Le favolose evocazioni persiane nelle Storie del Samovar di Gina Labriola
Con questo libro la scrittrice lucana vince il Premio di Letteratura per l?infanzia ?Giovanna Righini Ricci? presieduto dal Prof. Daniele Giancane e il prestigioso Premio per ragazzi ?Fondazione Cassa di Risparmio di Cento 2004?
Un altro prestigioso premio per una nostra grande scrittrice lucana. Il nome di Gina Labriola si affianca a quello di illustri scrittori per l?infanzia come Roberto Piumini, Mario Lodi, Susanna Tamaro, Daniel Pennac. Il ricoscimento letterario ?Premio Cassa di Risparmio di Cento? è stato attribuito all?autrice di Chiaromonte per l?opera ?Storie del Samovar? . La recente vittoria ottenuta a Cento segue il successo del ?Righini Ricci? di Conselice in collaborazione con le Edizioni "il capitello" di Torino.
Il libro che ha ottenuto anche altri importanti consensi in tutta Italia è un caleidoscopio di racconti, favole e fiabe della tradizione persiana, che ha lo scopo di far conoscere e amare un grande paese del medio oriente, lontano da noi, eppure oggi così vicino, minaccioso e martoriato dalla guerra.
Il libro narra del cantastorie Ismaìl, un uomo senza età, magro e dai capelli folti, che con un magico Samovar percorre tra mille peripezie l?altopiano iranico, per approdare a Teheran, dove, ospite di una famiglia italiana, racconta le sue storie a tre fratellini e ai loro piccoli amici ?L?uomo, seduto a gambe incrociate sopra un vecchio tappeto, si scaldava ogni tanto le mani, accarezzando la pancia di rame del suo samovar, bevevo un sorso di tè e poi cominciava a raccontare. I ragazzetti erano seduti intorno a lui?.? Tra le volute di fumo e il vapore del vecchio samovar appaiono i personaggi della storia, le favole dei poeti e le storie popolari. Abitudini, usi, tradizioni, riti dell?Iran ?l?antica Persia- si intrecciano a storie di vita quotidiana tra curiosità e rispetto reciproco. Un romanzo attraverso il quale l?autrice riesce a dire e a raccontare di un mondo -l?altra sua patria- che lei ha vissuto e profondamente amato durante gli undici anni di permanenza con la sua famiglia a Teheran.
L?intreccio, sfaccettato e strutturato su più piani narrativi, fa del romanzo un libro interessante, allegro, a tratti drammatico e commovente. L?altmosfera fiabesca creata da Gina Labriola stimola proprio quella curiosità positiva, che è il piacere di voler approfondire e leggere altre storie. E allora, è forse questo il senso del romanzo: saper creare nel lettore un bisogno di ricerca ulteriore e di superamento delle convenzioni e degli stereotipi culturali.
Un lavoro attuale, dunque, didascalico ed estremamente ben costruito, uscito qualche mese fa per le Ed. Il Capitello nella collana ?La biblioteca della volpe?; illustrato da Orietta Brombin e corredato da una ricca collezione fotografica dell?autrice raffigurante oggetti e miniature persiane. Un glossario finale agevole ed esaustivo consente inoltre di recuperare ed approfondire il significato e i suoni magici e musicali della lingua persiana che la scrittrice intervalla nelle pagine del libro al corpo delle frasi.
Con Gina Labriola abbiamo approfondito le motivazioni che l?hanno indotta a raccontarci la cultura e le storie di vita di una comunità distante migliaia di chilometri dalla nostra, ma a tratti così sorprendentemente vicina alla tradizioni e alla terra lucana.
Come è nata l’idea di un libro per bambini sull’Iran. L’idea di scrivere sull’Iran va avanti da quando ho lasciato quella mia seconda patria, un quarto di secolo fa, ma la decisione di scrivere per ragazzi è stata presa dopo la nascita di Manuel, 5 anni fa. Volevo raccontare ai miei figli prima, e ai miei nipotini poi, la vita, i costumi, la storia del paese dove sono nati due dei miei tre figli. Il primo, nato in Italia, aveva un anno ed è quello rimasto più affezionato all’Iran, l’unico che non ha dimenticato il "farsi" che può anche recitare in quella lingua. Sono stati contenti i miei figli? Non tanto: i loro ricordi sono diversi dai miei, e qualche volta si sono sentiti forse "derubati" dalle loro personali memorie. Infastiditi, qualche volta, dalle INVENZIONI che li vedono come protagonisti. Certo, rievocare usi, costumi, atmosfere, ecc. fa fatto loro piacere, ma il successo è più soddisfacente fuori casa.
