Forse pochi profani lo sanno, ma ancora oggi è
possibile tracciare la storia della lingua e della
cultura greche in Italia Meridionale. In realtà il
fenomeno della presenza di sacche culturali e
linguistiche greche a Sud era abbastanza definito fino
a qualche decennio fa – diciamo fino agli anni ’80-
sia per la relativa arretratezza dell’entroterra, per
cui l’uso dei dialetti era ancora piuttosto diffuso,
sia perchè non si erano ancora sviluppati tutta una
serie di fenomeni di revival folkloristico che se da
un lato stanno risvegliando l’interesse sulle culture
tradizionali, dall’altro hanno creato veri e propri
territori di mezzo teorici, crogiuoli di tradizioni
diverse riempite di nuovi significati.

Così se i dialetti sono in disuso presso le fasce di
età più giovani ( dove semmai si riscontra un fenomeno
di modellamento dell’italiano su un dialetto standard
ma sganciato da qualsiasi tradizione culturale viva),
è ancora possibile riscontrare la presenza di parlanti
un dialetto greco nelle fasce di età più alte e in
alcune sacche geografiche.
In Calabria sono ancora presenti ricche comunità di
parlanti questo grecanico, e addirittura esiste una
specie di filone letterario che alcuni studiosi hanno
ricollegato direttamente alla poesia greca per i temi
trattati e per gli stilemi utilizzati: il canto come
oggetto del canto, l’eros, il vino.
Per fare un esempio è del 1987 una raccolta di poesie
di Salvino Nucera, calabrese, dal titolo “Agapào na
graspo” (“Amo scrivere”); mentre è del 1988 uno
studio/inchiesta sul territorio condotta da Domenico
Minuto, Salvino Nucera e Pietro Zavetteri sui dialetti
greci: si tratta di una raccolta audio di interviste
svolte nelle zone di Reggio, Gallicianò e Bova Marina.
L’origine di questo dialetto misto si fa risalire ad
una presenza e ad apporti greci testimoniati in Italia
meridionale dai tempi della Magna Grecia, fino al
greco diffuso dai Bizantini, passando per altro alle
immigrazioni di gruppi di Albanesi provenienti dalla
Grecia.
A ricostruire queste storie e questi viaggi sono le
fonti archeologiche, i residui etnologici e
addirittura la memoria popolare trasmessa nella musica
e nei canti.

In Basilicata il grecanico non è diffuso, ma è stato
la lingua utilizzata per secoli: sono attestate
epigrafi per l’età arcaica, magno greca e poi romana.
E’ lingua amministrativa nel tardo medioevo e oltre:
se si pensa che fino al 1400 i Lucani si servivano
dell’alfabeto greco per scrivere in dialetto romanzo.
In Basilicata questa infiltrazione in epoca medievale
e bizantina è dovuto alla presenza di cospicue
comunità monastiche di lingua bizantina.
Lo stesso toponimo della Regione, che sostituì il nome
di Lucania,è registrato nel “Catalogo dei Baroni
Normanni” (1154) e discende dal titolo
dell’amministratore di Costantinopoli: Basilicòs.
Le tracce del greco per la Basilicata molto più deboli
per quanto riguarda il parlato, sono dunque
documentarie e fanno parte della storia politica
della nostra regione.
Molto più significative le tracce ed i legami
culturali (religiosità,ritualità…) che ci collegano
strettamente e in un arco prolungato di tempo, con le
popolazioni delle coste greche…

Per approfondire:
Franco Mosino, “Dal greco antico al greco moderno in
Calabria e in Basilicata”. G.Pontari ed., Reggio
Calabria 1995

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