In questi giorni il Gruppo Barilla ha presentato ai sindacati il nuovo piano industriale, un bel regalo di Natale, un pacco con i “controfiocchi” per non usare mezzi termini. Chiuderanno i battenti: lo stabilimenti di Matera, il Mulino di Termoli. Il centro ricerche sarà trasferito da Foggia a Parma e dulcis in fundo, circa 162 lavoratori saranno licenziati in tutto il Sud Italia.
I sindacati non hanno perso occasione per indire un nuovo sciopero di protesta e rinfrescare la memoria a chi lo scorso anno ha deciso di siglare un accordo che prevedeva il mantenimento di tutti gli stabilimenti del meridione.
Lo stabilimento Barilla di Matera, in cui oggi lavorano 120 persone, chiuderà i battenti il primo gennaio 2006: per Cgil, Cisl e Uil di Basilicata questa scelta conferma il malessere e le difficoltà i cui versa il sistema produttivo italiano con i rischi conseguenti che a pagarne le conseguenze sono le realtà più deboli del Paese.
Nel resto dell’Europa le cose non vanno poi diversamente. La produzione locale è sempre in crisi, si cercano nuove vie d’uscita: si spostano gli stabilimenti, si licenziano gli operai e così nuovi disoccupati si sommano alle lunghe liste dei lavoratori in cerca di nuova attività.
La parola chiave dell’autunno è “delocalizzazione”, lo ha dichiarato un settimanale francese “Alternatives Economiques”. Si sta diffondendo un fenomeno abbastanza preoccupante: molte imprese stanno trasferendo i propri stabilimenti verso i paesi dove i costi di produzione e la manodopera sono meno cari. Molte grandi aziende, come Bosch e Sediver, hanno minacciato di traslocare verso l’Europa orientale se i dipendenti non accetteranno un aumento della produttività.
Una corsa al risparmio e questi fenomeni di contrazione non hanno risparmiato il territorio di Matera. La Barilla ha motivato i recenti provvedimenti con la mancata crescita delle vendite, con la forte concorrenza creata da altri gruppi industriali meridionali e la necessità di ridurre i costi.
La chiusura degli stabilimenti è una scelta ingiusta e dannosa per la Basilicata, devastante sotto il profilo produttivo e sociale. Non si può accettare che la Barilla, dopo aver acquisito il sito di Matera, uno degli stabilimenti più competitivi nella produzione della pasta, e una volta recuperato il mercato, in modo unilaterale, con una scelta non condivisa e tutta da verificare sotto il profilo industriale, mette in discussione oltre 120 posti di lavoro, oltre ad una consistente attività indotta, senza alcun confronto con il sindacato e le istituzioni locali.
Il sindaco di Matera Michele Porcari è intervenuto in nota precisando che presto verrà chiesto al Prefetto di convocare un incontro tra le parti per verificare la possibilità d’eventuali soluzioni, le reali condizioni finanziarie del Gruppo e capire se questa decisione possa essere giustificata dai numeri.
E’ strano, tuttavia, che ogni volta che un gruppo industriale entra in una fase di cosiddetta riorganizzazione industriale, i primi a cadere siano gli stabilimenti del Sud e, in particolare, quelli della Basilicata. Se si hanno ancora a cuore le sorti del Mezzogiorno, il Governo e tutte le istituzioni nazionali e locali dovranno impegnarsi per salvare il reddito di 120 famiglie e uno stabilimento che è entrato a far parte della tradizione economica di Matera e della Basilicata. Noi staremo dalla parte dei lavoratori senza se e senza ma.
E adesso andatelo a dire alle famiglie degli operai che: “dove c’è Barilla c’è casa”