MATERA
Cinema “Comunale”
Tel:0835/334116
Piazza Vittorio Veneto
LE CHIAVI DI CASA
Orario spettacoli:
18.00 – 20.00 – 22.00
Prezzo biglietto: euro 5.50
Cinema “Duni”
Tel: 0835/331812
Via Roma, 58
STARSKY & HUTCH
Orario spettacoli:
17.30 – 19.10
Prezzo biglietto: euro 5.50
OPEN WATER
Orario spettacoli:
20.50 – 22.10
Prezzo biglietto: euro 5.50
Cinema “Kennedy”
Tel: 0835/310016
Via Cappuccini, 21
THE TERMINAL
Orario spettacoli:
17.15 – 19.30 – 21.45
Prezzo biglietto: euro 5.00
POTENZA
Cinema “Due Torri”
Tel: 0971/21960
Via Due Torri, 5
LE CHIAVI DI CASA
Orario spettacoli:
18.00 – 20.00 – 22.00
Prezzo biglietto: feriale euro 5.50
Cinema “Principe di Piemonte”
Tel: 0971/21960
FAHRENHEIT 9/11
Orario Spettacoli:
19.30 – 21.30
Prezzo biglietto: feriale euro 5.50
LAGONEGRO
Cinema “Nuovo cinema Iris”
Tel: 0973/41410
Via Napoli, 27
SPIDERMAN 2
Orario spettacoli:
17.00 – 19.15 – 21.30
Prezzo biglietto: euro 4.50 – 5.00
LATRONICO
Cinema “Nuova Italia”
Tel: 0973/859000
Via Largo Bonifacio De Luca, 34
DIRTY DANCING 2
Orario spettacoli:
19.15 – 21.30
Prezzo Biglietto: euro 4.50 – 4.00
LAURIA
Cinema “Atomium”
Tel: 0973/41410
via Rocco Scotellaro
UN PRINCIPE TUTTO MIO
Orario spettacoli:
19.15 – 21.30
Prezzo Biglietto: euro 5.00
FERRANDINA
Cinema “Teatro della Valle”
Tel: 0835/755226
Piazza Matteotti
SPIDERMAN 2
TUTTE LE RECENSIONI:
SPIDERMAN 2
Pieno di incredibili effetti speciali, azione e sentimenti e reso alla perfezione dal punto di vista psicologico, il film si preannuncia come un nuovo campione di incassi già acclamato dal pubblico americano come un vero e proprio capolavoro. Raimi, lavora di fino sui personaggi e cesella con maggiore perizia rispetto al primo episodio le caratteristiche psicologiche degli stessi, amplificando i problemi che affliggono Maguire/Parker, imbranato e combattuto tra l’amore per la non eccessivamente bella Kirsten Dunst ed il dovere di supereroe, il tenebroso Jess Franco, dilaniato dalla sete di vendetta per il padre ed il sentimento di amicizia per il nostro eroe. Meno felice, in questo ameno scenario, la scelta di Molina come villain. Doc Ock è indubbiamente un cattivo efficace (e Raimi, forse memore delle sue precedenti pellicole, rende la sua trasformazione piuttosto cruenta e spaventosa, rispetto al tono generale del film, certamente non terrorizzante), ma l’idea che l’attore sia costantemente fuori posto, perdura per tutta la durata della pellicola. In ogni caso, il meccanismo ideato dagli sceneggiatori è pressoché perfetto: non ci sono sbavature, momenti morti (merito questo anche di un montaggio eccelso), tutti i nodi vengono al pettine ma rimane sempre tanta carne ancora da cucinare. Tecnicamente Spiderman 2 è ben fatto, anche se non setta nuovi supremi vertici nel campo degli effetti speciali: i personaggi sembrano ancora leggermente “appiccicati” al fondale e qualche animazione appare legnosa, pur rimanendo sempre e comunque dalle parti della pregievolezza. In ogni caso, ed a sorpresa, Spiderman 2 segna uno spartiacque netto rispetto al passato: ora tutti sanno tutto di tutti e, nonostante il finale del film metta lo spettatore in grado di immaginare cosa possa succedere nel terzo e conclusivo capitolo della trilogia, atteso per il 2007, il balzo in avanti compiuto in questo episodio, permette di essere già oggi ansiosi di sapere “come andrà a finire”.
