Novembre 2003. La Lucania si ferma e costringe il governo a una clamorosa ritirata su uno dei progetti più discussi della recente storia italiana: la costruzione di un deposito per scorie nucleari nell?area di Scanzano Jonico. Il deposito avrebbe dovuto ospitare le scorie degli impianti nucleari definitivamente chiusi dopo il referendum del 1987, che sanciva il ?no? della popolazione italiana allo sfruttamento dell?atomo per ricavare energia. Con una mossa improvvisa, venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, giorno 18 novembre 2003, il decreto numero 314, che individuava all?articolo 1 Scanzano Jonico come sito del deposito nazionale di scorie nucleari. Scatta subito una mobilitazione che coinvolge tutto il tessuto sociale e amministrativo lucano e delle regioni limitrofe, come la Calabria.
Il progetto del deposito avrebbe portato l?ennesimo danno a lungo termine al Sud dell?Italia: problemi che non vengono più accettati dalla popolazione con passività o rassegnazione. A questo proposito è molto interessante l?elaborazione sul ?pensiero meridiano? fatta da Franco Cassano, docente di sociologia della conoscenza e sociologia all?Università di Bari: l?esigenza alla base del ?pensiero meridiano? è quella di una lotta contro ?il fondamentalismo dell?economia? che pretende si subordinare il benessere del pianeta al profitto. Una lotta di coscienza contro un processo di sfruttamento che avviene in maniera vistosa ma difficile da contrastare: l?esperienza collettiva della partecipazione alle scelte, come è avvenuto in Lucania nel caso di Scanzano, è fondamentale per una progettazione armoniosa dello sviluppo, soprattutto in regioni che hanno una storia di arretratezza e soprusi.
La grande mobilitazione lucana ha dimostrato che la coscienza civile di un popolo può essere più forte delle intenzioni di un governo: Scanzano ha fatto scuola, venendo anche indicata da parte di organizzazioni antinucleari come modello di azione pacifica e determinata nel corso del forum sociale mondiale di Mumbay. La protesta è andata avanti grazie ad un blocco pressoché totale del sistema dei trasporti della regione. Ben 12 i blocchi stradali: Terzo Cavone, Metaponto, Lagonegro, Grassano, Grottole, Pomarico, Matera, Ferrandina, Pisticci, Craco, Nova Siri e Tavole Paladine.
Ciò che stupisce è l?unità con cui la popolazione si è opposta al progetto, fino a costringere il governo a cambiare idea e a rimandare il problema.
Uno spirito di lotta e coscienza civile che sembra sempre più spesso alla base delle proteste in molte regioni meridionali: le proteste contro la costruzione del Ponte di Messina vanno avanti da molto tempo, e solo qualche giorno fa è arrivato l?annuncio che le cordate di imprenditori che parteciperanno alla gara per l?incarico di ?General Contractor? avranno tempo fino al 27 Aprile 2005 per presentare un?offerta. Una situazione molto delicata: il Ponte sullo Stretto, oltre a presentarsi come un?opera faraonica, suscita preoccupazioni di tipo ambientale fortissime, dovute all?impatto della costruzione sulle due sponde, quella calabra e quella siciliana. Ancora una volta alla proteste i media principali dedicano pochissima attenzione: un fatto che non diviene notizia non esiste, e l?argomento ?Ponte sullo Stretto? è debole, mentre gli appalti e, soprattutto, le proteste proseguono.
Altra situazione molto grave e poco discussa: pochi giorni fa è stato bloccato, in seguito all?intervento del governo, un tentativo del governo siciliano di rendere legale una forte cementificazione delle Isole Eolie, con progetti per la costruzione di nuovi alberghi e porti. Per la realizzazione di uno di questi ultimi sarebbe addirittura stato necessario ?spostare? una spiaggia fra le più belle dell?arcipelago, quella di Stromboli.
Allora, a un anno di distanza da Scanzano, celebrare serve solo a ricordare l?importanza di una lotta. La vera lezione, anche secondo chi c?era, ai posti di blocco contro il sito per le scorie, è avere imparato l?importanza della partecipazione e della coscienza civile, primi passi verso una democrazia realmente partecipativa.