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La scuola che annaspa

E? ricominciato un nuovo anno scolastico. Tra aspettative, progetti, ansie e prospettive i banchi di scuola sono affollati (?si fa per dire?). Si, perché, la notizia che è andata di gran lunga, in questa settimana, annunciava l?avvenuta chiusura di molte scuole per mancanza di ?materia prima?. Insomma, aule che si spopolano, come del resto i nostri paesi, i nostri vicoli, le nostre cittadine, i nostri borghi. E? un circolo vizioso, di responsabilità prettamente politica. ?Ma cosa c?entra ora!?, borbotteranno in tanti. Il discorso dovrebbe risultare semplice e lineare. Viviamo in una regione dalle forti carenze lavorative, con un?altissima percentuale di emigranti in cerca di fortuna altrove, con politiche occupazionali che lasciano il segno, soprattutto, negativamente. Ricordiamo le Borse Lavoro: in migliaia aspettano ancora gli esiti e le graduatorie. L?assessore Cataldo Collazzo, parla della presenza di impedimenti al regolare processo di pubblicazione dei risultati-bis. Mistero. Se l?opera di creare posti di lavoro è ferma al palo, i giovani preferiscono lasciare la loro terra, altrove mettere su famiglia, contribuire ad un calo vertiginoso delle nascite. E gli istituti vengono soffocati dall?incapacità politichese. Ahimé.

Siamo di fronte ad una scuola che annaspa. Annaspano i portafogli dei genitori, costretti a sborsare centinaia di euro per ?rifare il corredo librario? ai propri figli, in un sistema dove ogni anno vengono adottati, anche in corso d?opera, libri diversi rispetto all?anno precedente. Quelli del quinto anno sono diversi da quelli del quarto, quelli del quarto dal terzo, del terzo dal secondo, del secondo dal primo. Siamo di fronte ad una vera e propria speculazione non scientifica bensì economica. Si denota una immane confusione nella testa dei prof: quale migliore percorso logico, educativo, metodologico se non quello di far studiare gli alunni sugli stessi testi e sostituirli soltanto nel passaggio dal biennio al triennio? Chiedo ufficialmente un controllo in merito, a chi di dovere. Gli stessi libri annaspano, oramai svuotati di fondatezza storica, privati di qualsiasi prospettiva che sia di stampo marxista. Annaspano i programmi, che sembrano fuori dalle sembianze di una autonomia scolastica invocata.

Mi piacerebbe una scuola dove i ragazzi possano discutere dei fatti di Scanzano Jonico, ad esempio; instaurare un rapporto diretto con il proprio territorio. Quando si studia la Basilicata, la sua storia, la sua geografia e i suoi aspetti economici, sociali e politici non omettere ma approfondire il fenomeno del Brigantaggio, parlare di Giovanni Passannante, degli aspetti tradizionali, al fine di non perdere una nostra identità ed essere qualcuno tra qualcuno e non nessuno tra qualcuno o nessuno che si veste da qualcuno. La nostra scuola è carente d?attualità. Bisognerebbe insegnare a fare cultura, incentivarla, favorire le letture, e non solo quelle didattiche. E delle risorse lucane, del petrolio, dei soprusi petroliferi, delle perimetrazioni minacciate, della Esso che non aspettava altro che mettere le mani sulle Dolomiti Lucane, degli accordi regionali presi decenni fa con l?Eni, cosa sanno i nostri studenti? Forse non se lo ricordano bene neanche D?Alema, Di Nardo e Bubbico. Basterebbe portare in classe un quotidiano in tutta semplicità, sceglierlo per bene (perché c?è qualche giornale lucano d?importazione con un modo particolare di interpretare le notizie, scrivere le inchieste, distribuire responsabilità dove non ci sono, capovolgere la realtà, somministrarle al lettore medio), e commentarlo. Sapete, molti colleghi sono deficitari di nozioni giornalistiche. Non pensate, poi di invitare qualche politico in classe, inneggiando alla costituzione forte di un legame tra scuola e Istituzioni: i tempi non sono maturi e gli scheletri nell?armadio tanti.

La scuola, non solo lucana, annaspa nell?educazione quotidiana. Il contatto con la realtà, quella tangibile, è annullato dai percorsi ampollosi. ?Ridiamo alle strade? adolescenti, poco cresciuti, tra frasi fatte, convinti di calpestare luoghi illibati. La scuola non assolve più un compito parallelo a quello della famiglia, ma simula, distrae, distoglie, abbandona nell?oblio, stenta a rappresentare un luogo preciso di confronto. ?C?è l?ora di religione per questo!?, mi hanno detto. In quell?ora dovrebbero saper spiegare il senso di queste parole di Luigi Tenco: ?Cara maestra, / un giorno mi insegnavi / che a questo mondo noi, / noi siamo tutti uguali. / Ma quando entrava in classe il direttore / tu ci facevi alzare tutti in piedi, / e quando entrava in classe il bidello / ci permettevi di restar seduti. / Mio buon curato, / dicevi che la Chiesa / è la casa dei poveri, / della povera gente, / però hai rivestito la tua Chiesa / di tende d?oro e marmi colorati: / come può adesso / un povero che entra / sentirsi come fosse a casa sua?. Versi che appartengono alla società moderna. Come moderni sono i conflitti generazionale, economico tra il nord e il sud del mondo, nucleare, religioso, politico, lavorativo per un posto da portaborse, faccendiere, segretaria personale del sindaco, ?attraversa-corridoi? benché siano quelli del potere per tentare la scalata?