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Il paesaggio in Scotellaro

Uno degli elementi presenti nella poesia di Scotellaro è il paesaggio. A volte fa da sfondo, altre volte è protagonista, ma come lo legge il poeta nelle differenti circostanze esistenziali?
Troviamo paesaggi o panorami? Come e quanto incide l?ambiente nella vita dello scrittore?

Tutti parlano di paesaggi, ma pochi riescono a cogliere l?ambivalenza dialettica che lo contraddistingue. Il termine è ambiguo, infatti, da una parte si riferisce a ciò che oggettivamente arriva ai nostri sensi come spazio naturale nei suoi molteplici aspetti morfologici, dall?altro si lega sensibilmente alla nostra capacità di ?leggervi dentro?. Si passa così dal momento ?fattuale? all?interpretazione personale del paesaggio stesso.
E il panorama?
Il concetto di panorama è più generico; in esso si esalta un formalismo figurativo legato soltanto alla percezione estetica. Il pittore descrive panorami, il poeta, invece vive e rivive paesaggi.
Nelle poesie di Scotellaro, non troviamo configurazioni formali di spazi che individuano panorami, ma siamo dinanzi ad una natura che con i suoi colori, odori e sapori vive e convive con il messaggio poetico.Non è un paesaggio ?diretto?, statico, sempre uguale a se stesso, ma c?è un tempo che gli dà vita, c?è un prima e un poi.

?Sono fresche le viole dei mandorli
i muri piovono acqua sorgiva
si scelgono la comoda riva
gli asini che trottano leggeri.
Le ragazze dagli occhi più neri
montano altere sul carro che stride,
marzo è un bambino in fasce che già ride?

tratto da ?Le viole sono dei fanciulli scalzi? (1948)

In ?Avrei voluto?, tratto dalla raccolta ?Margherite e rosolacci?, invece il paesaggio in un certo senso, passa in secondo piano ;il poeta è distratto da altro, dalla sua donna.
[?] ?Mi hai fatto vedere i posti
dove ti portavano a passeggiare,
la finestra nel cortile [?]

Il poeta è distratto, non a caso, usa il verbo vedere e non guardare. In quel momento non gli interessa leggere il paesaggio, lo ha soltanto visto e quindi non letto a fondo perché ha solo occhi per l?amata; forse per l?ultima volta.
Il paesaggio è anche cultura nel senso che nel corso dei tempi si è modificato, l?uomo lo ha cambiato ed adattato ai propri bisogni.
Scotellaro nota che ancora la cultura lucana è lontana dalle accelerazioni della modernità, continuano ad esistere dimensioni di vita e forme arcaiche, di sedimento popolare.
Il poeta è combattuto tra la sicurezza che gli dà il proprio paese e l?esigenza di andar via. Ad un certo punto, infatti, saluterà la propria terra, d?altronde sono tanti coloro che devono cercare altrove, nelle città, di che vivere.
Il paese limita tanto, ma la città ti stritola, questa l?osservazione di fondo in ?La città mi uccide?.
?Datemi pure a mangiare il pane della questua
nero indurito, ho tanta voglia di lavorare.
Si son mangiati i miei calcagni
Queste strade d?asfalto dure a pestare?

In città, il paesaggio che si presenta agli occhi è completamente diverso dalla sua umile terra.
Non vede altro che un denso impasto di modernità, merci, vetrine, cartelloni, neon.

?Era nel vento una pioggia di piccoli prezzi
sulle immobili merci delle vetrine.
Sfolgorava sui cartelloni gente
che usciva quella volta dall?incognito
e io che minuzzavo alacremente
la cronaca viola dei miei passi perduti.
Oh stanco appendermi lo sguardo
alle luci al neon infinite
[?] Bari, Napoli, Roma, Milano
i fiori, gli uccelli, la donna
qui si comprano
e io cammino con la mano al cuore
perché a forza potrebbero rubarlo?.

?La città mi uccide, in E? fatto giorno, 1982

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