La Basilicata è come tutti sappiamo, una terra che costantemente simboleggia azioni e ne ritualizza altre. Una terra nella quale vi è uniforme presenza di tradizioni popolari frutto della mescolanza fra la nostra, e le varie culture dominanti che si sono succedute nel tempo attraverso i riti, la magia, le manifestazioni religiose, il popolo lucano esorcizzava la propria paura del quotidiano e del futuro. La sopravvivenza dei contadini lucani diventava spesso difficile, segnata da stenti che erano in qualche modo spezzati dalle manifestazioni antropologiche di cui la Basilicata risulta ricca. Una di queste riguarda la costruzione di Piramidi Umane. Nelle culture di ogni epoca ed ogni tempo, vi è l?umana tendenza, diretta verso il superamento progressivo dei limiti che si materializza nel cosiddetto impulso verticale. Questa tendenza è presente in ognuno a livello individuale e si traduce spesso, soprattutto nei momenti ludico ? festivi, nei gruppi sociali. È il caso anche dei castelli umani lucani che in Basilicata, erano presenti in tre paesi:
· Melfi in provincia di Potenza
· Irsina e Ferrandina in provincia di Matera.
A Ferrandina le costruzioni umane arrivavano a tre piani d?altezza. A Melfi alcuni sostengono di aver visto piramidi di quattro o addirittura cinque piani. Ciò fa onore a coloro i quali tentavano le costruzioni dato che una base in continuo movimento rende più incerta la riuscita della costruzione rispetto ad una base solida e statica. Non risulterebbe anomalo che lo spirito di competizione e la evidente baldanza dei partecipanti abbiano stimolato la crescita verticale al punto che, come vedremo in seguito, l?attuazione dello scaricavascio di Melfi fu ritenuta pericolosa dalle autorità intorno agli anni Trenta del Novecento. Ma perché le piramidi umane in Basilicata si sono ramificate solo nei suddetti paesi e non hanno avuto uno sviluppo uniforme? La risposta la si ritrova nella morfologia della regione ma anche nella sua storia. Possiamo avallare l?affermazione dello storico Giura Longo quando dice che:
(?) Niente meglio delle mutazioni intercorse nel rapporto fra popolazione e territorio, cioè nel rapporto fra storia e geografia, possa essere individuato come il fenomeno centrale nella storia di questa regione.
E la storia della Basilicata è purtroppo una storia di dominati, non di dominatori. La relazione descrittiva della situazione del regno che Carlo III volle nel 1735, chiamata Relazione Gaudioso, dal nome del suo compilatore, ci da un?immagine della Basilicata più realistica di quanto altri avessero precedentemente fatto. La Basilicata appare si quella regione aspra e dai ?precipitosi monti? di cui parla l?Alberti (dalla descrizione del sindaco e gli eletti di Brindisi di Montagna), ma anche una Basilicata che in alcune sue zone pure si identifica con quella regione fertile descrittaci dal Gazzella. Proprio Irsina, una delle tre sedi del pizzicantò, è descritta come un paese con una fervida attività economica: «Con profitto gli abitanti dell?antica Montepeloso s?industriano alla semina dè grani, e biade in un territorio che è tanto quanto fertile, ed è sufficiente per lo mantenimento del paese».
Una regione, dunque, non del tutto priva di risorse, ma dove le stesse sono letteralmente falcidiate dalla perversità del sistema fiscale napoletano che, se da una parte indebita le Università intese qui come comuni, dall?altra aumenta a dismisura la rendita baronale e quella regale a tutto svantaggio di ceti più umili, sottoposti ad un?infinita serie di contribuzioni sui generi di consumo di prima necessità, di corresponsioni dovute alla feudalità laica così come a quella ecclesiastica (duchi e vescovi), tanto numerose da metterli in condizione, alcune volte, di non aver più cosa propria. L?unico ceto che si differenzia dalla massa del popolo è quello ecclesiastico che esercita un proprio specifico ruolo fra la feudalità, da una parte, e la massa di contadini e dei braccianti poveri dall?altra . Proprio il regime feudale ha comportato, durante i secoli, il ritardo nell?uscita dallo stato di ruralizzazione della popolazione lucana.
