agricolo (23,7%), ma rilevante risulta anche la presenza nel settore manifatturiero (10,8%). Valori non trascurabili si riscontrano nel comparto alberghiero (6,8%) e in quello degli altri servizi pubblici sociali e personali (8,7%).
La presenza femminile nelle cariche dirigenziali: analisi per settore economico. Analizzando i dati relativi ai titolari di impresa, si nota che la presenza delle donne risulta maggiore rispetto a quella degli uomini nelle attività dei servizi, in particolare negli altri servizi pubblici, sociali e personali (57,9%), nel settore della sanità e altri servizi sociali (51,7%); una presenza rilevante, seppure inferiore a quella maschile, si riscontra inoltre nell’istruzione (44,3%), nel comparto alberghiero e della ristorazione (40,3%) e nelle attività dei servizi domestici (34,8%). I settori in cui, invece, vi è scarsa titolarità femminile riguardano principalmente il comparto industriale (rispetto al quale si riscontra un’elevata titolarità maschile), vale a dire nel settore delle costruzioni (2,2%), estrazione dei minerali (9,7%), fra le attività di produzione e distribuzione di energia, acqua e gas (15,5%) e, più in generale, nelle attività manifatturiere (22,7%).
Il gender gap (ossia la differenza percentuale fra la quota di capitale detenuta da donne e quella detenuta da maschi) è più contenuto se si considera la carica di socio d’azienda. In questo caso, le differenze più marcate fra i due generi si registrano nei settori delle costruzioni, con un gender gap pari al 53,6%, della pesca, piscicoltura e servizi connessi, il 52,4%, e dell’estrazione di minerali con il 46,6%. La percentuale più elevata di soci donne rispetto a quelli di sesso maschile, si registra nel settore dei servizi domestici per le famiglie, con il 53,3%, seguita da quella del settore della sanità e degli altri servizi sociali, in cui la quota di dententrici di capitale è pari al 51,3%. Gli altri comparti nei quali la partecipazione al capitale sociale da parte di donne risulta rilevante sono quello dell’istruzione (47,3%) e degli altri servizi pubblici, sociali e personali (46,7%).
Le donne che ricoprono la carica di amministratore, rispetto agli uomini, risultano sempre in numero minore e in ogni settore economico, e non superano la soglia del 43%: quest’ultimo valore si riferisce al settore della sanità e degli altri servizi sociali. In media, infatti, gli amministratori sono uomini nel 77,5% dei casi e le donne hanno poco spazio soprattutto nel settore della produzione e distribuzione di energia, elettricità, gas e acqua, nel quale solo il 7,6% è costituito da amministratori di sesso femminile, e in quello della pesca, piscicoltura e servizi connessi (8,6%).
La presenza femminile nelle cariche dirigenziali: analisi per area geografica. L’analisi per area geografica evidenzia andamenti molto interessanti se si considera il confronto di genere. Attraverso i dati è possibile confrontare il gender gap rispetto al totale delle cariche dirigenziali in relazione alla variabile geografica.
In valore assoluto è la Lombardia che registra il maggior numero di presenze femminili, con oltre 463mila donne che ricoprono cariche dirigenziali, seguita dall’Emilia-Romagna e dal Piemonte (rispettivamente con circa 240mila e 238mila cariche).
Ultime in graduatoria, invece, la Valle d’Aosta (10.173), il Molise (16.509) e Basilicata (25.850). La Calabria si colloca poco oltre la metà della classifica, precisamente al 13° posto con 64.096 presenze.
In termini percentuali, ossia rapportando le presenze al numero di imprese attive nelle diverse regioni (ottenendo così un indicatore “standardizzato” che completa il quadro sul fenomeno), si osserva che è la Valle d’Aosta che si pone in cima alla graduatoria delle regioni più “rosa”, con 8 presenze per ogni 10 imprese attive (80%); segue la Liguria (64,1%), il Lazio (63,6%) e la Lombardia (60%). In fondo alla classifica si collocano Sicilia (47,8%), Basilicata (46,1%), Calabria (42,8%) e Puglia (40,5%).
L’età delle donne in carica nelle imprese italiane nel 2003 è prevalentemente compresa nella fascia tra i 30 ed i 49 anni (52,2%) e in quella delle over 50, il 38,2%. Le donne con un’età inferiore ai 29 anni costituiscono solo il 9,6% ed il primato per il più elevato numero di donne collocate nella fascia di età più giovane spetta alle imprese calabresi che, insieme a quelle della regione Campania, “occupano” un 13,4% di giovani donne. Seguono la Sicilia (12,1%), la Puglia (12%) e la Basilicata (10,3%). In particolare, nel Sud dell’Italia, la presenza di giovani donne nelle imprese appare più elevata rispetto alle altre aree del Paese.
Restrigendo il campo alle sole titolarità ed escludendo, dunque, le altre cariche, dal confronto dei dati delle regioni Marche, Calabria e Sicilia con le altre regioni italiane si osserva innanzitutto come esse siano perfettamente in linea con il dato aggregato nazionale: in queste regioni, infatti, la quota di donne titolari di impresa è pari al 25,7%, a fronte del 25,5% del dato medio complessivo italiano.
In testa alla classifica della titolarità troviamo il Molise (34,9%), la Basilicata (31,4%), la Valle d’Aosta (30,7%) e l’Abruzzo (30,2%); in coda il Trentino Alto Adige (20,5%), la Lombardia (21,8%) ed il Veneto (22,1%). Il quadro muta infine se analizziamo la partecipazione femminile in relazione allo status di socio, di amministratore e delle altre posizioni che possono essere ricoperte all’interno di un’impresa.
Così, rispetto alla posizione di socio la Calabria resta in coda alla graduatoria nazionale, con una quota di soci donne sul totale pari al 35,7%. Agli ultimi posti troviamo anche Veneto (35,4%), Lazio (34,7%) e Basilicata, che presenta in assoluto il valore più basso (33,2%). In testa troviamo, invece, il Piemonte (41,7%), la Liguria (41,7%), la Lombardia (41%) e l’Abruzzo (40,6%). Rispetto, alla carica di amministratore, poi, la Calabria si pone addirittura ultima in classifica con un valore pari al 19,7%, unitamente a Puglia (19,8%), Trentino Alto Adige (19,9%) e Veneto (20,6%); in cima alla graduatoria si collocano la Valle d’Aosta (27,4%), il Piemonte (25,9%), la Liguria (25%) e la Sardegna (24,6%).

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