Il primo problema è strettamente legato alle precipitazioni medie annue che in Basilicata sono piuttosto disomogenee. Nei pressi del Monte Sirino, in un area che comprende i comuni di Lagonegro e Lauria le precipitazioni superano anche i 2000 mm/annui per poi scendere bruscamente in direzione NE, verso la Puglia. Il tratto comprendente il Medio- Basso Basento e quasi tutto il bacino idrografico del Bradano, le precipitazioni medie annue sono dell’ ordine di 750 mm/annui. Ancora più bassi sono i valori medi nella pianura metapontina: circa 500 mm/ annui, con temperature estive che raggiungono i 35-40°C. Questo ci indica che la Basilicata comprende indici di piovosità con caratteristiche prettamente nord europei a indici poco superiori a un ambiente desertico.
Grazie alle magggiori piovosità e nevosità presso le sorgenti dei fiumi Agri e Sinni, le loro portate liquide maggiori e più uniformi. Al contrario i fiumi Cavone, Basento, Bradano presentano un regime torrentizio molto più accentuato, minimi drastici a luglio e agosto e pericolose piene nei mesi invernali. Ad accentuare il carattere torrentizio di tali fiumi sembra anche contribuitre la natura geologica dei terreni. Il fiumi Bradano, ad esempio scorre quasi interamente fra le colline argillose talora sabbiose-siltuose dell’ Avanfossa Bradanica. Questi sono terreni di natura sono di natura impermeabile e facilmente erodibili accentuando il carattere torrentizio di questi fiumi.
Oltre ai fattori naturali sfavorevoli, altri problemi contribuiscono ad accentuare il disordine dei bacini idrografici. Dalla fine dell’ 800 con l’ avvento della riforma fondiaria vi fù un intenso disboscamento delle montagne lucane, ai fini di recuperare vaste aree da utilizzare per scopi agricoli e per il commercio del legname (Cotecchia et al, 1971, Cocco 1975, Cocco et al, 1975, Amore et al, 1975). Circa 138.000 ettari di boschi oltre a un ulteriore riduzione nel secolo successivo che ridusse di ben 50% il territorio boschivo lucano.
A partire dagli anni ‘ 60, quando la ricchezza era valutata in termini di risorse che la regione poteva offrire si manifestò la necessità di disporre di enormi quantità di acque per scopi agricoli, civili e industriali. La risposta è stata la costruzione di una serie di dighe e sbarramenti in tutte le aste fluviali lucane fatta eccezione del solo fiume Cavone. Oggi di dighe e sbarramenti minori se ne contano ben quindici di cui tre con capacità superiore ai 100000 mc (Mastronuzzi, 1996). La costruzione di queste grandi opere pur avendo portato un innovativa agricola iniziale, ha causato numerosi problemi ambientali. Non va dimenticato le dighe artificiali e sbarramenti occorre una serie di manutenzioni periodiche e costose per evitare il degrado e mantenere l’ efficenza delle stesse.
A quanto sembra in Basilicata questo non è avvenuto: nel corso degli ultimi 20 anni, milioni di mc di inetri sono rimasti intrappolati sui fondali delle dighe sottraendoli al naturale ripascimento dalla costa ionica, causando in tal modo un bilancio deficitario e una conseguente erosione delle coste nettendo in pericolo l’ economia turistica di tutta l’ area. Non sono mancate polemiche quando, a causa della concessione di acqua alla regione Puglia i fiumi Agri e Sinni non scorrono più nel loro alveo naturale ma in una serie di saracinesche e intreccio di tubature causando l’ inevitabile degradado del paesaggio naturale oltre a un impatto visivo non piacevole.
Come se non bastasse, l’ avvento del calcestruzzo ha comportato un intenso prelievo di inerti dai corsi d’ acqua oltre che dalle dune costiere. Abbiamo più volte precisato che in totale nel periodo 1975- 1992 sono stati prelevati ben 35 milioni di mc di inerti, tenendo presente che le cifre reali sono dalle cinque alle dieci volte superiore a quelle dichiarate (Spilotro et al, 2000). Queste manomissioni dell’ uomo hanno contribuito a indebolendire le difese naturali dei fiumi, deteriorandoli, accentuando la capacità di distruzione e il pericolo di esondazioni soprattutto nelle aree pianeggianti causando distruzione oltre ad aumentare il pericolo per vite umane.