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Carteggio 1923 – 1926

A differenza degli amici Croce e Salandra, G.Fortunato vede il fascismo come ?l?ultima tappa dello sciagurato fatale periodo del dopoguerra?, preludio alla catastrofe del paese, ?condannato alla miseria e all?anarchia?.

Ci soffermiamo sui momenti più salienti del carteggio relativo agli anni 1923/1926, dominato dalla convinzione che l?Italia, ?fatta più imperialistica e sognatrice?, sia ?irremissibilmente perduta?.
Inabilitato a muoversi a causa della malattia, G.Fortunato avvia una corrispondenza epistolare con i vecchi amici, Croce, Salvemini, Calandra.Il nostro Paese, ormai è stato condannato all?infelicità, non c?è più alcuna possibilità di redenzione per il Mezzogiorno.Il fascismo non fa altro che rivelare mali antichi e mai sanati.
?L?Italia non è compatibile con un governo modernamente democratico e liberale né può stare al pari de? grandi governi a base liberale e democratica dell?Europa occidentale?.
Nella lettera del 20 gennaio 1923, scritta da Giustino a G. Salvemini traspare tanta amarezza.

?Il guaio è nella coltura.Ma devi pur soggiungere, che l?incoltura è fatta,per molta parte, di assoluta ignoranza della nostra realtà, dal lato morale in particolar modo[?]
Torneremo quel che eravamo prima dell?Unità [?] Torneremo, cioè a uno stato normale di esaurimento economico, e quindi di selvatichezza, dovuto alla diminuzione della produzione e della ricchezza[?]?
La nostra è una terra povera, dunque, e rimarrà eternamente tale.Come opporsi al crudele destino? Solo l?audacia dei giovani può contrastarlo.
Il mondo, infatti, è dei più arditi, ?è di chi se lo piglia?.
La preoccupazione e il tormento non abbandonano Fortunato, il quale nella lettera del 17 aprile 1923, scritta a Vincenzo Rije lamenta la prigionia volontaria del povero Nitti, nella minuscola sua terra, presso il mare di Acquafredda, frazione di Maratea. Quello è un posto che gli si mostra odiosamente vile.La figura di Nitti è costantemente presente nella vita del nostro scrittore. Negli ultimi giorni di vita, infatti, Fortunato, scrive una lettera a Francesco Nitti ricordandolo come caro e sincero amico.
[?] ?T?ho sempre dinanzi, tanto più teneramente triste, perché io non ebbi mai, mai, neppure una sola delle non poche illusioni, che,voglia o non, tu pure avesti.Tra queste il giudizio intorno alla nostra Provincia.
[?] Io stesso, del resto pur nel mio pessimismo avanzato, che nulla mai, a questo proposito, volli concedere a te esaltatore della ?buona gente lucana?, io stesso non avrei immaginato tanta bassezza, tanta degradazione umana. E mi tornaron, e mi tornano in mente le scultorie parole di mio padre: ?vili senza vergogna?!
La malattia fa soffrire molto G.Fortunato, e nei suoi momenti di solitudine non fa che ripensare al senso della propria esistenza. L?espressione di smarrita tristezza scompare dinanzi a quell?ideale di verità, di dignità di vita e di pensiero, testimonianza di una forte fede.

Il Mezzogiorno è condannato, ma le esperienze amare non coprono e annientano l?amore per l?Italia, quel forte, nudo e profondo sentimento, senza secondi fini, senza vuote e sterili ambizioni.
Cosa nuoce davvero al Mezzogiorno?
?Quel che nuoce al Mezzogiorno è la politica generale; elementare verità, che i meridionali non arrivano a capire?.Questa è la lucida consapevolezza del nostro scrittore.
Il passato non può essere dimenticato, e tanto meno l?entusiasmo e l? audacia di coloro che ci hanno preceduto. I problemi della nostra terra sono quelli di sempre; strutturali o congiunturali?