“Avrei Voluto”
La poesia ?Avrei voluto? è stata pubblicata nella raccolta ?Margherite e rosolacci?, ma nell?edizione curata da Franco Fortini nel 1974, compare con il titolo ?Sera a Parma?.
?Avrei voluto vivere più a lungo
quella sera di Parma al di là dell?Acqua.
Presi gli appunti sulla tua città,
splendidi, ma li ho dimenticati
nella cenere del viaggio di addio.
Sei tanto lontana dal mio Sud
dove sconfitto me ne sono tornato
dopo l?ultima cena.Mi vuoi bene,
proprio, tu che crescesti senza mamma dalle Orsoline?
Mi hai fatto vedere i posti
Dove ti portavano a passeggiare,
la finestra nel cortile:tu guardavi
i ragazzi giocare a pallone sulla via?.
In pochi versi si delinea un ?frammento? esistenziale denso di profondi significati e sensazioni.
Parlo di ?frammento? poiché non si tratta di un percorso lineare, ma di un ?pezzo? di vita che s?inserisce in un tutto ed ha senso solo all?interno di esso e non isolatamente.
I versi iniziali, ?avrei voluto?? rimandano ad un desiderio insoddisfatto.
Mi chiedo:perché Acqua viene presentato in lettera maiuscola?
Potrebbe essere la parola-chiave di tutta la poesia; un?acqua che ha unito e ossigenato un profondo legame d?amore, ma che in un istante, come trasportato da un fiume, si perde scomparendo.
Scompare, ma non muore, continua ad esistere altrove in forme diverse.
Amore, passione, amicizia, possono mai essere cancellate dalla distanza?
No, non c?è distacco che vi riesca; esso può sfumarne i contorni ma non eliminarli.
Vittoria è ?un?amica del caso?, ma diventa l?Amore di sempre.
Chi è questa donna di cui s?innamora il nostro scrittore?
Si tratta di Vittoria Botteri, studentessa di Lettere a Milano e figlia di Giuseppe Botteri, sindaco di Parma entrato in carica il tre marzo 1948.
L?incontro tra i due giovani (avvenuto per caso a Rimini), è subito reciprocamente segnato da simpatia , ma entrambi sono consapevoli di portare avanti una storia difficile da gestire; la distanza e soprattutto il fatto di essere cresciuti in due realtà differenti e difficili da conciliare, li avrebbe condizionati inevitabilmente portando ad una repentina fine il loro rapporto.
Qualcosa li allontana e ricorda loro che è ora di andare.
?Ce ne dovevamo andare?
Tu non te ne volevi più andare,
contammo le luci dell?anfiteatro
deboli occhi attorno a noi.
Per i densi profumi della menta
Levandoci dicesti:
-Lascia che guardi ancora questo posto-.
E come lo dicesti
I capelli ti scesero sul viso.
Ce ne dovevamo andare
Perché nascemmo altrove [?]
E? davvero significativo il fatto che si organizzino convegni per rendere omaggio alla memoria del nostro scrittore.
Scotellaro nell?immaginario collettivo si lega alla civiltà contadina, è giustissimo, ma non bisogna fermarsi qui. In lui c?è una profonda inquietudine che nasce da ragioni esistenziali e lo porta a fare riflessioni profonde sulla realtà.L?originalità di Scotellaro si coglie nella novità dei suoi scritti. Vive fortemente il contrasto tra gli affanni metropolitani ed la quiete della campagna ed è costantemente alla ricerca di un linguaggio nuovo perché è sempre nuova e diversa la realtà che gli si profila dinanzi agli occhi e a cui deve pur dare una voce.La sua poesia si lega al mondo onirico e in essa c?è una tensione lirica interrotta da pause e riprese.
Cosa significa per Scotellaro scrivere?
Scrive certamente non per conquistare il mondo in maniera eclatante, ma per lasciare una traccia che ciascuna leggerà ed interpreterà in modo differente.
?La vita è una storia, ma da farla, il mondo è un passaggio. Passando per il mondo bisogna lasciare la propria traccia. Ammetto che Dio è passato per il mondo e anche noi passiamo in male e in bene. Può darsi che dopo morto il male può diventare bene.? (Contadini del Sud)