Non dico che il posto non sia bellissimo, né che la gente non sia caliente o accogliente, né che non adoro il mio lavoro. Dico solo che giá si registrano momenti, purtroppo, in cui la rabbia mi ha colto indifesa, fino a tenermi in balia, facendomi chiaramente provare in prima persona l?odioso significato della parola ingiustizia. Ció di cui parlo é l?incredibile mala suerte che ha permesso che mi fossero rubate, in maniere progressivamente piú incredibili, due borse nel giro di due settimane, nonostante le precauzioni tanto crescenti quanto inutili.

Ma veniamo ai fatti:
Primo episodio – durante una delle quotidiane pause pranzo di lavoro, mi siedo sola soletta nel solito ristorantino selezionato per grado di apparente pulizia. Ordino il mio usuale almuerzo, mi calo estaticamente nella degustazione del solito riso con lenticchie, pensando al fatto che il locale é inusualmente deserto, essendo stranamente io? a quell?ora ? l?unica cliente. Mentre pranzo entra una signora, abbastanza ben vestita, con un bambinetto malmesso al seguito. Si reca al bancone ? a neanche un metro dal mio tavolo ? e chiede con voce commiserevole quanto costa il pranzo del giorno. Io continuo a mangiare, senza alzare la testa, valutando tra me e me se é oppurtuno offrirmi di pagare l?economico rancio ai due autoctoni. Mentre continuo a rimuginare, m?accorgo che la signora é uscita, furtiva e rapidissima, contravvenendo alla precedente evidente lentezza di movimenti e d?intenzioni. . Cosí, perplessa, ricomincio a mangiare. Perdendomi, questa volta, nei miei pensieri. Insomma, per farla breve, al momento di pagare, mi accorgo che la borsa si é ohimé volatilizzata con la signora. E che la mia intenzione di offrir loro il pranzo é cosí divenuta realtá senza bisogno di atti spontanei di volizione.
Conseguenza dell?infausto gesto: un pó d?incredulitá per la dinamica, ma nulla piú. Del resto, anche il maltolto mi risultava piuttosto modesto. Pensavo: se questo é il primo e l?ultimo furto ? quello che,pare, tutti debbano subire prima di andar via dal paese del sole ? non mi é andata affatto male. E invece avevo fatto i conti senza l?oste, anzi…senza la custode.

Ed infatti: Secondo eposodio ? il fine settimana seguente mi reco a Baños, nuovamente assieme alle mie numerose colleghe italiane. Baños é un simpatico villaggio termale incastonato tra le cime dei monti, meta di numerosi turisti e paradiso per amanti e degustatori della canna da zucchero.
Incoraggiata dalle rassicurazioni delle volontarie che vivono in zona, decido per la prima volta di non abbandonare in casa la mia amata macchina fotografica manuale, finendo per portarla con me, compagna di viaggio cara al cuore nonché provvidenziale appendice visiva della mia fallace memoria. Ci rechiamo alle terme, ove cartelli immensi avvertono che é non tanto consigliabile quanto doveroso lasciare gli oggetti di valore in amministrazione. Lí, una signora dall?aria tutt?altro che sveglia, si prepara ad accogliere le ceste in cambio di un braccialetto numerato che ne identifica ? pare univocamente- la collocazione.
Preoccupata per la presenza della macchina fotografica, e per l?assegnazione del numero 9, facilmente confondibile con il 6, mi reco nuovamente dalla signora. La prima volta per chiederle se non sarebbe meglio cambiar numero, date le mie perplessitá, la seconda volta ? la prudenza non é mai troppa ? per farle nuovamente presente che la cassa in questione é di mia appartenenza e per pregarla di fare attenzione. La prima volta la signora mi risponde che il 6 non c?é da tempo, motivo per cui posso stare tranquilla, in seguito quasi seccata mi manifesta il desiderio che le rassicurazioni non siano ripetute, perché lei ? dice ? ha capito. Ed anche bene.

Morale della favola: dopo mezz?ora di bagno bollente e paradisiaco sotto una cascata possente, torno a chiedere la mia cassa e…. bé, la signora l?aveva consegnata ad un ragazzo, perché ? pare ? ci fossero accidentalmente due numeri 9. Che dire? Confesso per onor di sinceritá che ho dato il peggio di me, ho aggredito la signora, che incredibilmente neanche ammetteva la paurosa mancanza di qualsivolglia attenzione, e continuava a ripetere nel modo maggiormente irrritante possibile, che tanto siamo turiste, di passaggio, e che non é certo un dramma. Alla fine, quando é uscito che lei stessa avrebbe dovuto risarcirmi per il maltolto, la signora fino ad allora totalmente strafottente, d?un tratto ha mutato atteggiamento, appellandosi alle mie supposte doti di coscienza, ed iniziando quasi a piangere, ripetendo lamentosamente che é povera.. madre sola di una numerosa famiglia…e pateticherie di questo genere.
Insomma, giuro che ho dovuto far appello a tutte le mie doti umane per non uscire dai gangheri, ammetto di aver fatto una fatica immensa, e di aver ricavato dall?incredibile episodio considerazioni tutt?altro che gradevoli.

Anzitutto: sono tornata a Tulcán piú leggera di parecchio, oltre alla macchina fotografica, senza cellulare, né borsa, né soldi, con molti meno indumenti, senza le mie cose insomma. Ma soprattutto, con un odioso senso di disillusione adosso. Perché non importa cosa ti spinge qui, se lavori, viaggi, rispetti, non rispetti. Alla lunga, agli occhi di questa gente ? o almeno di quella con cui non hai strettamente a che vedere ? resti solo una gringa turista dalla pelle bianca da derubare in fretta e in furia.
É triste, ma é vero. Sará che mi tocca pagare interamente sulla mia pelle lo scotto di secoli e secoli di feroce sfruttamento economico a danno di questi posti? Sará il modo che mi é dato per espiare alla colpa storica che le situazioni evidenti quaggiú non possono farti dimenticare?

Naturalmente drammatizzo, teatralizzo, esagero. Fatto stá che permango amareggiata. Ed anche triste. E mi chiedo fino a quando non si sará in grado di distinguere, prima di decidere di morderla, la mano che percuote da quella che cerca ? per quanto puó ? di aiutare. E ció detto, speriamo solo che, d?ora in poi, la mia usuale fiducia nella gente sia incoraggiata, e non inibita cosí ferocemente. E cosí frequentemente. Baci a tutti, e scusate lo sfogo!

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