A pochi giorni dall’annuncio dei copiosi finanziamenti stanziati dal Cipe a favore delle risorse idriche lucane (circa 91 milioni di euro nell’ambito della Legge Obiettivo), una nuova notizia, stavolta di segno opposto, interessa l’acqua della Basilicata. Nove impianti di depurazione, infatti, sono stati sequestrati nel corso di un’operazione in difesa dell’ambiente condotta dai carabinieri martedì scorso, 21 dicembre, in diversi centri alle porte del Capoluogo. Undici i comuni coinvolti: Acerenza, Albano di Lucania, Campomaggiore, Brindisi di Montagna, Oppido Lucano, Pietragalla, Pietrapertosa, Castelmezzano, San Chirico Nuovo, Trivigno e Tolve. Ventinove, invece, le persone, tra cui amministratori, tecnici ed imprenditori, denunciate per vari reati contro l’ambiente. Sotto accusa le attività di smaltimento delle acque reflue, che venivano riversate nei fiumi e nei torrenti della zona senza essere preventivamente depurate ed in assenza dell’autorizzazione da parte della Provincia prevista in questi casi.
L’operazione, condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Potenza sotto la guida del Maggiore Nazareno Zolli, è il coronamento di circa otto mesi di indagini effettuate dalla Compagnia di Acerenza e dagli uomini del Nucleo Operativo che, agli ordini del Capitano Domenico Baldassare e del Luogotenente Vincenzo Anobile, hanno evidenziato "una scarsa attenzione per l’ambiente", soprattutto a scapito dei corsi d’acqua, anche in zone particolarmente sensibili come il Parco Regionale "Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane". Secondo quanto contenuto nelle ordinanze di sequestro, ad Acerenza sarebbe stato inquinato il torrente Varcaturo ed alcuni terreni privati, ad Albano di Lucania i reflui finivano nel fiume Basento, a Campomaggiore nel torrente Carnaleta ed in alcuni fondi privati e a Brindisi ancora nel fiume Basento. Ad Oppido Lucano le acque non depurate confluivano nei terreni adiacenti il fiume Bradano inquinato, anche, dall’affluente "Torrente Rosso" nel comune di Pietragalla. Nel Parco di Gallipoli Cognato le infrazioni riguarderebbero il torrente Caperrino, nel territorio comunale di Pietrapertosa, ed il Torrente Vitticelle Caperrino a Castelmezzano. Danni alle colture in alcuni terreni agricoli privati si registrerebbero, ancora, a San Chirico Nuovo dove risulta coinvolto anche il Torrente Fiumara di Tolve, mentre a Trivigno protagonista è di nuovo il fiume Basento. Unico centro in cui non sono stati denunciati gli amministratori è Tolve dove, però, le acque provenienti dal mattatoio comunale venivano immesse, senza l’autorizzazione del sindaco del paese, nella rete fognaria finendo per contaminare il vicino torrente Castagno.
Da qui la decisione di procedere al sequestro degli impianti di depurazione di Acerenza, Albano, Brindisi, Oppido, San Giorgio e San Nicola a Pietragalla, di Pietrapertosa, San Chirico Nuovo e Tolve. Nella maggioranza dei casi si tratta di anomalie nel funzionamento degli impianti da cui dipendevano gli sversamenti illegali nei fiumi e nei torrenti mentre, per Acerenza e San Chirico Nuovo, le strutture non erano ancora entrate in funzione. Nel mirino delle forze dell’ordine anche i titolari di alcune ditte di depurazione per cui si avanza l’ipotesi di aver realizzato discariche abusive per lo smaltimento dei fanghi derivanti dalla loro attività lavorativa, o di aver immesso fumi nell’atmosfera senza autorizzazione. Oltre agli impianti, infatti, gli uomini dell’arma hanno provveduto a porre sotto sequestro circa 70 chilometri quadrati di terreni, per un valore che supera i due milioni di euro, e ad elevare contravvenzioni per più di 130 mila euro.