Regia: Sam Raimi
Interpreti: Tobey Maguire, Kirsten Dunst, James Franco, Alfred Molina, Rosemary Harris
Anno: 2004
Origine: Usa
Durata: 2h 6′
Genere: Azione/Fantascienza
OPEN WATER
Open water non è certo un film facile. La produzione è indipendente ed il budget basso – e si vede tutto soprattutto nella fotografia di stampo “tedesco” (chi ha visto Derrick mi capisce al volo) – l’idea è molto buona, ma non certo semplice da gestire per un’ora e mezza. Chris Kent scrive e realizza questo lungometraggio ispirandosi ad una storia vera che vede i due protagonisti Daniel (Daniel Travis) e Susan (Blanchard Ryan) ritrovarsi abbandonati in mezzo all’oceano dopo un immersione.
Partiti per un’escursione di scuba diving con una barca d’appoggio, i due emergono e non trovano più nessuno. La barca si è allontanata convinta di avere tutti a bordo e per Daniel e Susan si prospetta un momento molto difficile. Ovviamente le loro borse sono rimaste sul ponte ed il loro equipaggiamento risulterà mancante al primo controllo, quindi la mancanza sarà notata, ma quando? E la corrente di quanto li avrà spostati? Per non parlare poi del reale problema degli squali. Da buon sub la sola idea di una situazione come quella di Daniel e Susan mi mette un’ansia indicibile. Poi quando ho saputo che si ispirava ad un fatto realmente accaduto, mi sono ripromesso di fare amicizia con tutte le mie future guide-sub per evitare anche la più remota possibilità di passare una giornata in mare aperto in compagnia di squali e meduse con un coltellino come unica difesa.
Regia: Chris Kentis
Interpreti: Blanchard Ryan, Daniel Travis, Saul Stein, Estelle Lau, Michael E. Williamson, Christina Zenarro, Jon Charles
Anno: 2003
Origine: usa
Durata: 79′
Genere: Thriller
UN PRINCIPE TUTTO MIO
Rivisitazione della classica favola di Cenerentola, che questa volta non ha una matrigna e due sorellastre sempre alle prese con trucchi e belletti, ma una fattoria nel Wisconsin e due nerboruti fratelloni che vanno pazzi per le gare di corsa fatte con i taglia-erba. Nel calderone del racconto ci finiscono inevitabilmente citazioni di classici del genere: da Ghost (ricordate la scena in cui lui e lei sono al tornio? Beh, qui si tratta di un’affettatrice, ma il fine è lo stesso) a Pretty woman senza dimenticare Se Scappi, ti sposo fino ad arrivare all’ormai quasi dimenticato Cenerentola ’80 (erano gli anni in cui spopolava Pierre Cosso) e al vanziniano Piccolo grande amore in cui la principessa di turno si infatua di un maestro di windsurf, incarnato da un ancora poco conosciuto Raoul Bova. Non manca neppure una dovuta citazione di Save the last dance, che ha contribuito al successo della protagonista, la quale anche in questo caso non disdegna di accennare a qualche passo di danza (che aumenta ancora di più quell’aura di magia che in ogni commedia romantica che si rispetti deve accompagnare i due protagonisti). Nei panni di Soren, il segretario personale del principe, a metà strada fra il grillo parlante di Pinocchio (sbuca sempre quando meno te lo aspetti per dare buoni consigli) e Data di Star Trek (prova le stesse emozioni e ha la stessa mimica facciale di un androide), troviamo l’esilarante Ben Miller (Johnny English) che non risparmia battute al veleno e situazioni paradossali. La regina Rosalinda è interpretata da una regale Miranda Richardson, che si accompagna a James Fox che veste i regi panni di Re Haraald. Cast di tutto rispetto, quindi, per questa discreta e deliziosa commedia indicata per tutti coloro che hanno voglia di vestirsi di tulle rigorosamente rosa, pronunciare parole di zucchero filato, guardare il mondo con gli occhi a cuoricino (come un vecchio cartone animato di un tempo) e aspettare che il principe azzurro arrivi su un magnifico destriero.
Regia: Martha Coolidge
Interpreti: Julia Stiles, Luke Mably, Miranda Richardson, James Fox
Anno: 2004
Origine: U.S.A.
