Cinquemila scatti fotografici ed oltre centocinquanta ore di registrazioni audio e video. Sono questi alcuni dei numeri della ricerca sulle tradizioni musicali lucane realizzata dall’associazione culturale Altrosud, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Basilicata. L’iniziativa, presentata nelle scorse settimane presso le librerie Cocco di Potenza, è frutto di tre anni di lavoro in cui Nicola Scaldaferri, entomusicologo dell’Università di Milano, e Stefano Vaja, fotografo del Festival Internazionale Volterrateatro, hanno girato in lungo ed in largo per la Basilicata, alla ricerca delle radici musicali del nostro territorio. Una sorta di nuova spedizione etnoantropologica che, dopo il celebre viaggio che portò Ernesto De Martino e Diego Carpitella in Basilicata, vuole verificare, a distanza di cinquant’anni, quanto è cambiata la società lucana.

Filo conduttore del lavoro di Scaldaferri e Vaja, iniziato nel periodo di carnevale del 2002 e terminato nel febbraio 2005, la musica tradizionale ed il suo contesto, per capire le caratteristiche del territorio lucano attraverso i suoi canti popolari. Sparite, quasi del tutto, le manifestazioni legate alla civiltà contadina che rimangono solo nella memoria delle persone più anziane, mentre resistono e si sono rafforzate le tradizioni legate alle festività: dal carnevale ai riti arborei. “Questo è un indice importante”, ha commentato Nicola Scaldaferri, “perché fa vedere il passaggio da una civiltà agraria a qualcosa di non definito, dove sempre più spesso si parla di contaminazione culturale”. Una ricerca, come detto, fatta a tappeto su tutto il territorio regionale che, su sottofondo musicale dei campanacci di San Mauro Forte, ci guida alla scoperta delle festività legate al ciclo dell’anno, come “Il Maggio” di Accettura, a quelle connesse ai riti religiosi, come “La serenata di nozze” di San Costantino Albanese o “Il ballo delle cente” a Viggiano. Ma anche un percorso per immagini, dove scorrono in sequenza i volti e le espressioni di antichi suonatori e dei maestri costruttori di strumenti musicali tradizionali: la ciaramella e l’organetto, la surdulina e la zampogna, l’arpa di Viggiano e la cucchia.

“Ci sono elementi di cultura musicale molto forti in Basilicata”, ha commentato Francesco Marano, etnografo e docente presso l’Università degli Studi della Basilicata, “ed è una risorsa che va salvaguardata”. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche l’intervento dell’Assessore Regionale alla Cultura, Cataldo Collazzo. “Un lavoro”, ha dichiarato, “che la Regione ha voluto sostenere e che prevede anche la pubblicazione di un volume ed un cd, nell’ambito di un’operazione di recupero continuo degli studi prodotti in Basilicata negli ultimi cinquant’anni”. La documentazione libraria raccoglierà i testi e circa 140 degli scatti effettuati e vedrà la pubblicazione nei prossimi mesi. Nelle registrazioni contenute nel cd, invece, spicca la tarantella eseguita da Paolina Lotito (classe 1908) di Tricarico. La signora Lotito, infatti, già nel 1952 aveva registrato il canto tradizionale per Ernesto De Martino, operazione ripetuta, nell’agosto del 2003, per Nicola Scaldaferri. “Siamo stati davvero fortunati”, ha detto l’etnomusicologo originario di San Costantino Albanese, “e tanta è stata l’emozione”. Un’emozione accresciuta dalla notizia, giunta solo qualche settimana fa, della scomparsa di Paolina Lotito. Quasi un regalo da parte di una Basilicata cambiata, ma ancora tanto ricca di storia e tradizioni.

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