La Borsa di Milano. La Borsa del nostro Paese, come tutte le principali Borse mondiali, ha messo a segno un anno del tutto positivo nella media dei diversi titoli.
Il Rapporto quadrimestrale dell’Eurispes (luglio-novembre 2004) fornisce i dati dell’andamento di tre grandi comparti: industriali, servizi e finanziari. Il buon incremento nei dodici mesi dell’indice generale (+12,16%), si scinde in un apprezzabile aumento dei finanziari (+7,2%), l’ottimo risultato dei titoli delle aziende di servizi (+21,4%, molto superiore alla media generale), ma segnala soprattutto la forte ripresa degli industriali, che mettono a punto una crescita di quasi un quinto del loro valore (19,41%) rispetto al novembre del 2003. Non bisogna comunque dimenticare che la Borsa di Milano sta ancora scontando pesantemente le perdite accumulate negli anni passati, essa dimostra, però, come siano proprio i titoli industriali a reggere nel confronto con cinque anni fa. Infatti, mentre i titoli dei finanziari sono ancora sotto, rispetto ai valori di cinque anni fa (novembre 1999), del 9% e quelli dei servizi del 15%, gli industriali hanno guadagnato il 7%. Il dato appare significativo: mostra infatti una tendenza inclinata verso il settore industriale sia nel dato di breve che in quello di lungo periodo, mentre i titoli delle imprese di servizi e finanziarie soffrono di oscillazioni marcate. È questo un segno che la Borsa sta scommettendo seriamente sulla ripresa industriale? La crescita della Borsa di Milano è infine confermata dall’andamento dei volumi trattati sia in quantità che in valore. Rispetto alla rilevazione di fine luglio condotta dall’Eurispes, gli scambi sono aumentati del 40% (39,48%) ed il loro controvalore del 13% (13,41%). Tuttavia, rispetto a quattro anni fa, non bisogna dimenticare che i titoli della Borsa milanese mostrano ancora una forte perdita. Chi avesse avuto un valore azionario di 100.000 euro nel luglio del 2000, quando la Borsa italiana toccò il suo massimo, equamente distribuito fra i principali titoli e non avesse comprato e venduto nulla nel frattempo, si troverebbe oggi con un patrimonio di soli 66.000 euro. Starebbe comunque meglio dell’anno scorso quando il suo pacchetto azionario “anno 2000” era valutato 59.000 euro, e sicuramente meglio di chi avendo investito nel nuovo mercato, vedrebbe i 100.000 euro di allora ridotti oggi a 55.000. Infine analizzando la situazione economica di alcune delle aziende guida del panorama azionario italiano, si nota quali siano stati i titoli in controtendenza che sono cresciuti nel corso degli ultimi cinque anni. Essi sono, fra quelli scelti dall’Eurispes: Autostrade, Bulgari (che però resta ancora lontano dall’exploit del 2000), Enel, Eni e Saipem. L’incremento più consistente è stato quello dell’Eni con un aumento del 165%, ottenuto peraltro in controtendenza. L’ente petrolifero infatti aveva visto le quotazioni delle proprie azioni salire anche durante i due anni e mezzo di crisi generalizzata di tutte le Borse (2001 e 2002) e, dopo una battuta di arresto nel 2003, ha ripreso la sua salita per collocarsi, negli ultimi mesi al di sopra dei 18 euro. Non è difficile mettere in relazione l’andamento di questo titolo con le vicende belliche e le loro ripercussioni in campo petrolifero. La maggior parte dei titoli ha invece seguito l’andamento dell’indice generale, cedendo sino al novembre 2002 e riacquistando smalto negli ultimi due anni, ma restando comunque molto al di sotto delle quotazioni di quattro anni fa: fra queste ricordiamo Aem, Bnl,Generali e Mediaset. Una nota positiva, infine, viene anche dai Fondi comuni di investimento, tendenzialmente in crescita.
Effetto Bush. L’annata dunque è stata propizia per gli investitori in Borsa, ma, per le principali piazze fra le quali anche Milano, la crescita più consistente si è verificata dopo la rielezione di Bush. Infatti, nell’ultimo mese la crescita dell’indice del Mib 30, del Mibtel, di Londra e di Francoforte è stata pari o superiore a quanto messo a segno negli undici mesi precedenti mentre la crescita dei titoli di Wall Street (Dow Jones come Nasdaq) è addirittura superiore all’incremento su base annua. Infatti, pur all’interno di una tendenza di lungo periodo ascendente, tra la primavera e l’inizio dell’autunno di quest’anno, gli indici che avevano perso smalto (quelli della Borsa di New York erano anche scesi) hanno tutti ricevuto una spinta a risalire dopo la rielezione di Bush. Pare difficile negare, quantomeno per Wall Street, l’esistenza di un legame fra i due fatti.
