La famiglia felice del Mulino Bianco, uno dei marchi più noti del colosso emiliano Barilla, non è più così felice. La Barilla, l’unica grande impresa dell’agroalimentare italiano rimasta sulla scena dopo i crac di Parmalat e Cirio, è alle prese con una riconversione industriale che sta interessando l’attuale struttura produttiva nazionale. Il programma industriale prevede la chiusura dello stabilimento di Matera ed il licenziamento dei suoi 220 dipendenti, la chiusura del mulino di Termoli (22 dipendenti) e del centro ricerche di Foggia (altri 24). L’obiettivo è quello di ricercare e raggiungere un nuovo e più efficiente modello industriale forte dei circa 160 milioni di euro da investire nel solo settore della pasta di semola. Un modello, questo, non condiviso dai dipendenti. Nei giorni scorsi, infatti, azienda e dipendenti sono arrivati ai ferri corti con uno sciopero che mancava dal lontano 1996. La protesta, scaturita anche dalle annunciate chiusure al Sud, ha riguardato gli stabilimenti di Pedrignano e di Rubbiano, il cuore della galassia aziendale vicinissimo alla casa madre, ed ha fatto registrare un record in fatto di adesione: 1859 lavoratori sui 1860.

Al centro dell’attenzione c’è la mutata strategia dell’azienda, una svolta avvenuta già quattro anni fa. Fino al 2000, infatti, la scelte di Barilla sono state improntate ad una crescita attraverso i prodotti. Da allora, invece, si è puntato sulle acquisizioni. Sulla vicenda è intervenuto il presidente del gruppo emiliano, Guido Barilla, che ha spiegato le proprie ragioni sulle pagine del settimanale di approfondimento economico del Sud Italia CorrierEconomia, legato al quotidiano diretto da Marco Demarco Corriere del Mezzogiorno, in edicola con il Corriere della Sera. “Vogliamo crescere”, ha dichiarato il Presidente, “uscire dai confini nazionali e giocare da protagonista sui mercati internazionali. Il 29 ottobre abbiamo presentato un piano industriale. Sono previsti investimenti e razionalizzazioni. Siamo disposti ad occuparci con i sindacati delle singole posizioni. Ma il piano non si tocca. In gioco c’è il nostro futuro e il nostro progetto di crescita, che va dalla Svezia alla Francia, dagli Stati Uniti alla Germania”. E proprio in Germania Barilla ha acquistato Kamps, la più grande azienda produttrice di pane al mondo. Un’operazione che lo stesso presidente Barilla ha definito come “un’occasione unica, da non perdere per crescere”. Critica, invece, la posizione dei sindacati. Secondo Pier Antonio Mattioli, Segretario Generale della Flai-Cgil di Parma, “l’azienda ha cambiato politica di sviluppo. Il nostro timore è che in Italia non si investa più. L’ultimo accordo, datato 2003, prevedeva un impegno di investimento per 500 milioni di euro ma non siamo andati oltre gli annunci. C’è il rischio”, ha concluso Mattioli, “che venga presentato ai lavoratori italiani il conto delle acquisizioni fatte all’estero”.

“Un pericolo che non esiste”, replica Guido Barilla, “in primis perché le quattro società che compongono la holding Barilla” (capaci nel 2003 di un fatturato di circa 4435 milioni di euro) “hanno soci diversi e bilanci diversi. E poi perché Kamps ha avviato una strategia di ristrutturazione finalizzata a produrre utili”. Una vicenda che si intreccia anche con il futuro dello stabilimento di Matera. “La chiusura di Matera”, ha però precisato Barilla, “non c’entra nulla con Kamps. Matera si chiude perché è un impianto vecchio, obsoleto, nel centro della città e inespandibile. Un impianto diseconomico. Avremmo chiuso Matera”, ha continuato, “anche se non avessimo acquistato Kamps”. Sul fronte investimenti la posizione dei vertici aziendali è netta. “Il piano prevede 160 milioni pronti da spendere. Molti andranno al Sud: 40 milioni tra Caserta e Foggia, 20 milioni per una nuova linea di produzione a Foggia e 25 per il nuovo mulino di Predignano, che sarà uno dei più grandi al mondo”. L’obiettivo dichiarato sembra dunque essere quello di installare capacità produttiva per essere competitivi e per svilupparsi e “non”, conclude Barilla, “per tirare i remi in barca”.

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