La notizia non è certo una novità, visto che da tempo se ne vocifera almeno tra gli addetti ai lavori. Forse lo sarà per una buona parte di consumatori, non solo lucani, che di fronte al banco formaggi della grande distribuzione o del loro negoziante di fiducia erano convinti di acquistare un prodotto tra i più pregiati del settore agro-alimentare lucano. E’ già, perché dietro il marchio “Moliterno”, da sempre sinonimo di formaggio pecorino di grande qualità, non sempre corrisponde un prodotto originario del noto centro della Val D’Agri. Spesso, anzi, l’ignaro consumatore porta sulla propria tavola un formaggio sardo che con Moliterno (nome a parte) non ha nulla in comune.
A lanciare l’allarme è stato il Presidente del Consorzio di Tutela del Pecorino “Canestrato di Moliterno”, Antonio Pugliese, con un intervento sulle pagine del quotidiano regionale La Gazzetta di Basilicata. A seguito del deposito dell’istanza per il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (Igp) presso gli uffici del Ministero dell’Agricoltura, infatti, due importanti aziende dell’industria lattiero-casearia italiana hanno presentato ricorso. Si tratta, nello specifico, della cremonese Auricchio e della sarda Central Formaggi che da tempo producono e commercializzano alcune forme di formaggio con la denominazione “Moliterno”. “Non è questo che ci fermerà”, ha dichiarato Antonio Pugliese, “è un iter complesso ma andremo avanti. Il nostro formaggio è conosciuto anche in America, ed avere altre forme con lo stesso nome significherebbe solo confondere i consumatori a tutto svantaggio del canestrato di qualità prodotto in Basilicata”. Cadere nell’errore, del resto, è piuttosto facile visto che le forme da 2 chilogrammi commercializzate dall’Auricchio si chiamano proprio “Pecorino di Moliterno” come “Moliterno” e “Moliternino”, ancora, sono le denominazioni delle due produzioni della Central Formaggi.
Nelle prossime settimane il Presidente del Consorzio di Tutela sarà chiamato a presentare le proprie ragioni affinché i competenti uffici del Ministero dell’Agricoltura possano dar corso alla registrazione del marchio. Resta, nel frattempo, un’amara delusione da digerire per un consorzio che, nato nel marzo del 2001 grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale, dell’Istituto Sperimentale di Zootecnia di Bella, dell’Agenzia Lucana per lo Sviluppo e l’Innovazione in Agricoltura (Alsia), della Comunità Montana Alto-Agri, delle Camere di Commercio di Potenza e della Basilicata e dell’Università della Basilicata, ha da sempre rappresentato un punto fermo per produttori e consumatori. A subire il danno maggiore sono proprio le 42 aziende consorziate che nel 2003 hanno prodotto circa 600 quintali di formaggio, rispettando i dettami della certificazione e della tracciabilità del prodotto e dell’intera filiera, comune ad un areale di produzione che comprende circa 50 comuni del potentino e del materano.
“Seppure la produzione sia stata esigua rispetto a quella delle aziende che hanno fatto ricorso”, ha spiegato ancora Pugliese, “rappresenta un importante risultato perché le nostre aziende hanno rispettato i vincoli imposti par la tracciabilità”. Il Pecorino “Canestrato di Moliterno”, infatti, si ottiene dalla lavorazione del latte crudo proveniente dal bestiame lasciato libero al pascolo, ed acquista molte delle sue spiccate qualità organolettiche grazie ad una particolare tecnica di stagionatura fatta rigorosamente nei “fondaci” (degli appositi magazzini interrati o al pianterreno), come vuole una tradizione lunga oltre due secoli. Un fronte unito, quello che vede insieme il Consorzio, l’Alsia e la Regione Basilicata, attivo per difendere una delle vocazioni primarie del territorio della Val D’Agri. “Il nostro territorio”, ha concluso Pugliese, è stato da sempre defraudato ed ora dobbiamo riprenderci quello che è nostro. Le altre aziende possono produrre grandi quantitativi di formaggio, ma la qualità rimarrà sempre una nostra prerogativa”. La decisione spetta ora al Ministero chiamato a concedere, o meno, la protezione transitoria per l’Igp, in attesa di un pronunciamento sul possibile utilizzo della denominazione da parte delle altre aziende.