Durata:
Genere: Commedia, Romantico
FAHRENHEIT 9/11
Che l’attuale Presidente degli Stati Uniti, George.W. Bush, avesse vinto le ultime elezioni presidenziali in maniera non proprio limpidissima, lo sapevamo. Ma non sapevamo che molte migliaia di elettori – in gran parte afro-americani – fossero stati privati, in Florida, del loro diritto di voto. Che Bush e la sua famiglia avesse rapporti di affari con la famiglia Bin Laden, era noto. Ma che gestissero congiuntamente società di costruzioni di armi, lo ignoravamo. Che il Presidente degli Stati Uniti – e la sua amministrazione – avessero sottovalutato il pericolo di un attacco terrorista alla vigilia dell’11 settembre era risaputo. Ma che addirittura avessero ignorato un eloquente rapporto dell’Fbi che parlava di un imminente attacco su larga scala sul territorio americano, è una sorpresa. Che Bush avesse tratto giovamento dall’attacco alle torri gemelle instaurando un clima di paura e terrore tra gli americani era sotto gli occhi di tutti. Ma del fatto che poi decurtasse del 40% i fondi per la sicurezza nazionale e che facesse sorvegliare la costa dell’Oregon (150 km!) da un solo poliziotto, francamente eravamo all’oscuro. Questo è uno dei pregi del cinema di Michael Moore: andare al di là della superficie dei fatti, approfondendo l’analisi del suo ragionamento fino al dettaglio – apparentemente più insignificante – capace, però, di incastonarsi con precisione svizzera, come la rotellina più minuscola di un oliato meccanismo. Un cinema che fa del montaggio la sua cifra stilistica essenziale e del commento il filo conduttore di una storia che parte dalla festa di Al Gore per un’elezione che poi non ci fu (“… e se fosse solo un sogno” la chiosa iniziale) fino al dolore disperato di una madre che ha perso suo figlio in Iraq (“Ci ha fatto venire qui per niente, mamma” scrive nella sua ultima lettera). Un viaggio che racconta la carriera di una rampante rampollo di una ricca famiglia di petrolieri che gioca a fare il presidente della Nazione più potente del mondo. Dei suoi sorrisi finti che odorano di cerone, delle sue frasi fatte espresse ad arte per far ridere un cenacolo di giullari ossequianti. È un cinema che dà notizie quello di Michael Moore e che graffia. Ma non lo fa con gli artigli dell’offesa o degli slogan preconfezionati. Le sue armi sono una lucida ironia (terribilmente irresistibile quando chiede ai membri del Congresso di firmare il modulo per far arruolare i propri figli nei Marines…) e le informazioni circostanziate dalle quali scaturiscono domande le cui risposte sconcertano per la loro cruda semplicità.
Ma quello dell’autore di “Bowling a Columbine” è anche un cinema fatto di facce e di sguardi: quello ottuso del Presidente, con un libro per bambini in mano (era in visita in una scuola elementare e leggeva “La mia capretta”) quando gli comunicano che le due torri sono state attaccate; il profilo da pescecane dei suoi amministratori adusi al potere; lo sguardo allucinato dei soldati in Irak che ascoltano musica a tutto volume durante le cariche con i carri armati; l’espressione irreale della gente che assiste alla caduta delle torri; gli occhi laceri dei bambini di Baghdad; i lineamenti straziati dal dolore dei familiari che si vedono recapitare l’ultima busta paga del figlio soldato con lo stipendio decurtato perché è andato a morire cinque giorni prima del giorno di paga…
Regia: Michael Moore
Interpreti: Michael Moore
Anno: 2004
Origine: USA
Durata: 110′
Genere: Documentario
DIRTY DANCING 2
