Le improvvise dimissioni del vicepresidente del Parco nazionale del Pollino ? Franco Fiore ? il blitz della forestale e il conseguente sequestro della discarica comunale di San Severino lucano e l?incendio del pino loricato di Pietra Castello hanno un unico minimo comune multiplo: il completo avvio verso un lento ma inesorabile tramonto dell?idea di parco.
Partendo dall?ultimo episodio, la modalità dell?incendio è molto simile a quella applicata a ?zio Peppe? il 20 ottobre 1993; liquido infiammabile gettato dall?alto verso il basso nella cavità del tronco, conseguente ?effetto camino? e crollo immediato su se stesso di una parte del tronco.
Anche il pino di Pietra Castello a suo modo era un simbolo del Parco. Esso si trovava sul tratto centrale dell?antico tracciato della ferrovia per il taglio dei boschi della Rueping e, addirittura, ne portava i segni in quanto sul tronco era fissato un isolante di porcellana per distaccarlo dal filo di corrente che veniva probabilmente usato per le comunicazioni telefoniche.

C?eravamo stati appena una settimana prima dell?incidente e, per fortuna, avevamo fatto un servizio fotografico, anche per fare un confronto con le foto scattate la prima volta durante la nostra esplorazione del Pollino negli anni giovanili.
Pianta maestosa, con una base molto grande piegata a valle in direzione di Terranova del Pollino e poi con il tronco che svettava verso l?alto alla ricerca della luce.
Sicuramente tra i numerosi pini loricati di Pietra Castello era il più solenne, il più appariscente, il più bello, quello che incuteva rispetto e simpatia.
La sua base era fatta apposta per sedersi per la foto ricordo, per ammirarne la dura corteccia e il tronco che fungeva da ancora di salvataggio alla terra ferma prima del vuoto del vallone sottostante.
Credo che gli altri pini sparsi intorno erano invidiosi delle attenzioni rivolte solo ad esso.
Ora non c?è più. Fa pena vederlo riverso su se stesso, attaccato alle radici attraverso un lembo di corteccia, annerito dal fumo, bruciacchiato e spelacchiato.
Meglio non andare più a Pietra Castello.

Il secondo episodio di questo triste tramonto è legato alle vicende che hanno portato alla nomina del nuovo direttore del Parco e alle conseguenti dimissioni del vicepresidente.
La nomina di Graziano era nell?aria in quanto nella terna annunciata dal presidente, già lo scorso ottobre, il comandante del Corpo Forestale dello Stato sembrava essere il candidato ideale. Il militare, l?uomo forte in grado di ?raddrizzare la schiena? ad un organismo in pre coma e mettere in riga la baracca.
Se nonché c?erano da assolvere alcuni adempimenti prima della firma del contratto che hanno portato all?abbandono dell?Ente da parte del vicepresidente.
In sintesi le numerose incompatibilità di Graziano non erano state rimosse (Graziano è comandante provinciale del CFS di Cosenza, comandante del distretto di Rossano, comandante del Coordinamento Territoriale Ambiente del Parco, membro del consiglio dell?Ente e componente della giunta esecutiva) prima della firma del contratto.
Fiore in seno alla giunta esecutiva dell?Ente ha ritenuto opportuno chiedere di sospendere l?incarico se non prima di aver risolto le numerose incompatibilità.
Il presidente aveva fretta di firmare il contratto e sanare la questione e quindi non prestò orecchio alle perplessità sollevate dal vicepresidente.

Dopo un po? di tempo ? le coincidenze sono veramente inverosimili da far pensare male ? il comune di San Severino lucano subisce un?ispezione nella propria discarica comunale da parte degli uomini del CFS che trovano di tutto: materassi, scarti di edifici, copertoni e quant?altro.
In questi casi è automatico il deferimento all?autorità giudiziaria del primo cittadino e del responsabile dell?ufficio preposto del comune proprietario della discarica.
E bene hanno fatto i militari del CFS ad attuare le misure previste dalla normativa vigente.
Solo che l?operazione è condotta a metà.
Infatti, tutti i comuni del Parco hanno discariche abusive lungo le statali, i fiumi. Dovunque può arrivare un automobile, lì c?è una discarica fatta di poltrone, frigoriferi, copertoni, inerti, scarti di edifici, lavatrici e mille altre cose.
Né tanto meno questa operazione è stata preceduta o seguita da un controllo a tappeto su tutto il territorio del Parco, in quanto non si hanno notizie di altri riscontri delle numerose situazioni simili.
E allora, come frequentemente ama ripetere il senatore Andreotti, pensare male si fa peccato ma spesso si indovina.
Nessuno ci potrà dire che è stato un caso l?ispezione alla discarica comunale ? tra l?altro regolarmente autorizzata dal comune ? di San Severino.

E se è stata una coincidenza, molte volte troppe coincidenze (rifiuto di sottoscrivere la nomina, dimissioni, critiche verso l?operato dell?Ente Parco del sindaco Fiore) fanno una prova.
Da qui si evince il declino di un Ente che doveva favorire lo sviluppo sostenibile di un territorio eletto ad area protetta che combatte con gli uomini e i mezzi più spregiudicati a propria disposizione al fine di recuperare un consenso mai del tutto acquisito che sfuma ogni giorno di più.
Né le modalità messe in atto (finanziamenti a pioggia su qualsiasi richiesta, dal festival jazz all?arredo urbano di un parco giochi comunale) giovano all?idea parco.
Un filosofo inglese diceva che il progresso di un popolo si base sulle scelte impopolari.
In questa situazione non si sceglie.
Infatti, uno dei tanti sindaci di un comune marginale chiede l?ennesima autorizzazione a fare una strada e il presidente non ha nulla in contrario a concederla. Non importa se il proprio ufficio addetto dia parere negativo, se il nuovo nastro di asfalto andrà ad attraversare una zona SIC (sito di interesse comunitario), se nei pressi esiste un carnaio per l?alimentazione artificiale di animali interessanti come gli avvoltoi.

Sembra che il pensiero di questa dirigenza a riguardo di questa opera (ma il discorso si può estendere alle numerose altre strade costruite o in via di costruzione) sia stato: ? se la strada mi viene chiesta dal primo cittadino, da una comunità e dall?assessore verde del comune interessato, perché mai dobbiamo negarla?.
A seguito di questo ragionamento ? richiamandosi al pensiero andreottiano ? ed estendendo il pensiero ad altri casi simili si ha l?impressione che si stiano lavorando per smembrare il Parco nazionale del Pollino.
Nel lato lucano premono le compagnie petrolifere, nel lato tirrenico calcano le lobby venatorie, nel lato jonico pressano le imprese edili, il lato calabro è oggetto di scambi di terreno con conseguente spostamento dell?asse di interesse sui centri storici rispetto alla conservazione dell?ambiente.
Da tutto ciò si deduce, quanto meno, una incapacità e chiarezza di idee su dove si vuole andare a parare.
Unico minimo comune multiplo: Un lento ma inesorabile tramonto dell?idea di parco.

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