L’analisi delle emissioni del settore energetico mette in evidenza le difficoltà che il nostro Paese sta incontrando nel raggiungere gli obiettivi derivanti dagli impegni di Kyoto. In particolare, le emissioni di anidride carbonica dal sistema energetico hanno registrato un aumento di circa il 10% dal 1990 al 2002 (ultimo anno di rilevazione). I settori maggiormente responsabili dell’aumento delle emissioni sono stati: il settore della produzione di energia elettrica ed il settore trasporti con un aumento rispettivamente del 15% e del 22,7%.
La delibera Cipe del dicembre 2003. L’Unione europea ha ratificato il Protocollo di Kyoto durante il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente del 4 marzo 2002; l’Italia ha a sua volta ratificato il Protocollo con la legge 120/2002 del 1° giugno 2002. A partire dal 1997, l’Italia ha cercato di definire possibili linee guida e percorsi operativi per far fronte agli impegni che derivavano dal Protocollo, che consistono in una riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra pari al 6,5% rispetto a quelle del 1990. Nel dicembre 1998 una delibera Cipe individuava una serie di azioni che potevano portare l’Italia a raggiungere il suo obiettivo di riduzione, ma ad essa non seguirono i necessari passi operativi. Tuttavia, la ratifica del Protocollo ha posto l’Italia nelle condizioni di dovere affrontare più incisivamente il problema. A tal fine il Ministero per l’Ambiente e la Tutela del Territorio (MATT) ha presentato nell’ottobre del 2002 un documento che, approvato dal Cipe nel dicembre dello stesso anno, stabiliva il “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010”. In tale documento viene indicato dettagliatamente il percorso che l’Italia dovrebbe seguire per ottemperare agli obblighi sottoscritti, individuando ciascuna fase e quantificandone gli aspetti. In primo luogo il Matt ha definito quale è il valore assoluto dell’impegno italiano: partendo dalle emissioni del 1990 il cui ammontare complessivo risulta pari a 521 Mt di CO2eq, ed essendo, come già detto, l’obbligo italiano pari ad una riduzione del 6,5%, si arriva quindi a stabilire che l’Italia nel periodo 2008-2012 dovrà emettere annualmente, in media, 481,1 Mt di CO2eq.Successivamente, nel documento ministeriale vengono stimate le emissioni che l’Italia avrebbe nel periodo 2008-2012 in quello che il documento definisce come “scenario tendenziale”. In esso si tiene conto delle politiche e misure attualmente in vigore o comunque decise al 30 giugno 2002 e del trend delle emissioni dei gas serra sulla base dei dati storici che vanno dal 1990 al 2000. Lo scenario tendenziale fornisce una stima delle emissioni al 2010 di 579,7 Mt CO2eq. In tal modo si individua in 92,6 Mt CO2eq la riduzione che occorrerebbe effettuare per rientrare nei parametri del Protocollo. Questo scenario, tuttavia, individua una situazione che potremmo definire relativamente pessimistica, in quanto ulteriori riduzioni possono essere raggiunti sotto ipotesi che hanno ragionevoli probabilità di realizzarsi. Questo viene indicato in quello che il documento ministeriale definisce come “scenario di riferimento” in cui, oltre a quanto previsto nel precedente scenario, vengono prese in considerazione quelle misure che sono state già individuate ma che ancora non sono state attuate sia per ragioni finanziarie sia per ragioni procedurali. Lo scenario di riferimento, al fine di raggiungere gli obiettivi del Protocollo, prende in considerazione anche i possibili crediti di emissione che possono derivare dall’utilizzo dei Meccanismi di Flessibilità previsti dal Protocollo (Joint Implementation e Clean Developmnet Mechanism) in particolare nel settore dell’uso del territorio e del cambiamento dell’uso del territorio (Lulucf). Pertanto lo scenario di riferimento ci fornisce un valore delle emissioni pari a 528,1 Mt CO2eq, avvicinandosi all’obiettivo del Protocollo ma restandovi ancora distante di 51 Mt CO2eq. Il documento fornisce comunque una traccia da seguire per colmare l’ultimo gap, indicando uno spettro di opzioni che nel loro insieme possono portare a riduzioni comprese nell’intervallo fra 32,5 e 47,8 MtCO2eq..