Mi ritrovo ora, “da grande”, a rivedere il secondo capitolo di quello che negli anni ottanta, fu un clamoroso successo di pubblico. L’ambientazione cambia, anche se gli anni restano più o meno gli stessi. Non siamo più in un villaggio turistico della costa americana, ma nella Cuba che sta per essere conquistata da Castro. Qui, proveniente da una noiosa St. Louis, si trasferisce per lavoro, tutta la famiglia Miller. La diciottenne Katey (Romola Garai) inizialmente poco contenta del cambiamento, ben presto si adatta alla nuova vita, anche se non lega con i suoi coetanei connazionali, ma con Javier (Diego Luna – Open range) un cameriere del posto, eccellente ballerino. Figlia di due ex stelle della danza, Katey si appassiona alle sensuali movenze dei cubani e così, un po’ per gioco un po’ per sfida si segna ad una gara di ballo cui parteciperà insieme a Javier. L’iniziale diffidenza del ragazzo, la freschezza di Katey, la voglia di ballare di entrambi e gli obiettivi ostacoli cui devono far fronte faranno da romantico sfondo ad un’adolescenziale e innocente storia d’amore che si sviluppa fra locali fumosi e ritmi indiavolati. Oltre alla partecipazione di Swayze, (ancora in ottima forma!) del primo film non resta molto. E’ meno intrigante e provocante, ma più scanzonato e giovanile. Del conflitto generazionale, motore scatenante del primo episodio, non resta traccia. Katey deve contrastare piuttosto un forte conformismo e una serie di pregiudizi che i suoi genitori e gli altri ospiti dell’albergo hanno nei confronti dei cubani. Non ha difficoltà a ballare (ricordate Jennifer Grey che non riusciva a fare il famoso salto?), ma deve riadattare il suo modo di muoversi, molto tecnico e cerebrale, a quello di Javier, che danza con una naturalezza e spontaneità. I balli sensuali, che tenevano avvinghiati Swayze e Grey, e che fecero da preludio ad un altro tormentone di quegli anni, la lambada, qui si trasformano in una sorta di fusion, una commistione di tanti stili sudamericani e afro-cubani che strizzano l’occhio al rock dei primi anni sessanta. Superficiale per quanto concerne l’ambientazione storica, non si capisce perché si è voluto collocare la vicenda nella Cuba di quegli anni se poi tutto lo sfondo politico resta assolutamente marginale. La storia d’amore che sboccia fra i due interpreti è anch’essa poco interessante. Gli sguardi sensuali, le carezze languide, le situazioni intriganti che legavano i protagonisti della prima vicenda, sono spariti. Al loro posto si ritrova una grande amicizia che solo in seguito si trasforma in amore, ma che conserva sempre un candore e un’ingenuità che forse saranno poco apprezzati dalle ragazzine di oggi, sempre più disincantate e smaliziate.
Regia: Guy Ferland
Interpreti: Romola Garai, Diego Luna, Mika Boorem, Jonathan Jackson, January Jones, Sela Ward, Patrick Swayze
Anno: 2004
Origine: usa
Durata: 90′
Genere: Romantico
THE TERMINAL
Accolti da un tabellone “arrivi e partenze” in puro stile ferroviario, veniamo accompagnati in una storia, a cavallo tra la commedia romantica ed il dramma sociale, che vede il protagonista, Viktor Navorski, prigioniero dell’aeroporto di New York. Per un caso fortuito si trova incastrato nelle pieghe burocratiche del sistema. Partito dalla Krakhosia arriva nella Terra Promessa solo per vedersi ritirare il passaporto. La sua Nazione è preda di un colpo di stato, quindi non avendo un governo riconosciuto non può essere accolto in America. D’altronde non può nemmeno tornare indietro, quindi all’astuto funzionario Frank Dixon (Stanley Tucci), resta una sola soluzione: tenerlo bloccato nella “zona franca”. Alla fine Viktor sarà come un pesce in un acquario, mobile nel suo microcosmo circoscritto ed allo stesso tempo prigioniero dei suoi osservatori. Ciononostante invece di subire quello che gli accade intorno, con la sua semplicità si conquisterà uno spazio e dimostrerà che esiste più di un modo per fare le cose. C’è un po’ tutto in questa pellicola di Spielberg. Innanzitutto c’è il suo immenso mestiere che gli permette di girare sempre in modo particolare scene che altri avrebbero banalizzato. Poi c’è la denuncia verso un sistema che appiattisce la mente, omologa qualunque cosa e pone una norma sempre sopra l’individuo, c’è il dito puntato contro il consumismo ed infine c’è una storia d’amore sempre in bilico tra lo stucchevole ed il surreale.
Regia: Steven Spielberg
Interpreti: Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones, Stanley Tucci, Chi McBride, Diego Luna, Barry “Shabaka” Henley, Kumar Pallana, Zoe Saldana, Eddie Jones, Jude Ciccolella
Anno: 2004
Origine: U.S.A.
