Uno dei dati che nessun economista mai potrà obiettivamente contestare è l’evidente ed inarrestabile calo dell’occupazione nell’ambito della grande industria. In appena 4 anni, sono 78 mila gli operai lasciati a casa dal settore. Ben 15 mila nei primi tre mesi di quest’anno. Ancora nel 2000, erano 496 mila le “tute blu” in Italia. Oggi, sono 418 mila. Un calo che rappresenta l’80% circa di tutti i posti persi (circa 100 mila) nelle grandi imprese industriali dal 2000 fino a marzo di quest’anno. Secondo le statistiche, nel 2000 gli operai occupati nella grande industria erano circa 496 mila. Già nel 2003, erano scese a 432.760 e a marzo 2004, a 418.000. Il totale dei dipendenti delle grandi industrie è sceso, negli stessi anni, da 855.000 a 755.000. A dire il vero, la tendenza futura è anch’essa non delle più rosee.

La Basilicata, anche in questo, non fa eccezione. Anzi.

La Barilla ha giusto di recente dichiarato che, a causa del varo del nuovo piano industriale, chiuderà lo stabilimento localizzato a Matera entro il 2005. Questa la comunicazione diretta, fredda e senza possibili errori di interpretazioni, riferita dall’azienda ai 120 lavoratori della fabbrica, ai sindacati, alla città di Matera. Innalzato il consueto coro di proteste politiche e sindacali, oltre che di legittime lamentele di cittadinanza, si cercherà in ogni modo di salvare il salvabile. Oltre allo stabilimento materano, si prevede anche la chiusura del Mulino di Termoli ed il trasferimento del Centro ricerche da Foggia a Parma, dichiarando, altresì, la sospensione delle flessibilità e degli straordinari. La linea della pasta verrà trasferita a Foggia e Caserta.

Se Matera piange, Melfi non ride. Pare, infatti, che la Fiat abbia nuovamente comunicato alle rappresentanze sindacali unitarie dello stabilimento di Melfi una nuova settimana di cassa integrazione, dal 29 novembre al 4 dicembre. Per la terza volta nel 2004 lo stabilimento di Melfi della Fiat si fermerà per una settimana di cassa integrazione guadagni ordinaria per tutti i 4.952 addetti a causa della nefasta situazione del mercato dell’automobile in Italia. La decisione della casa torinese, infatti, si aggiunge a quella già decisa dall’1 al 6 novembre e a quella già effettuata nel mese di agosto.
La posizione del sindacato dei metalmeccanici della Uil, la Uilm, fa rilevare il forte stato di preoccupazione che riversa sulla situazione del mercato automobilistico italiano. In particolare, si denuncia la possibilità, assai poco velata, che lo stabilimento lucano Fiat e il suo relativo indotto non rappresenti più un impianto strategico ai fini della politica aziendale.
E dal 2005 un’altra pesante tegola si abbatterà sulla testa delle maestranze. Ovvero, quando sarà effettivo il trasferimento a Termini Imerese nel 2005 della “Lancia Y”, attualmente prodotta proprio a Melfi, insieme alla nuova “Punto”. Decisione non ancora motivata sotto il profilo prettamente produttivo.
Lo stabilimento di Melfi della Fiat ha cominciato la produzione nel gennaio 1994, in particolare, di vetture di media cilindrata appartenenti al cosiddetto “segmento B”. Purtroppo, dopo le tante vicissitudini abbondantemente riportate e discusse e dopo i milioni di euro di provenienza statale giunte nelle casse dell’amministrazione Agnelli, già ci si chiede su quale sarà il suo futuro, a distanza di dieci anni dalla sua costituzione. Un’altra contraddizione tutta italiana?

Per ridare competitività si potrebbero vagliare seriamente molte possibilità: investimenti per innovazione, ricerca e formazione, ma, soprattutto, chiudere una volta per tutte con gli aiuti a pioggia e cercare di canalizzare l’intervento dello Stato verso quelle realtà imprenditoriali che riescono a garantire, nel tempo, costanza e volontà di ampliare la propria area produttiva, investendo e creando lavoro.

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