Dopo un’estenuante corsa all’accordo con General Motors, il gruppo Fiat è finalmente fuoriuscito dall’incertezza strategica nella quale era avvolto. Uno stato di insicurezza e preoccupazione per il futuro che migliaia di lavoratori, purtroppo, ancora vivono. Pare, infatti, che la Fiat abbia nuovamente comunicato alle rappresentanze sindacali unitarie dello stabilimento di Melfi una nuova settimana di cassa integrazione guadagni ordinaria, dal 7 al 13 marzo, per tutti gli addetti, a causa della nefasta situazione del mercato dell’automobile in Italia.
La decisione della Fiat di chiedere una settimana di cassa integrazione per gli operai dello stabilimento Sata auto di San Nicola di Melfi crea nei lavoratori residenti nei piccoli comuni delle due province enormi disagi e preoccupazioni. Per questo, nelle giorni scorsi, anche Il Coordinamento dei Piccoli Comuni italiani – il movimento autonomo dei Comuni con popolazione fino a 5 mila abitanti – si è mobilitato chiedendo alle Province di Potenza e di Foggia la convocazione di un Consiglio provinciale congiunto monotematico sulle ultime vicende della Fiat di Melfi.
E’ preoccupante come a pochi mesi dalle lotte di dignità promosse dai lavoratori – in cui più di tre mila occupati, tre mila anime, tre mila famiglie hanno dichiarato lo sciopero per avere migliori condizioni di lavoro, cambio dei turni e porre l’attenzione su questioni che riguardano il rispetto e la dignità dentro la fabbrica – si ritorni a parlare di instabilità e ad alternare turni di lavoro e periodi di cassa integrazione. Lo stabilimento di Melfi si è fermato nel 2004 già per ben tre volte, l’ultima sosta forzata è avvenuta dal 29 novembre al 4 dicembre. Oltre a Melfi si fermeranno anche gli stabilimenti di Mirafiori, Cassino, Pomigliano d’Arco, e Termini Imprese.
Del resto, il fatidico accordo con GM ha confermato una nuova amministrazione tutta italiana che, a quanto pare, conferma ancora una volta qualche vecchio vizio imprenditoriale di troppo. La prima incognita del dopo Gm riguarda la definizione di un nuovo piano industriale che rimetta al centro il rilancio dell’auto e la difesa di tutti gli stabilimenti, a partire da quelli del mezzogiorno. Quest’obiettivo è perseguibile compiendo una scelta precisa sul terreno della ricerca, innovazione e qualità del prodotto che sono le nuove frontiere della competizione internazionale e che richiedono adeguate risorse finanziarie. Si dovrà accentuare maggiormente l’attenzione sul mantenimento degli attuali siti produttivi e dell’occupazione.
E’ evidente come la questione Fiat rappresenta la crisi del più importante gruppo industriale del nostro paese che, in una fase di stagnazione e di cambiamenti radicali nella struttura del mercato dell’auto, perde drasticamente competitività e quote di mercato a causa della scarsa qualità e dell’assenza di reale innovazione nei suoi prodotti.
Bisogna chiedere al gruppo FIAT di reinvestire le risorse (parecchi milioni di euro!) rivenienti dall’accordo con GM nel settore produttivo ed inoltre impegnare il sistema bancario a sostenere il rilancio stesso del gruppo torinese. Vi sono troppi colpevoli ritardi di azienda e di governo che oggi si scaricano sui lavoratori del gruppo FIAT, costretti a fare cassa integrazione, a subire tagli del salario per scelte sbagliate che sono state fatte nel passato.
La crisi Fiat va affrontata come parte di una crisi industriale del sistema Italia e le misure da adottare devono dunque muoversi partendo da questa valutazione. L’eventuale contributo statale in merito dovrà essere vincolante a salde certezze sul futuro dei lavoratori. La Basilicata ha già dato tanto, troppo, all’azienda torinese. E’ giunto il momento della giusta ricompensa.