Sembra sempre più vicino il licenziamento dei 331 lavoratori ex Lsu del Parco nazionale del Pollino, stabilizzati con la società “Duemila”, il cui progetto sarebbe finanziato dal Parco solo fino alla fine di novembre.

Ecco i fatti. Era il 23 novembre quando il Presidente dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, Francesco Fino, tramite un laconico comunicato faceva sapere, ai Prefetti di Potenza, Cosenza e Matera, ai Ministeri del Lavoro, dell’Ambiente e degli Interni, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai presidenti delle Regioni Basilicata e Calabria che “la sede dell’Ente Parco è stata presidiata dai 331 lavoratori ex socialmente utili, per una forma di protesta per la minacciata definizione del rapporto di lavoro, messo a rischio dalla mancanza di risorse finanziarie necessarie per la prosecuzione del progetto”.
Il Presidente Fino, inoltre, ha volutamente marcato “la forte preoccupazione che l’attuale presidio possa sfociare in occupazione o in altra forma di contestazione stante la tensione crescente tra i lavoratori”.
Il presidio era stato deciso dai lavoratori e dai sindacati in seguito al rinvio dell’incontro previsto al Ministero del Lavoro.
Quindi, un licenziamento collettivo proprio inevitabile per i 331 lavoratori la cui posizione lavorativa è coperta soltanto fino al prossimo 10 dicembre?

”Il tempo è scaduto – ha affermato in una nota Matteo Mosca, della Filcams Cgil della Basilicata – e i lavoratori sono ormai sull’orlo del baratro nel quale rischiano di precipitare irreversibilmente. Un atto di responsabilità da parte di tutte le istituzioni aprirebbe uno spiraglio alla flebile speranza. Si deve cambiare immediatamente registro nel governo di questo progetto: i soggetti istituzionali devono attivare ogni forma di iniziativa per sostenere le attività e individuarne altre”.
”E’ indispensabile – chiede ad alta voce la Cgil – riportare intorno al tavolo ministeriale tutti i soggetti firmatari della convenzione”, cioè, il Ministero del Lavoro, le due Regioni Basilicata e Calabria e lo stesso Ente Parco. Gli enti si sono impegnati a co-finanziare il progetto e bisogna ora passare dagli impegni all’attuazione.

Ma le contraddizioni sociali, a volte, lasciano con l’amaro in bocca soprattutto quando a beneficiarne sono i soggetti forti a scapito di quelli deboli. La Basilicata anche in questo, purtroppo, non fa nessun’eccezione.

Infatti, sempre nella nostra regione, si è dato recentemente il via al bando per la creazione di imprese ecocompatibili nell’area della Val D’Agri. Ovvero, per piccole e medie imprese di nuova costituzione nella forma di società di persone, società di capitali, cooperative, ditte individuali le quali opereranno prevalentemente nei seguenti ambiti: gestione sistemi ambientali; erogazione servizi ambientali; realizzazione di prodotti a basso impatto ambientale che permettano il recupero di materiali naturali e di scarto, sia urbani che di produzioni industriali e artigianali e il loro impiego produttivo ed economicamente vantaggioso allo scopo di limitare l’impatto ambientale.

Iniziativa senz’altro lodevole che non risparmia, però, una riflessione. La Val D’Agri è la stessa zona in cui, attraverso le trivelle, si sta danneggiando profondamente e irrimediabilmente l’ambiente e tutto ciò che in esso vive. A tale proposito, il finanziamento delle aziende eco compatibili rappresenta un rigurgito di coscienza?
Tali iniziative potranno essere finanziate fino ad esaurimento dei fondi pari a 810.000 euro. Non noccioline, appunto.
Forse sarebbe più giusto impegnarsi, dal lato istituzionale, per trovare i soldi anche per i 331 lavoratori (e relative famiglie) del Pollino che di certo, in attività eco compatibili, già possiedono una discreta esperienza.

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