A 1320 metri sul livello del mare, sulla cima di uno sperone roccioso a ridosso del Volturino, il Santuario di Monte Saraceno domina la vallata sottostante e colpisce ? come tanti altri piccoli santuari della Lucania – per la sua semplicità, per il silenzio e il verde che lo avvolgono.
Sulle sue origini si hanno pochi dati certi. Si presume che la denominazione di ?Monte Saraceno? derivi da un?antica postazione militare occupata prima dai longobardi ed in seguito dai saraceni, e che proprio nei pressi dei suoi ruderi la chiesetta fu edificata da un gruppo di monaci benedettini.
Si accede al santuario attraverso un breve sentiero, ma secondo un?antica tradizione non si potrebbe entrare in chiesa senza prima aver girato attorno alle sue mura per tre volte cantando nenie e salmi che si rifanno ai tempi dei padri benedettini. All?interno il santuario è spoglio, le pareti sono bianche, quasi a non voler distrarre l?attenzione dei fedeli e dei visitatori dalla ?Caggia?, l?urna di legno che custodisce la statua della Vergine.

La statua è la copia (restaurata dopo il terremoto del 16 dicembre 1857 che l?aveva gravemente danneggiata) di quella antica in legno dorato di stile bizantino custodita dai monaci benedettini ed è venerata da più di otto secoli, soprattutto dai calvellesi e dai marsicoveteresi che si contendono l?onore di portarla a spalla in occasione delle due feste, quella della seconda domenica di maggio ? quando la statua della Vergine viene portata da Calvello al santuario ? e quella tra l?8 e il 9 settembre che vede la Madonna ritornare in paese. Una volta che i riti religiosi che accompagnano il trasferimento della statua da un luogo all?altro hanno avuto termine, ha inizio la parte più ?profana? della festa, con il suo folklore, la musica dei pifferi, degli organetti, delle zampogne, i canti tradizionali, i fuochi dei falò, il vino e le salsicce arrostite.

Numerose sono le credenze fiorite attorno al luogo ed al culto della Vergine: tra le tante, tutte senza alcun fondamento ma non per questo prive di interesse, quella secondo cui l?incavo roccioso sotto il santuario, che il popolo ha denominato ?Grotta dell?Eremita?, sarebbe stato effettivamente un eremo, o quella di un sogno miracoloso grazie al quale la statua sarebbe stata ritrovata dopo essere stata portata in un altro luogo.

Di tutte la più suggestiva è quella che scrutando il viso della statua quando a settembre fa ritorno in paese si possano prevedere il futuro del singolo e quello di tutta la comunità, a seconda che dal volto traspaia ? secondo chi lo guarda – tristezza o serenità. Un segno tangibile, questo, di un legame profondo tra la Madonna del Monte Saraceno e i suoi fedeli, di una devozione che attraversa i secoli e che vede nella Vergine una madre benevola e la protettrice di tutta la comunità.

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