Oggi, guardando il film ?Rocco e i suoi fratelli?, prima pellicola italiana a trattare il tema dell?immigrazione, capolavoro del neorealismo con Alain Delon protagonista, seguiamo le vicende della famiglia lucana dei Parondi a partire dal loro arrivo nella stazione di Milano. La sceneggiatura originale prevedeva invece un prologo girato ed ambientato in Basilicata. Proprio per preparare questo prologo, il regista Luchino Visconti compì un viaggio a Matera e Pisticci sul finire degli anni 50 (il film è del 1960) alla ricerca di luoghi, spunti ed atmosfere. Questo prologo però non fu mai girato per un successivo ripensamento del regista. Fu, dunque, un viaggio inutile?
Lasciamo rispondere lo stesso Visconti, che scrisse come l?esperienza lucana gli aveva ?soprattutto insegnato che il peso dell?essere umano, la sua presenza, è la sola ?cosa? che veramente colmi il fotogramma, che l?ambiente è da lui creato, dalla sua vivente presenza, e che dalle passioni che lo agitano questo acquista verità e rilievo; mentre anche la sua momentanea assenza dal rettangolo luminoso ricondurrà ogni cosa a un aspetto di non animata natura. Il più umile gesto dell?uomo, il suo passo, le sue esitazioni e i suoi impulsi da soli danno poesia e vibrazioni alle cose che li circondano e nelle quali si inquadrano. Ogni diversa soluzione del problema mi sembrerà sempre un attentato alla realtà così come essa si svolge dinanzi ai nostri occhi: fatta dagli uomini e da essa modificata continuamente?. Visconti tra l?altro era giunto in Basilicata a seguito del clamore scaturito dagli scritti di Carlo Levi e Rocco Scotellaro, dunque vi era un forte interesse umano ad ispirarlo.
Con questi cento scatti in bianco e nero di cui si compone la mostra "Visconti e la Basilicata, Visconti in Basilicata", è possibile osservare in presa diretta la genesi dell?opera. E? qui visibile tutto quel sottotesto che nel film non viene mai mostrato, ma cui ogni singola scena si riferisce: la terra natale. Nel film non si vede, quasi nascosta dalla realtà settentrionale in cui i protagonisti vivono, ma invece è sempre presente: nella loro storia, nelle loro azioni, nelle loro pulsioni, finanche nei loro abiti, nella scenografia degli interni. Rimaste per decenni del tutto dimenticate nel Fondo Visconti dell’Istituto Gramsci di Roma, le duecentotrentasei fotografie in bianco e nero inedite, di cui ora Teresa Megale ne ha curato l?esposizione di una parte, svelano il cuore del film, senza mediazioni, come fossero un alter ego della pellicola stessa, mostrandone le fonti d?ispirazione. Quegli scatti, siano dello stesso Visconti o, più probabilmente, del fotografo di scena Paul Ronald, non solo testimoniano la genesi dell?opera; vanno considerati, come nota Bernardi, il "testo occulto" del "testo manifesto".
Per Matera, vi è anche un interesse maggiore, poiché molte istantanee raffigurano la città sul finire degli anni 50: i traini a bordo della strada, le tavole con le forme di pane portate a braccio, l?interno della case, i Sassi ancora in gran parte abitati. L?esposizione, reduce dai successi dell?anno scorso a Potenza e del mese scorso presso il Museo del Cinema di Torino, fa tappa Matera nell?ambito dell?iniziativa Scenarte della Banca Popolare del Materano ed avrà luogo fino al 21 novembre (la mostra ha aperto ieri 18 ottobre) nello Spazio Opera in Piazza Duomo. Quella che viene offerta ai materani è una duplice occasione: non solo rintracciare in queste immagini le radici profonde del film e rievocarne il prologo perduto, ma compiere la stessa operazione con se stessi, cercando in quegli scatti le proprie radici e rievocare quel mondo perduto per sempre.