Durata:
Genere: Drammatico, Romantico
LE CHIAVI DI CASA
Le chiavi di casa. Il momento di passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza. Quel momento in cui i genitori consegnando le chiavi ai propri figli ritengono che questi abbiano raggiunto un grado di autonomia e maturità sufficiente. Il film prende spunto da un romanzo di Giuseppe Pontiggia – a cui l’opera è dedicata – dal titolo “Nati due volte” che parla del figlio dello scrittore, Andrea Pontiggia. L’intento di Gianni Amelio. Illustrare questo passaggio trasfondendolo su un ragazzo handicappato che aspira ad un grado minimo di autonomia dagli altri nella vita di tutti i giorni. Nel raccontare la storia di Paolo (Andrea Rossi) un ragazzo handicappato che viene accompagnato dal padre Gianni (Kim Rossi Stuart) in Germania per delle visite mediche, Amelio realizza un film che non indugia mai nella compassione ma anzi si ispira ad un crudo realismo dal quale, giustamente non prescinde. La sceneggiatura – scritta assieme a Sandro Petraglia e Stefano Rulli – non lesina scene che raramente si sono viste al cinema come quelle del corpo nudo di un bambino handicappato. Ritengo che l’operazione sia perfettamente riuscita e corretta perché aiuta lo spettatore ad avvicinarsi ai protagonisti e soprattutto ci fa calare nel tenero affetto di Gianni verso un figlio che per quattordici anni aveva rifiutato anche solo di vedere. Ci permette di calarci nella psicologia di un ragazzo che pur camminando con un bastone ama lo sport, tifa per la Lazio, deve andare a giocare a calcetto, deve tornare a casa perché deve “spicciare le faccende” ci dice con un accento romanesco che ne accentua la veridicità e che suscita un’innata simpatia. Ma un film del genere non avrebbe potuto raggiungere i suoi intenti se non fosse stato supportato da una solida sceneggiatura caratterizzata da dialoghi sempre giusti, duri, che in alcuni momenti trafiggono come spade. Bravo Amelio ma bravi anche gli attori. Il ragazzo Andrea Rossi colpisce per la sua spontaneità e la sua presenza scenica. Gli fa da contraltare Kim Rossi Stuart credibilissimo nel suo ruolo, capace di interpretare con la giusta misura di drammaticità un ruolo per nulla facile così come la Rampling, madre rapita da un compito sovrumano.
Regia: Gianni Amelio
Interpreti: Kim Rossi Stuart, Charlotte Rampling, Andrea Rossi, Alla Faerovich, Pierfrancesco Favino
Anno: 2004
Origine: Italia, Francia, Germania
Durata: 105
Genere: Drammatico
STARSKY & HUTCH
Questo Starsky & Hutch, diretto da Todd Phillips (Road Trip), ma in realtà targato Stiller/Wilson che hanno voluto e reso possibile il progetto, sembra una sorta di pilot della serie, ma un po’ troppo “bollito”, tanto che pur restando divertente gli manca quella marcia in più che lo avrebbe reso un cult. La miscela humor, azione e sex appeal che fecero la fortuna del telefilm, è inalterata, ma sembra più allineato alle ultime stagioni del telefilm (meno duro); la cosa buona è che sembra di essere costantemente in pieni seventies. Forse un altro regista, in grado di dare anche un taglio di ripresa e montaggio più ardito, avrebbe giovato. Dave Starsky (Ben Stiller) è il classico poliziotto tutto d’un pezzo: tradizione familiare, principi inamovibili ed un pizzico di maniacalità eccessiva. Ken Hutchinson (Owen Wilson) è invece il classico “traffichino”: qualche bustarella, amici informatori ed una vita sempre in bilico. Tutti e due senza “compagno” e con caratteri a dir poco difficili, finiscono per far coppia in un affare di droga abbastanza complesso e trovano anche il tempo per intrattenersi con due simpatiche ragazze pon-pon: Holly (Ami Smart) e Staci (Carmen Electra) e per mettere su una sfida in discoteca in perfetto stile Zoolander. Un revival divertente, la cui riuscita risiede soprattutto nel cast. Ai due protagonisti ovviamente azzeccatissimi, si affiancano Vince Vaughn, che nei panni del criminale sembra più una sorta di Billy Cristal giovane che un vero cattivo (indimenticabile), Snoop Dogg nei panni del dinoccolatissimo Huggy Bear (scintillante) e Will Ferrell in un cameo come Big Earl. E poi la macchina… dieci Ford Torino da usare per acrobazie, scene d’interni – purtroppo – per finire in mare (ben due!). Ed alla fine che dirvi, quando i due S & H originali compaiono per consegnare le chiavi della nuova auto a Ben Stiller, quasi ci scappava una lacrimuccia.
Regia: Todd Phillips
Interpreti: Ben Stiller, Owen Wilson, Snoop Dogg, Vince Vaughn, Carmen Electra, Molly Sims, Amy Smart, Juliette Lewis, Chris Penn, Fred Williamson, Brande Roderick, Jason Bateman
Anno: 2004
Origine: U.S.A.
Durata: 101′
Genere: Azione, Commedia