Il territorio della provincia di Matera pare destinata ad un futuro assai incerto caratterizzato da minacce di scorie, tralicci dell’alta tensione, dalla costruzione di centrali elettriche che esprimono una potenza fino a 760 Mega Watt e… da aziende che chiudono i battenti, a meno che lo Stato non rilasci la "paghetta". Su questo sfondo a tinte catastrofiche si riversano 1.200 lavoratori delle industrie chimiche della Val Basento, nel materano.
Si fa notare come, nello scorso semestre, la crescita tendenziale della produzione industriale ha fatto segnare una crescita del 2,4% rispetto allo stesso periodo del 2003. Che cosa significa? Che il dato odierno, poiché si riassume come un trepido segnale di ripresa, non è necessario affinché si possa salvare qualche posto di lavoro. Anzi.
Di certo, le industrie chimiche della Val Basento hanno una storia a parte, fatta d’opportunismo e di menefreghismo (anche politico, oltre che imprenditoriale). Del glorioso polo industriale sorto negli anni sessanta – raggiunse un picco di 6500 unità al lavoro, negli anni Ottanta – sono circa 500 i posti di lavoro a rischio, 250 dei quali sono già in cassa integrazione. Negli ultimi quattro anni, addirittura, sono stati mandati a casa 850 dipendenti. Un baratro con una fine scontata. Le maestranze si stanno organizzando, scendendo in piazza, vogliono protestare di fronte alle sedi di Regione, Provincia e Prefettura e, qualora dovesse ritenersi necessario, raggiungere i palazzi del potere di Roma, al Ministero delle Attività produttive.
Si manifesta per chiedere al ministero delle Attività produttive lo stanziamento di un finanziamento promesso ma che tarda ad arrivare. Infatti, in netta controtendenza con le rigide regole del liberismo, da tutti invocato ma da pochi davvero applicato, che vogliono che lo Stato si tenga alla larga dai ragionamenti del mercato, spesso si dimentica che si dovrebbero tener fuori anche i soldi "statali" al fine di compiere azioni imprenditoriali. Ma è solo una teoria. Di fatto, le grandi industrie si recano solo, ed esclusivamente, dove è possibile ricevere stanziamenti di fondi previsti per il proprio settore di interesse.
Nel caso delle industrie chimiche della Val Basento poi vi è stata un chiaro dirottamento finanziario, effettuato dal Governo Berlusconi, a favore di altri due poli chimici italiani, da situare in Puglia e in Sardegna. Il tutto a scapito del polo lucano, che si è visto prosciugare della linfa necessaria alla propria esistenza.
Opportuno, a questo punto, potrebbe rivelarsi l’intervento della Regione Basilicata che, nei limiti del proprio bilancio, dovrebbe colmare parte del programma inoltrato dal Consorzio Nuova Valsud, che vedrebbe l’inserimento di 281 operai (da prendere tra coloro i quali sono stati messi in mobilità negli ultimi anni).
E’ utile sottolineare come oggi, su scala mondiale, l’informatizzazione e l’automazione dei processi produttivi stia lentamente sostituendo (eliminandola) la classe lavoratrice nei processi di fabbricazione e di movimentazione delle merci e nella fornitura di servizi. Gli impianti moderni realizzati costano meno e rendono di più. Parecchio di più. Andiamo, irrimediabilmente, verso una "società senza lavoro", poiché è soltanto il lavoratore (e il suo costo!) a non essere più necessario alla realizzazione del Prodotto, non certo il lavoro.
Se poi, a tutto ciò si aggiunge che è proprio lo Stato il soggetto che finanzia i maggiori impianti industriali, sollevando le realtà imprenditoriali anche di quest’onere, allora il gioco è fatto. Se poi qualcuno, in maniera maliziosa, volesse insinuare che le azioni dello Stato, quindi, della classe politica governante, sono anch’esse rivolte verso quelle aree elettorali più accondiscendenti, allora….
Per favore, però, non chiamatelo liberismo.