Le emissioni di CO2 dal sistema energetico in Europa ed in Italia. I dati evidenziano le emissioni di CO2 dal sistema energetico in Europa e in Italia durante gli anni Novanta. Le stime per l’Europa indicano un aumento di 62 milioni di tonnellate di anidride carbonica emessa pari a un +2% rispetto all’anno base 1990, mentre l’Italia, per la quale le stime indicano maggiori emissioni per 38 Mt, ha avuto un incremento superiore al 9%. Questo consistente aumento porta l’Italia ad assumere un peso emissivo maggiore in Europa. Tra i 15 paesi membri oggi l’Italia è infatti il terzo, con il 13,7% delle emissioni complessive, dopo la Germania e il Regno Unito. Tuttavia, l’evoluzione delle emissioni di CO2 dal settore energetico non è stata la medesima per tutte le nazioni europee: tre paesi (Svezia, Regno Unito e Germania) hanno ridotto le loro emissioni rispetto all’anno base ed è soprattutto grazie alla Germania (che ha avuto una diminuzione superiore a 140 Mt) ed al Regno Unito, che l’Unione europea non ha registrato risultati fortemente negativi.
Spagna, Italia, Francia e Grecia hanno invece mostrato gli aumenti più significativi in termini assoluti, mentre Portogallo e Irlanda quelli percentualmente più elevati rispettivamente +53,2% e + 43,8%. Al fine del raggiungimento degli obiettivi europei, la Spagna e l’Italia, che nel complesso contribuiscono per quasi il 24% al totale europeo, sono i paesi più critici dove è più urgente mettere in atto politiche capaci di diminuire la crescita delle emissioni dal settore energetico.
I dati inoltre mostrano il valore delle emissioni pro capite che, pur se in maniera grossolana, testimonia le differenze delle condizioni climatiche e dei sistemi energetici ed industriali dei diversi paesi. Germania e Regno Unito, che hanno ridotto moltissimo le loro emissioni, mostrano valori superiori alla media europea, così come i paesi con climi rigidi (Finlandia, Belgio, Olanda e Danimarca), mentre i paesi mediterranei, ad eccezione della Grecia, mostrano valori inferiori alla media. Nel decennio passato l’indice pro capite è leggermente ma continuamente aumentato per l’Italia, mentre è diminuito per l’Europa nel suo complesso.
I risultati italiani possono essere meglio compresi analizzando i diversi macrosettori in cui le cosiddette emissioni energetiche sono suddivise.
Nel 2002 in Italia il settore energetico nel suo complesso è stato responsabile dell’emissione di circa 443 Mt di anidride carbonica. Di queste, circa il 35% è emesso dalla produzione e trasformazione dell’energia, seguito dal settore dei trasporti con il 28,2% e dalle industrie manifatturiere e delle costruzioni e dagli altri settori che si equivalgono con circa il 18%.
Dall’analisi emerge infine l’evoluzione dei macrosettori su base biennale; da essa risulta evidente come le emissioni da industrie energetiche siano aumentate significativamente nel decennio passato anche se con un andamento altalenante, mentre il settore dei trasporti ha avuto un incremento costante senza alcuna oscillazione. Confrontando i dati attuali con quelli del 1990 si evidenzia come il settore dei trasporti ha avuto l’incremento più elevato (+22,7%), seguito dal settore della produzione e trasformazione energetica con un incremento di circa 15 punti percentuali. Il solo settore delle industrie manifatturiere e delle costruzioni ha messo in risalto una contrazione del livello di emissioni (-3,3%) e se ciò è attribuibile in parte a un miglioramento delle tecnologie impiegate e a una migliore efficienza energetica, nondimeno ha giocato un peso la crisi produttiva di alcuni comparti industriali.
[ANNO I – MARZO 2005 – NUMERO 11] LA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE E IL PROTOCOLLO DI KYOTO
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