In Basilicata vi era scarsità di strade e vie di comunicazione importanti, e assenza di fiumi navigabili. Tutto ciò ritardava notevolmente ? in confronto ad altre regioni più sviluppate – i rapporti fra le popolazioni dei vari villaggi. Alla fine del 1700 mentre nel Nord Italia e d?Europa, la società si andava trasformando da agricola ad industriale, in Basilicata, fatta eccezione per Potenza che era ?città di servizio?, l?uscita da situazioni agricole e pastorali fu notevolmente rallentata determinando l?aumento del periodo d?isolamento di gran parte della popolazione.
La Basilicata, le torri umane e la religione.
Per capire realmente gli aspetti delle torri umane lucane non va dimenticato l?ambito nel quale esse venivano rappresentate che, non a caso, era quello religioso: la festa di Sant?Antonio a Melfi e Ferrandina, e la festa della Madonna della Pietà ? vero e proprio pellegrinaggio ? ad Irsina. Difatti la dimensione religiosa è da considerarsi come una componente fondamentale della storia e della società lucana e meridionale in generale. Fin dall?inizio del regime feudale la Chiesa divenne potere politico-spirituale, contrapponendosi sovente allo Stato, ma condividendone e sostenendone la forma. Il significato della religione appare in tutta la sua portata collocato nella realtà quotidiana del popolo e del lavoro, nel rapporto alla natura, nelle relazioni reciproche delle persone . La vita della gente era minacciata, insicura. La Lucania aveva bisogno delle forme religiose per esorcizzare la propria paura esistenziale e la venerazione della Madonna assunse grande importanza, i santuari a lei dedicati sorsero sempre più numerosi: la Vergine era venerata come madre del Salvatore e simbolo di purezza. Una simile ricchezza di santuari in una regione così piccola trova spiegazione nella stessa realtà del territorio: la natura prevalentemente montuosa e la ridotta viabilità. Ogni paese avvertiva il bisogno di un proprio santuario ?extra-moenia? in grado di divenire centro di pellegrinaggio per il paese stesso, o per un gruppo di paesi del circondario . In Basilicata un forte influsso è esercitato dal mondo religioso bizantino (la cui rappresentanza si ebbe anche nella città di Montepeloso ora Irsina) la cui concezione di vita è caratterizzata dall?ascetismo e da una costante tensione verso l?al di là. In tale contesto Maria ha una relazione speciale con il figlio, presso cui svolge una efficace intercessione . Nella storia della cristianità si è visto un crescendo di devozione mariana in tutti i tempi e presso tutti i popoli. Il motivo è certamente quello che ha rilevato il Concilio Vaticano II quando nella Lumens Gentilum, al numero 65 scrive che Maria è «(?) il frutto più eccelso della redenzione» . Con i dominatori normanni alle comunità monastiche orientali subentrarono nuove fondazioni d?origine latina . Fu a partire dal 1300 che fiorirono i Santuari e si amplificò il culto dei Santi. Fu allora che:
(?)le feste divennero momento culminante della vita religiosa delle persone del popolo. Il popolo le trasformò in espressioni originali della propria realtà di vita, sebbene esse per le classi dominanti significassero momenti di sfogo e di contenimento di ogni pericolo di sovversione sociale, per le persone del popolo divennero momento identificante e gratificante (?).
Anche la devozione popolare ai santi trova spiegazione nella difficile esistenza della popolazione lucana: dalla Chiesa il santo è proposto come modello di vita e nell?insegnamento spirituale tradizionale santo è colui che è esemplare di vita santa, modello di osservanza integra a livello etico spirituale. Nonostante ciò, nella credenza popolare, il santo viene tratteggiato come taumaturgo, pronto ad appagare il bisogno di sicurezza e protezione. Questo aspetto di devozione ai santi è determinato dalla precaria condizione economica di vita in cui la gente povera si trova; e se questo appare talora come aspetto piuttosto prevalente, non è tuttavia esclusivo, poiché il santo è visto anche in ordine ad uno stimolo di bene. Il santo opera anche il miracolo della conversione. È indubbio che le piramidi umane lucane che si accompagnavano ai canti del pizzicantò e dello scaricavascio, furono tradizioni in completa sintonia con tutto ciò che si è detto: mostravano la precarietà esistenziale del popolo, la voglia di riscatto della povera gente, ma erano anche arma di contenimento dei maggiorenti locali.