1° puntata – Tulcàn, 12 marzo 2005
E così, all?improvviso, il giorno della partenza è arrivato, ed altrettanto improvvisamente è trascorsa la mia prima settimana da straniera nel paese che prende auguralmente il nome dall?immaginaria, esotica linea dell?equatore.
Dopo 19 ore di volo totali, l?atterraggio a Quito è stato assieme liberatorio e venato di una certa, curiosa incredulità. L?aeroporto, situato all?estremo nord della città, ha costituito ? appena cessato di essere punto d?arrivo – il punto di partenza della prima, stupita traversata della capitale andina.
Principalmente negli ultimi decenni, lo sviluppo della città di Quito è avvenuto in lunghezza e, nonostante il censo della popolazione regolarmente registrata non superi il milione e mezzo, essa si estende in direzione nord-sud per quasi 40 km. L?altitudine e il traffico rendono l?aria pressoché irrespirabile e i livelli di inquinamento decisamente fuori controllo. Ciononostante non manca a questa arroccata città una ben visibile vena d?insolito fascino. Si potrebbe idealmente dividere Quito in tre città ben distinte tra loro. Il ricco nord (evidente tentativo d?emulazione delle metropoli nordamericane), il popolare sud (costituito da umili costruzioni addossate le une le altre, raramente ultimate e chiaramente destinato alle fasce più povere della popolazione), ed il centro coloniale, ben riuscito prodotto del barocco spagnolo, ove stradine in saliscendi e flotte di gente si intersecano come a creare un flusso armonico e ordinato. Nonostante l?immobile e rapita curiosità dei primi sguardi alla nuova realtà, anche il momento di accomiatarsi da Quito è prontamente giunto, e così (pesantissimo zaino di nuovo in spalla), ho raggiunto, dopo 6 ore di autobus attraverso la Panamericana ? spettacolare strada che taglia per lungo la dorsale andina ? la città di Tulcàn, metà finale dell?interminabile viaggio.
Tulcàn è una città di frontiera appartenente alla provincia settentrionale del Carchi, distante soli 6 km dal confine colombiano. Si erge a 3.000 metri di altitudine, contando su una popolazione di poco più di 50.000 abitanti. La principale problematica sociale della regione riguarda il continuo flusso di cittadini colombiani, che, attraversando la frontiera intenzionati a sollecitare rifugio politico, finiscono col congestionare lo scorrere tranquillo e lento della vita cittadina, già di per sé carente di risorse, posti di lavoro e servizi assistenziali.
L?ufficio in cui sono stata inserita appartiene alla Pastoral Migratoria della provincia, e si occupa di tutte le incombenze relative all?arrivo dei colombiani in fuga. La funzione principale è quella di fornire gratuitamente e a tutto tondo una consulenza giuridica ed assieme sociale, al fine di indirizzare i singoli casi verso la procedura in grado di garantire la massima protezione possibile. Oltre alla formale sollecitazione di rifugio politico rivolta al governo ecuadoriano, che presuppone l?esistenza di ragioni persecutorie o di violenza come fondamento della decisione di lasciare il proprio paese, esistono infatti varie alternative migratorie percorribili, in grado di garantire comunque una permanenza oltreconfine legalmente regolarizzata e quindi maggiormente garantista. Mi sento già in grado di affermare che questo lavoro, davvero, mi piace moltissimo. Presumo però che per svolgerlo al meglio dovrò concedermi il tempo di corazzarmi sufficientemente, considerate l?insostenibile ingiustizia, la violenza e la disperazione di cui certe storie (delle quali pure ho già avuto modo di occuparmi in questi primi pochi giorni) sono intrise.
Ma ora lo spazio a mia disposizione è già finito, così per i dettagli narrativi, e per i particolari meno tecnici e più umani dovrò aspettare la settimana prossima, sperando che siate in tanti ad aspettare con me. Ciò detto, non mi resta che mandare un saluto generale all?Italia, ed uno particolare e sentito alla bella e cara Lucania.
Scrivetemi!
maricadipierri@yahoo.it