Abbiamo incontrato Giuseppe Viggiani – un tempo consulente scientifico dell?Ente Parco, ingegnere di professione (lavora al dipartimento di difesa del Suolo all?Università della Calabria), conservazionista per passione, grande esperto di uccelli rapaci ? e gli abbiamo chiesto dall?alto della sua esperienza di militante di associazioni ambientaliste (Lipu, Wwf e Legambiente) cosa sta succedendo in queste organizzazioni un tempo molto impegnate nella conservazione del nostro patrimonio naturale. La discussione ha preso spunto dalle recenti vicende legate al Punto Informativo che il comune di Cerchiara di Calabria vuole realizzare con il contributo del Parco a pochissimi metri dalle mura del più antico e meglio conservato monastero brasiliano del Pollino.

Viggiani ? caustico come solo lui sa esserlo ? afferma: ?L?attacco al Pollino era già iniziato. L?enorme elettrodotto era ?passato? senza intoppi. Ora, dopo le vicende dei soldi non spesi e mal spesi, si apre anche il fronte meridionale. Il Santuario di S. Maria delle Armi diventa un centro informazioni per i turisti, con relativa nuova struttura (non c?è sviluppo senza cemento?). Ma, soprattutto, si dà l?assalto alla parte più integra del massiccio: il versante sud. Iniziano, infatti, con la strada Frascineto-Monte Moschereto, le strade di penetrazione in quella zona che, per la particolare morfologia, si è conservata quasi intatta fino ad oggi, più che per una particolare sensibilità ambientale, per mancanza di reale convenienza economica. Questo, fino alla istituzione del Parco Nazionale del Pollino, strano ente che al sud poco o nulla tutela e che, anzi, a quanto pare, desta appetiti in aree dimenticate e, solo in quanto tali, scampate allo scempio. Il tutto in barba anche alla Rete ecologica nazionale, di cui, ovviamente, le aree interessate dagli ?interventi? fanno parte?.

Cosa fanno le associazioni ambientaliste ? un tempo molto decise e determinate ? a difendere il nostro patrimonio da questi attacchi massicci, spesso super autorizzati da enti senza scrupoli?
?Ciò richiede una breve riflessione ? risponde Viggiani – che risulta dolorosa e non priva di ingratitudine per chi scrive.
Le associazioni nascevano come movimento di protesta, per la difesa dell?ambiente e con obiettivi precisi e drastici. Grandi successi e grandi sconfitte, talvolta con qualche punta di ingenuità e qualche deficienza tecnica e scientifica, ma sicuramente un ruolo permanente e significativo.
Oggi le associazioni ambientaliste sono altro. La protesta si è stemperata in moderatismo, tecnicismo e arrivismo. L?ambientalista arrabbiato e un po? piagnone del passato non esiste quasi più, sostituito da abili personaggi che si caricano di pseudo-saperi scientifici e interloquiscono con le amministrazioni, con vari ruoli, fino a far parte degli organi gestionali delle stesse. Per catalizzare il meccanismo, meglio ancora dosare opportunamente la protesta.

Quali sono le conseguenze di questa ?assenza? sul territorio della figura dell??ambientalista arrabbiato? per usare una sua espressione?
Una prima conseguenza è il far passare una serie di progetti ed idee come se fossero stati sbloccati grazie al disinteressamento dell??ambientalista arrabbiato? e così gli impianti eolici dilagano, consacrati dallo slogan delle energie pulite e mentre i parchi del sud assomigliano ormai a comunità montane, la gestione dei parchi diventa un problema gastronomico (?la valorizzazione dei prodotti tipici?). La rete ecologica diventa un insieme di ?infrastrutture per i turisti? e la battaglia contro la caccia (che per fortuna sta morendo da sola) si trasforma in una più tenue ?campagna contro la caccia indiscriminata? (cosa vuol dire? campagna a favore della caccia ingiustamente discriminata?). Tutto si spiega e tutto si scusa in nome dello slogan salva-ambientalisti che è diventato il paradigma della conservazione: lo sviluppo sostenibile. Non più fronti opposti, quindi, fra distruttori e conservatori, ma ?proficua? collaborazione per l?integrazione di tutto con tutto. Per di più, il personale stipendiato dalle associazioni lancia l?appello al volontariato, ormai poco credibile.

Il quadro che ne emerge è grave. Secondo Lei le associazioni non sono più libere di agire in nome e per conto della natura italiana?
No. L?associazione che collabora a vasta scala con enti e istituzioni non è più libera. Ciò rischia di causare una ?fuga? di soci, con conseguenze gravi per le associazioni stesse. È urgente, piuttosto, ripartire dallo stato di fatto e cambiare uomini e politiche, recidendo i rami secchi dove necessario, evitando le manipolazioni locali, la sdemocratizzazione delle strutture periferiche, la comunicazione approssimativa a tutti i livelli. Incidendo, come in passato, sulla legiferazione e sull?applicazione delle leggi, ora con la proposta ed il contributo tecnico-scientifico, ora con la protesta e la denuncia. Il caso di Scanzano, in cui le associazioni ambientaliste non hanno potuto esimersi dall?affiancarsi al ben più ampio e deciso movimento popolare, docet.

Quali conseguenze ci saranno per la natura calabro-lucana?
Mancando l?attenzione dell?opinione pubblica, non resteranno molte speranze per il nostro territorio e per quel Pollino scampato alle piste di sci, ai tagli a raso ed ai rimboschimenti, agli impianti eolici, alle strade di attraversamento sparsi nelle altre montagne calabresi e lucane? Mancando il ruolo delle associazioni ambientaliste, da oggi sappiamo di cosa morirà il Pollino: incredibilmente, morirà di Parco.

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