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Pollino, quale futuro?

Il Parco del Pollino a dieci anni dalla sua istituzione è sicuramente ad un punto di svolta, se riuscirà finalmente a vedere la luce il Piano del Parco che dovrebbe segnare l?inizio, non solo simbolico, di una nuova fase di gestione, speriamo meno tormentata. Tuttavia proprio negli ultimi mesi sembra essersi scatenata all?interno dell?Ente parco una furia autolesionista che tradotta in atti, delibere e progetti rischia di assestare colpi durissimi ai propositi di pianificazione integrata e di sviluppo sostenibile da sempre auspicati per quel territorio.
Legambiente tre anni fa criticò la decisione del Governo nazionale di commissariare l?Ente ritenendo che non ci fossero giustificati motivi per quel provvedimento; l?esperienza commissariale e post-commissariale infatti non pare abbiano portato i benefici e le svolte promesse dal Ministro dell?Ambiente.

Tuttavia, nonostante gli innumerevoli problemi, il Parco del Pollino ha rappresentato, anche negli ultimi anni e tra le sue mille contraddizioni, un elemento di protezione dei valori ambientali e naturalistici di quelle aree, certo non secondo le migliori aspettative, l?unica ipotesi in campo per valorizzare e recuperare quel territorio e restituirgli un futuro migliore.
Il Parco del Pollino è sicuramente ancora oggi un?occasione, forse l?unica possibile, per il rilancio economico di comunità altrimenti condannate alla marginalità.
È necessario spingersi quindi con maggiore celerità e convinzione su quei percorsi virtuosi che diano reale sviluppo ai territori del Parco e che facciano della sostenibilità e della compatibilità degli interventi, unitamente ad una loro concertazione con i territori, e con gli operatori che in quei territori vivono e lavorano e che hanno da tempo creduto nelle possibilità di coniugare, nel Parco del Pollino, conservazione e sviluppo, il perno delle azioni e delle politiche da mettere in campo.
Gli ultimi atti dell?Ente Parco, non sembrano andare in questa direzione, non sembrano coerenti con le politiche di sviluppo sostenibile, non sembrano in linea con la difesa degli interessi del ?sistema ambientale? Pollino.
In particolare intendiamo sottolineare alcune questioni fondamentali emerse tra l?altro (è solo un caso?) tutte contemporaneamente o quasi su cui Legambiente esprime la sua contrarietà ed auspica che vi possa essere un ripensamento da parte del Parco e degli Enti territoriali coinvolti in queste decisioni.

La prima questione grave è l?approvazione dell?ipotesi di riperimetrazione del parco per un ridimensionamento totale dell?area protetta nell’ordine dei circa 9 mila ettari. Il provvedimento è stato motivato con la necessità di andare incontro alle popolazioni che da anni chiedono la rivisitazione del perimetro del Parco: tuttavia stupisce il fatto che la giusta volontà di raccogliere il consenso e la partecipazione popolare determini una risoluzione di questo tipo senza attendere la prossima approvazione del Piano del Parco che potrebbe fornire una valutazione più obiettiva sull?opportunità di escludere o meno dal perimetro quei territori.
La delibera per l??l?abbattimento selettivo? dei cinghiali rappresenta un fatto assai grave. Con questo provvedimento di fatto viene riaperta la caccia all?interno del Parco del Pollino. Il problema dei cinghiali, specie in soprannumero e dannosa per l?agricoltura va risolto, nel Pollino come nelle altre aree protette, con altri metodi, in primo luogo le catture che potrebbero anche determinare un indotto rilevante per quanto riguarda la lavorazione, la commercializzazione ed il consumo della carne e degli altri derivati.
I progetti di realizzazione di parcheggi in alta quota, nel cuore del Parco costituiscono anch?essi una minaccia per la protezione dei valori naturalistici e ambientali dell?area. Si tratta di scelte fondate oltre che sull?assenza di un?idea di tutela e conservazione, anche su una concezione errata di valorizzazione turistica sia dal punto di vista dell?impatto ambientale che su quello delle ricadute economiche, in un contesto in cui, tra l?altro, i centri urbani vedono mortificato il loro essenziale ruolo di smistamento e produzione di servizi turistici.
Altra questione preoccupante per il territorio del Parco è quella legata alla riattivazione, prevista fra 5 mesi, della centrale elettrica del Mercure convertita a biomasse. Ci preoccupa soprattutto il fatto che il tipo di centrale previsto è di una potenza tale, 35 MW, che per la sua alimentazione richiederà certamente l?importazione di combustibile, annullando i vantaggi energetici che una fonte rinnovabile come questa potrebbe garantire. Legambiente è favorevole all?uso delle biomasse ma solo se esse provengono dal territorio in cui è ubicato l?impianto e residuano dalle attività di lavorazione e manutenzione forestale oltre che da colture energetiche dedicate opportunamente scelte nel tipo e nell?estensione. Pertanto anche l?impianto dovrà essere di potenza limitata, tarato sulle effettive e dimostrabili capacità di produzione di biomassa del territorio.

Legambiente ritiene che il Parco del Pollino sia un?area troppo importante oltre che per le sue valenze intrinseche anche come punto di riferimento per le politiche di tutela e conservazione di una regione come la Basilicata che stenta ad individuare nel sistema dei parchi e delle aree protette regionali la vera occasione di sviluppo per le aree interne. Per questo motivo non possiamo tollerare che il Parco Nazionale del Pollino possa subire degenerazioni tali da trasformarlo in un ente dannoso per l?ambiente e utile solo a perseguire interessi clientelari.