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Centrale sì, centrale no

La centrale del Mercure esiste dagli anni ?60. Realizzata dall?Enel, fu chiusa in seguito per consentire alla zona di sviluppare la sua tendenza più naturale, cioè quella alla valorizzazione di un territorio ricco di boschi, torrenti, bellezze naturali. La centrale, che fa parte del territorio amministrato dal Comune di Laino Borgo, non costituiva più la risorsa economica della regione.

Oggi la centrale è vicina alla riapertura, ed è stata convertita a biomasse. Ciò significa che i combustibili utilizzabili dall?impianto saranno rinnovabili, e questo basta per fare rientrare la centrale nei parametri indicati dall?Unione Europea. In particolare verranno utilizzati legna e segatura, mentre le parti in amianto, dannose per la salute, verranno definitivamente eliminate.

Fino a qui, nulla di strano. Ma, andando ad analizzare i particolari dell?operazione che consentirà, fra pochi giorni, la riapertura della centrale del Mercure, ci si accorge di molti aspetti poco chiari. Il territorio di Laino Borgo, che fa parte del parco Nazionale del Pollino, verrà dichiarato esterno al parco con un intervento di riperimetrazione che alcuni ritengono studiato apposta per permettere la riapertura della centrale. Per quanto riguarda l?enorme quantità di materiale che la centrale dovrà bruciare, è impossibile che la Basilicata possa fornire il legname necessario: ad essere usati come combustibile saranno alberi provenienti da altre zone del pianeta (Europa dell?Est, America Latina): in molti temono uno sfruttamento selvaggio delle risorse forestali di questi paesi, in cui è più difficile esercitare un controllo accurato della provenienza dei materiali e del corretto sfruttamento delle risorse.

Favorevole alla riapertura della centrale l?Europarlamentare Gianni Pittella (DS), che ricorda che ?la produzione di energia da fonti rinnovabili è favorita dall’Unione Europea?, e che ?la produzione di energia da biomassa vegetale non consente, sia per le caratteristiche tecnologiche dell’impianto che per legge, che possano essere usati altri tipi di combustibile?. Pertanto, aggiunge Pittella, ?l’impatto delle emissioni è tutelato per legge e dunque se in qualsiasi momento venissero superati i livelli stabiliti per legge la produzione dovrebbe essere fermata?. Insomma, la centrale è sicura ed esistono leggi che ne permettono e ne promuovono il funzionamento, e che inoltre vigileranno sull?impatto delle emissioni nell?ambiente circostante.

Completamente diverso il parere del Cosa (Comitato salute e ambiente Pollino), che in una dichiarazione di pochi giorni fa sostiene che ?le autorizzazioni sono semplici pezzi di carta che non bastano a farci stare tranquilli, soprattutto se provengono da un Ente che negli ultimi anni non si è distinto per zelo nella tutela del Paesaggio e nella promozione dello sviluppo economico del territorio?. ?Lo Studio di Fattibilità di cui parla l?Europarlamentare Pittella ?che le amministrazioni locali dovrebbero realizzare per poter valutare l’impatto potenziale e livello locale, è lo strumento con il quale poter assumere le decisioni più appropriate nel prossimo futuro?, doveva essere fatto prima della realizzazione e non nella fase di ?già avviato?.

E proprio qui risiede uno dei punti più controversi della vicenda. La decisione di realizzare una grande opera destinata a cambiare in maniera incisiva il futuro lavorativo ed abitativo di una zona molto delicata viene calata dall?alto, secondo il classico metodo italiano ?decido, informo e difendo? che caratterizza l?operato di buona parte della Pubblica Amministrazione e che impedisce uno sviluppo armonioso delle zone del Meridione. Un modello che non tiene conto dell?importanza della partecipazione della sfera pubblica alla fase di studio delle potenzialità del territorio e che non serve, alla fine, alla crescita sostenibile della regione.