Il perché della problematica della transizione generazionale. In media, una generazione imprenditoriale in Europa dura 29 anni. Questo significa che le numerosissime imprese nate nel secondo dopo guerra, in particolare negli anni del boom economico e fino alla metà degli anni Settanta, stanno affrontando, per motivi anagrafici, il problema del ricambio generazionale.
Tale fenomeno sta esplodendo un po’ in tutta Europa e costringe i vari attori, economici, politici e sociali a ripensare le politiche a favore delle imprese coinvolte. In Italia la durata media di una generazione è più elevata della media europea, motivata dalla tendenza dei titolari-gestori d’impresa a ritardare l’avvicendamento a favore della nuova generazione.
Un dato molto interessante, emerso da una recente ricerca francese condotta su un campione esteso a livello europeo, ha calcolato che se mediamente uno start-up (nascita di una nuova impresa) crea due posti di lavoro, una trasmissione di successo ne mantiene ben cinque. Si calcola che la maggiore validità in termini di produttività, migliore organizzazione, solidità del marchio, conoscenza del mercato e conoscenza tacita condivisa, è nell’ordine del 150%, a significare che la continuità di un’impresa è meno rischiosa rispetto allo start-up di una nascente.
Le Pmi e la transizione generazionale. Il ricambio generazionale è quel processo con cui la proprietà aziendale viene trasferita a un’altra persona o a un’azienda, in modo da garantirne la continuità. Le dimensioni delle imprese influenzano le problematiche del trasferimento di proprietà. Le imprese più grandi, di solito, dispongono di una struttura gestionale-organizzativa più articolata che riduce i rischi e consente di affrontare in maniera più snella le problematiche legate alla transizione. Il discorso si fonda, quindi, sull’ambito delle piccole e medie imprese (Pmi) che risentono di maggiori difficoltà legate alla minore specializzazione e divisione dei ruoli e delle funzioni e che mancano di managerialità nella gestione, subendo le evoluzioni del mercato.
Si stima che circa un terzo delle imprese europee cambieranno proprietà entro il 2012 (dal 25% al 40% secondo gli Stati membri). Questo corrisponde ad una media di almeno 610.000 trasferimenti di Pmi all’anno, di cui 300.000 Pmi con dipendenti, per un totale di 2,1 milioni di posti di lavoro e 310.000 Pmi senza dipendenti.
Anche se sussistono differenze, è possibile rintracciare in tutti gli Stati membri le stesse tendenze: l’accresciuta importanza della questione dei trasferimenti d’impresa, dovuta all’elevato e crescente di trasferimenti dei prossimi dieci anni; sempre di più il trasferimento delle imprese avverrà al di fuori della famiglia, a terzi; un numero crescente di imprenditori opererà nella stessa impresa per un periodo di tempo più breve, non per tutta la vita; le decisioni personali (pensionamento anticipato, cambiamento di professione, interessi o situazione familiare, ecc.) e l’evoluzione delle condizioni di concorrenza (evoluzione dei mercati, nuovi prodotti, nuovi canali di distribuzione, ecc.) e non soltanto l’età saranno sempre più all’origine dei trasferimenti.
Il fenomeno in Italia. Nell’arco del terzo trimestre 2004, nel nostro Paese le imprese cessate risultano 55.342 su un totale di 5.976.105 imprese registrate. Il numero totale dei titolari d’azienda in Italia è pari a 3.479.769, di cui 885.024 femmine e 2.594.745 maschi. Il fenomeno del passaggio generazionale che interessa ormai l’intera Europa è particolarmente sentito in Italia, data la particolare importanza socio-economica che hanno le Pmi nel quadro produttivo italiano, dove vi sono diversi settori produttivi potenzialmente esposti alle problematiche legate a questo fenomeno.
Il settore produttivo più anziano è quello dell’agricoltura, caccia e silvicoltura. Difatti il numero dei titolari con età superiore ai 50 anni è pari a 563.630 unità corrispondente al 62,8% rispetto ai titolari dell’intero settore. Peraltro il settore agricoltura, caccia e silvicoltura, oltre a possedere tale caratteristica, ha anche una percentuale di titolari under 30 molto bassa (4,2%). I due dati indicano inequivocabilmente che vi sono in corso problemi legati alla transizione generazionale nel settore primario. Difatti, a fronte di un forte invecchiamento dei conduttori di aziende agricole in particolare, non vi è un rinnovo dei titolari delle aziende del comparto.

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