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Piani di Emergenza Nucleari e…

Uno degli scenari di rischio a cui bisogna sottoporre molta attenzione è quello dei cosiddetti “disastri tecnologici” e più propriamente emergenze radiologiche e nucleari.

Con il referendum del 1987 l’Italia ha bandito il Nucleare, sottoscrivendo successivamente il “Trattato di non proliferazione nucleare”. L’aspetto più significativo è che non esiste una norma in materia di Protezione Civile che introduca nello scenario degli eventi massimi attesi il rischio nucleare (rif. Piani di Protezione Civile – metodo Augustus), proprio perché sulla base degli esiti del referendum, l’Italia ha interrotto l’attività delle proprie centrali nucleari (Trino, Caorso, Latina, Garigliano). Tale incongruenza scaturisce da una netta differenziazione di competenze tra il Dipartimento della Protezione Civile e il Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile ove dipende il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco che ha la gestione della Difesa Civile. Il concetto “grande evento” (L.401/2001), però, ha creato una sorta di conflitto di competenze sulla Difesa Civile, a cui spetta la gestione dell’emergenza nucleare.

Accade quindi che i Piani di emergenza Nucleari sono stati nel corso degli anni top-secret, come accaduto sino allo scorso febbraio per il porto militare di La Spezia, dove per la prima volta in Italia è stato desecretato il piano di emergenza per incidenti a navi e sottomarini nucleari. Stessa situazione la riscontriamo nella vicina Taranto, ormai dichiarata area strategica e quindi futura base NATO, con le conseguenze del caso.

Più specificatamente si sottolinea che per le Emergenze Nucleari esiste un “manuale operativo” per gli accordi comunitari sulle emergenze. Difatti, per eventi che interessano grandi aree del Paese non si capisce se è il Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile o il Dipartimento della Protezione Civile, questo a causa dell’introduzione del concetto Grande Evento, mentre per gli eventi circoscritti è quasi certo che sono i Vigili del Fuoco locali, sotto la giurisdizione del Prefetto, che hanno l’onere d’intervento. Altra incongruenza è il supporto tecnico necessario ai Vigili del Fuoco che, dal “Vademecum della Protezione Civile Europea” (agg.’94) risulta essere di competenza dell’ENEA/DISP che attraverso una squadra multidisciplinare di esperti è in grado di essere presente con breve preavviso in tutto il paese. Tale centro è in grado di raccogliere tutti i dati provenienti dal gestore dello stabilimento al trasportatore, dalle stazioni meteorologiche, dalle squadre di misurazione, per analizzare e valutare i rischi e l’evoluzione dell’evento.

In ogni caso gli italiani, e nello specifico anche i lucani, sono comunque soggetti a rischio di incidente radiologico o nucleare, a causa della presenze di centri di ricerca che utilizzano reattori nucleari, di impianti di lavorazione e deposito di materiale radioattivo e nucleare, e dalla presenza in alcuni porti di naviglio a propulsione nucleare. Per questi impianti le Prefetture competenti dovrebbero aver elaborato appositi Piani di emergenza.

Esiste però una norma quadro (DPR n.230/1995, come modificato dal D.lgs n.241/2000 – protezione della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti), che recepisce quattro Direttive comunitarie di settore (89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom).

In particolare: Capo X – Interventi, suddiviso nella Sezione I – Piani di Emergenza e nella Sezione II – Informazione alla popolazione:
1. le situazione determinate da eventi incidentali che diano luogo o possano dar luogo ad un’immissione di radioattività nell’ambiente, che avvengano in ambienti al di fuori del territorio nazionale, in navi a propulsione nucleari in aree portuali, nel corso del trasporto di materie radioattive o che non sono preventivamente correlabili con alcuna specifica area del territorio nazionale;
2. le attività e le procedure di informazione della popolazione sulle misure di protezione sanitaria e sul comportamento da adottare per casi emergenza radiologica.
Al Dipartimento della Protezione Civile spettano compiti di pianificazione delle misure da adottare in caso di incidenti non circoscrivibili nell’ambito provinciale o interprovinciale o in impianti al di fuori del territorio nazionale, nonché con altri tipi di incidente che non hanno connubio con l’intero territorio nazionale. Mentre, tecnicamente è l’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici) che assicura la direzione unitaria e il coordinamento delle attività in emergenza (art. 5 della L.401/2001), ed ha le competenze tecnico-scientifiche, autorizzative e di supporto alle Autorità preposte, sia per il rischio nucleare (DPR 230/95) che per il rischio idrogeologico (D.L. 180/98).

Ma una delle condizioni fondamentali per una corretta gestione dell’emergenza nucleare è di sicuro l’informazione alla popolazione. Si passa dall’informazione dei cosiddetti rischi generici, sul piano di emergenza esterno, alle istruzioni da seguire in caso di incidente.
Una corretta informazione va realizzata tenendo conto di due presupposti fondamentali:
– informazione preventiva, che mira a sensibilizzare la popolazione sugli aspetti essenziali piano;
– informazione in emergenza, dalla finalità di comunicare tempestivamente e correttamente le misure adottate dalle Autorità competenti ai fini di protezione e sicurezza dei cittadini.

Altro elemento di rilievo sono le esercitazioni di Protezione Civile. La loro finalità è quella di coinvolgere il più possibile la popolazione che in un quadro di rischio diventa il “valore esposto”. Le esercitazioni di Protezione Civile sono un momento importantissimo per la verifica di un piano di emergenza dove si evidenziano i limiti e i difetti, si conoscono i soggetti con i quali si dovrà collaborare in caso di reale emergenza, si promuove l’immagine della Protezione Civile alla popolazione. Una esercitazione aperta alla popolazione è un momento educativo che non deve cadere in sbavature coreografiche o emanare errate direttive che rischiano di diventare pericolose. Una efficace esercitazione deve evidenziare tutti i problemi che potrebbero insorgere in una emergenza reale, da non ignorare, in quanto si correrebbe il rischio di fare diventare l’intera esercitazione un parata, priva di qualsiasi utilità. (dal testo di Francesco Santoianni, Protezione Civile – Pianificazione e gestione dell’emergenza)

Per ogni “scenario di evento massimo atteso” bisogna avere una risposta per fronteggiare l’emergenza. Tale risposta deve venire da una corretta Pianificazione (individuazione dei rischi presenti e loro scenario), soprattutto in relazione dello scenario generale come l’insieme degli eventi e grandi eventi presenti su un determinato territorio. In termini di pianificazione quindi, diventa necessario valutare anche i famigerati “rischi residui” definibili come l’insieme dei potenziali eventi causati dall’evento principale (Top Event) e che per loro natura possono dare origine ad una vera “ecocatastrofe”.

Accademia Kronos e
Prociv-Arci di Basilicata

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