Si tratta di una storia dalla struttura abbastanza complessa e articolata. Ce ne vuole parlare?
Non volevo un banale libro di storia o di "civiltà" con un elenco di usi e costumi. Ho inventato quindi qualche personaggio, altri, reali, ho arricchito per far "vivere" il paese nelle usanze diverse dalle nostre (l’uso obbligatorio dell’acqua nei WC, la proibizione di mangiare carne di maiale, feste, religione, ecc). Ho intreciato quindi le storie su tre piani: 1) la vera Storia dell’Iran da Ciro a Khomeini passando per Maometto, raccontata in maniera seria ma allegra, con "levità" -spero -. 2 a) La vita quotidiana: mia e della mia famiglia, con aggiunte e invenzioni varie, ma fedele alla realtà; 2b) le avventure del cantastorie Ismail che dalla regione del Caspio dove è nato, attraversa tutto l’altipiano iranico attraverso il deserto fino al golfo Parsico: occasione per descrivere il paese in maniera naturale. 3) Le vere e proprie "Storie del Samovàr" tratte da grandi poeti come Ferdowsi o Nezami, o da tradizioni popolari e religiose.
Quanto c?è di reale e quanto di immaginario/immaginato nelle storie del Samovar.
Rispondo prendendo in prestito la citazione di Salman Rushdie che introduce il mio romanzo: ? In qualsiasi opera letteraria, ciò che è realmente accaduto è meno importante di ciò che l?autore convince i suoi lettori a credere??
Da lucana, quali analogie antropologiche e sociali ha scoperto esserci tra la sua terra natia e la sua patria d?adozione?
Non si può davvero fare un paragone serio tra una piccola regione e un vastissimo paese, uno cattolico, l’altro mussulmano, uno verde (a tratti) l’altro desertico (a tratti)… eppure in Iran mi è parso di trovare una parte di me, una parte del mio paese. In che cosa, è difficile dirlo razionalmente, mi è stato più facile dirlo in poesia, oppure raccontando favole (vedi testi). Le donne dai veli neri: trent’anni fa c’erano in Lucania e anche in Iran, ma laggiù erano "fuori moda": lo Sciàh non li voleva. Ora non ci sono più in Lucania, ma ci sono (e come!) in Iran. I paesaggi: certe rocce nude, grandiose nei deserti, mi ricordavano i calanchi nostrani, le argille riarse care a tanta nostra poesia che ora abbiamo superato. E poi la magia: diversa, certo, ma un senso del fantastico, del miraggio, dell’irreale, mi ricordava certe mie esperienza dell’infanzia. Non superstizione, ma magia, nelle favole, nelle leggende, nelle credenze. Il monachicchio c’è anche in Iran, ma si chiama Sceitunàk. I diavoloni che fanno i dispetti si chiamano Div.
E poi il raffronto tra le leggende: all’Imam Rezà, un santone sepolto a Mashàd sotto una cupola d’oro, viene attribuito il gesto di salvare tre gazzelle affidategli da un cacciatore (viene poi chiamato "protettore delle gazzelle". Lo stesso gesto viene attribuito al piccolo eremita del mio paese, il Beato Giovanni, il quale poi veniva punito e buttato giù da una roccia, costretto pertanto a miracolarsi da solo, restando incolume e facendo fiorire tre mandorli ad ogni ruzzolone o capitombolo. Non so cosa direbbero gli scienziati per spiegare l’analogia della leggenda in posti lontani e diversi: a me basta la poesia, la simpatia, la magia del ritrovare nella nuova patria un ricordo della mia.
E poi il petrolio: fonte di ricchezza per alcuni, di guai per altri….
Leggendo il libro, tra i personaggi che più affascinano e incuriosiscono, c’è quella del cantastorie Ismail. Sbaglio o verso lui noto anche la mano carezzevole della scrittrice?
E’ vero: Ismail esisteva davvero, la realtà forse supererebbe la finzione. La sua fine, intrecciata all’intervento salvifico di Parì, è molto vicina alla verità.
A bruciapelo, un suo pensiero ai lettori del libro
Ho spedito il manoscritto il 30 settembre 2001, tre settimane dopo l’11 settembre. Non l’ho fatto apposta, il libro esisteva nella mia testa da una trentina d’anni, ma il caso (tragico, purtroppo) ha voluto che fosse di grande, troppo grande attualità.
Se non è scaramantica, potrebbe anciparci qualcosa sui suoi prossimi progetti?
Per i ragazzi (spero) la mia esperienza bretone, per gli adulti… una sorpresa.