Borse a confronto. Le Borse europee, come sempre, sono state trainate da quella americana. Ma Bush non ha aiutato questa tendenza solo perché rieletto, ma anche per la sua politica di costante deprezzamento del dollaro che spinge i capitali a spostarsi dagli Stati Uniti all’Europa, sostenendo le Borse del vecchio continente, con un flusso di mezzi di pagamento che sono, al tempo stesso, l’effetto e la causa della rivalutazione dell’euro. In questo quadro decisamente positivo, fa eccezione il Nikkei, in lieve ma sicuro calo (-1,41%), incapace di ripetere l’exploit della primavera scorsa quando, con incrementi medi mensili di oltre il 4% aveva guidato la classifica al rialzo delle principali Borse mondiali. Il cambio dello yen, che si è svalutato sull’euro e rivalutato sul dollaro, può aver influito sull’andamento altalenante del Nikkei, che dopo esser cresciuto nei primi mesi dell’anno, era nuovamente sceso tra luglio e ottobre e solo dopo la rielezione di Bush ha mostrato segni di ripresa: segni che tuttavia sono ancora troppo contraddittori per farci sperare nella ripresa stabile di quella piazza finanziaria, che esce, si ricorda, da una crisi più profonda e di più lunga data rispetto a quelle europee ed americane.
Quello che comunque sembra rassicurante è la concordanza del segno di crescita per tutte le Borse (ad eccezione del Nikkei) da due anni ininterrottamente. Tale concordanza non può che rafforzare la fiducia sull’andamento futuro delle principali Borse mondiali, che sembrano aver ormai messo da parte non solo lo sgonfiamento della bolla speculativa di tre anni fa e l’effetto deprimente dell’attentato alle Torri gemelle, ma anche i timori suscitati dalla guerra in Iraq, che, almeno dagli operatori di Borsa, sembra essere stata metabolizzata.
Il lungo periodo. Se si confrontano gli indici generali delle principali Borse mondiali del novembre di cinque anni fa con quelli di oggi, vediamo che esse fanno registrare differenze negative ancora sensibili dell’ordine del 10,38% (Mibtel) e del 17,47% (Mib 30) a Milano, ma ben più pesanti, dell’ordine del 30% a Parigi, Londra e Francoforte e di oltre il 40% per il Nikkei. Fra i paesi occidentali, la Borsa di New York detiene il record, sui cinque anni, di miglior prestazione con i titoli dell’indice Dow Jones, che sono “sotto” di solo il 4% ma anche quello della peggiore prestazione con i titoli del Nasdaq, fermo a meno 38%, rispetto al valore raggiunto alla fine del 1999. Si aggiunga che se facessimo il confronto fra oggi e gli ultimi mesi del 2000, troveremmo la situazione ancora più sbilanciata, fra il Dow Jones e Londra da una parte, e le Borse dell’Europa continentale dall’altra. Infatti mentre l’indice Dow Jones e quello dei titoli della city cominciavano la loro discesa nel 1999, Milano, Francoforte e Parigi (nonché il Nasdaq) continuavano a salire. Per fare un esempio se l’indice di Milano si trova oggi a valori medi del 10% inferiori a quelli del 1999, la distanza è molto maggiore rispetto alle punte toccate l’anno dopo: chi avesse comprato nell’estate del 2002 un pacchetto diversificato e rappresentativo dei titoli del Mibtel e li avesse riposti nel cassetto, si troverebbe oggi con un valore complessivo inferiore del 30% (in moneta corrente) ed ancor peggio si troverebbe se si fosse concentrato sui titoli del Mib 30, più penalizzato dell’indice generale dal cattivo andamento di alcuni titoli rappresentativi, come la Fiat e l’Alitalia.
In conclusione, il punto di svolta dell’andamento borsistico mondiale viene, come noto, identificato con l’ottobre del 2002 anche se poi, nell’attesa della guerra in Iraq, si era registrata una leggera inversione della crescita, peraltro subito riassorbita. Da allora la crescita è stata sostenuta per tutte le Borse prese in considerazione, ma è stata massima per quelle che erano scese più in basso delle altre: Nasdaq e Francoforte. La Borsa di Milano non si comporta male, se confrontata con le altre principali Borse: solo il Nasdaq e Francoforte segnano da quell’ottobre incrementi più consistenti della Borsa italiana, ma entrambi questi indici avevano avuto nei due anni precedenti crolli più disastrosi di quello di Milano.

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