Con questo detto popolare chiosa l?ultimo manifesto affisso, in tempi non sospetti, dalla nuova amministrazione comunale di Rivello. Uno dei tanti ed inutili. Ho voluto dedicare questo editoriale alle vicende politiche del mio paese, prenderle a modello in una realtà, come quella lucana, dove c?è la radicata tendenza di far poca politica, ma distribuire tante illusioni, rammarichi, strascichi temporali, incompetenze, scarsezze strutturali. Ne è l?esempio tangibile. Il voto di giugno ha portato all?attesa-inattesa vittoria di Aldo Savino, forse l?unico sindaco di Rivello dal 1980, non certo per meriti ma per un amore idolatrico senza fine, quasi morboso, che alimenta buona parte dei rivellesi. Un legame idilliaco che ha rischiato di rompersi cinque anni fa con la nomina a sindaco di Antonio Manfredelli. Una svolta che definimmo storica e che prefigurava il ritorno ad un passato politico che preferisco, ma che di quel passato ha dimostrato già agli albori di non avere né intelligenza, né praticità, né concretezza. Ci sbagliammo ed osammo con i paragoni in tanti. E così, in un ?batter d?urna?, siamo punto e daccapo. Ho parlato di conferma ?saviniana? attesa ed inattesa. Attesa perché il fallimento dell?amministrazione Manfredelli è stato palese. Inattesa perché non pensavo che i cittadini di Rivello fossero dotati di una memoria tanto corta quanto confusa. Ebbene sì.
Ad oggi, le due parti hanno inanellato un serrato confronto non certo in consiglio comunale, quanto sui muri e nelle aule di tribunale (?La Pro Loco è mia, è sua!?), esibendosi in un paradossale scarica barile di responsabilità (?E? colpa tua, è colpa sua!?). Non potevamo cadere così in basso, incontro ad una spersonalizzazione dell?essere misurati e critici, del fare politica per un bene comune, collettivo. Da un lato siamo di fronte alla più acuta arroganza e presunzione di aver agito correttamente e con idee illuministiche; dall?altro assistiamo alla eco di un?investitura quasi di-vina. In realtà, le due correnti di pensiero distorto non sono per niente dissimili. L?ultimo quinquennio di malgoverno ha dimostrato che è possibile tentare la realizzazione di cave dai guadagni milionari o spendere soldi pubblici con eccessiva generosità, anche in un periodo di vacche magre. Il quinquennio appena cominciato, invece, può vantare delle tradizioni politichesi non certo invidiabili, fondate su tre legislature dall?impronta oscurantista. Se non erro, proprio allora iniziò il declino del paese arroccato sulla collina, colpito dal tragico terremoto dell?Irpinia, poi rivelatosi il sisma di pochi. Questo mi basta.
Insomma, nel Municipio dalle poltrone onerose non è cambiato proprio niente. Sia Manfredelli sia Savino hanno dimostrato di non avere la stoffa del primo cittadino. Si doveva ricominciare. Creare le condizioni necessarie per dare spazio ai giovani, alle facce nuove o pseudo-nuove, rendere possibile la partecipazione come valore fondamentale della governabilità, lavorare ad una successione senza se e senza ma (?come potrebbe suggerirmi l??Ei fu? assessore alla Ricostruzione e contemporaneamente alla Pace, Giovanni Filizzola?). Ma il nostro è il borgo degli anziani e dello spopolamento, degli spazi negati, dei geometri e dei tecnici di sempre, dei gettoni di presenza, dei capi-area, delle segretarie personali, dei marescialli, dei caporali, degli ambientalisti che non hanno voluto il Parco, degli abusivismi legalizzati, dei comunisti per moda, degli indipendenti con tanto di tessera e militanza partitica, degli incarichi professionali dell?ultima ora, dei posti di lavoro promessi ai figli, alle figlie, ai nipoti, ai nonni defunti, dei voti barattati e di quelli costruiti ?casa-casa?, delle liste civetta, degli accordi sottobanco, dei pettegolezzi e delle invidie, delle pacche sulle spalle tanto false quanto la tomba di Monnalisa nella vicina Lagonegro, degli sputi in faccia, delle lettere anonime, dei burattini e dei burattinai maldestri, dei capri espiatori per quei 14 voti di scarto che in realtà sono oltre duecento, della cocciutaggine e dell?ostinazione, dei disservizi, dei giornalisti amici che dai banchi dell?opposizione scrivono male o non scrivono e che dalle seggiole della maggioranza confezionano cartoline panoramiche: ?Va tutto bene, va tutto bene!?, mentre altri giovani scappano via, le case si svuotano, le idee si atrofizzano. Non mi perdono di essere nato così voltagabbana, perché capace di far notare le deficienze di chi ho votato così come quelle di chi non ho votato. Chi semina vento raccoglie vento.