Incredulità e disperazione. Quale il capro-espiatorio?

Il Comune di Ferrandina in provincia di Matera ha proclamato tre giornate di lutto cittadino per commemorare la morte di 4 suoi cittadini, che sono stati coinvolti sabato 17 luglio in un grave incidente stradale, sulla bretella Fiano – San Cesareo dell’autostrada. A1.
E’ stata appena aperta un’inchiesta per fare chiarezza sulle cause che hanno determinato la drammatica vicenda.
Un viaggio che doveva rappresentare l’inizio delle vacanze, la fine di un anno universitario pieno di sacrifici invece si è trasformato in tragedia.
Nicola, Francesco, Rocco Lisanti e il nonno Rocco D’Onofrio rispettivamente di 52, 23, 21 e 73 anni viaggiavano su di un’Alfa 147.

La famiglia era partita venerdì pomeriggio per Siena per riportare a casa Rocco, che aveva finito gli esami della sessione estiva. Avevano dormito presso uno zio monaco e la mattina successiva si sono apprestati per ritornare in Basilicata. Intorno alle 16,30 sull’autostrada si sono trovati di fronte un muro di fumo e un Tir rovesciato.
A casa ad aspettare i quattro c’erano la moglie di Nicola, Antonietta D’Onofrio, casalinga, e la terza figlia della coppia, Assunta, 14 anni.

Grave impatto della macchina contro il tir, una serie ripetuta di tamponamenti 7 vittime e molti altri feriti.
Un bollettino da guerra, questioni di attimi, pochi minuti per spegnere la vita di quattro persone. Sono morti carbonizzati, per identificarli la polizia ha dovuto risalire al proprietario del mezzo dal telaio. I funerali sono avvenuti con ritardo, numerosi i giovani hanno salutato i loro amici fra le lacrime e gli applausi. C’è ancora chi stenta a credere che sia vera tutta questa storia, come mamma Antonietta che alterna per lo shock momenti di lucidità a stati di disperazione, ci sono attimi in cui crede che i figli e il marito stiano per arrivare, una parte del suo inconscio vorrebbe allontanare l’orrore che sta vivendo, come in un film riportare indietro la scena, fermare l’impatto e riabbracciare gli amori più grandi della sua vita.

“Quella strada doveva essere chiusa”
“Come hanno permesso che l’autostrada rimanesse aperta con i pompieri che spegnevano un incendio lì accanto? Dovevano chiudere l’autostrada!”.
Si sfoga così Leonardo Serafino, cognato di Nicola Lisanti, una delle vittime dell’incidente di ieri sulla A1.
“Si fanno code sull’autostrada per andare al mare – prosegue Serafino – si poteva stare fermi due ore in autostrada. Questa tragedia si sarebbe evitata. E poi perché, mi chiedo, anche nei sabati d’estate devono sempre girare questi Tir?”.

Di fronte alla casa dei Lisanti un continuo andirivieni di parenti e amici. L’intero paese conosceva bene e stimava la famiglia ed è rimasto sconvolto dalla tragedia.

“Sull’autostrada – commenta davanti alla porta di casa un collega di Nicola – possono essere successe due cose. O il caposquadra dei pompieri non ha dato l’ordine di far chiudere l’autostrada, oppure i pompieri non l’ hanno eseguito”.

Un famiglia rispettata da tutti, Nicola Lisanti 52 anni era da poco stato nominato vigile capo, anni di lavoro e sacrificio per mantenere i suoi tre figli.
Una famiglia numerosa esempio modello per molte altre, tutti molto estroversi, sempre con la battuta pronta, sempre disponibili verso gli altri, così li descrive chi li ha conosciuti.
Dire che non meritavano di morire è come dire che tutti dobbiamo morire, condizione indiscutibile ma la sofferenza umana ha molteplici aspetti, si caratterizza nella mancanza di senso della vita, del dolore, della morte e nell’angoscia. La morte produce ansia, accettarla con consapevolezza è una base per dare valore alla vita.

A tutti si impone una pausa di riflessione, in nome della nostra dignità di uomini. Vecchi e nuovi interrogativi c’incalzano, in attesa di una risposta.
In realtà, la vita presente è già una morte, poiché è una vita votata alla morte, come lucidamente ha ripetuto Heidegger. Quanto noi chiamiamo morte “non è che la continuazione di questa vita morta, in uno stato più avanzato di decomposizione. Ma tra l’uno e l’altro non c’è differenza di ordine. Perciò tutte le speranze umane che vertono solo sul prolungamento di questa vita, ci lasciano imprigionati nella morte”.

Un Dio forse è venuto: è qui. E perciò tutto potrebbe essere diverso da come lo intendiamo noi. Il tempo dal flusso inesorabile è trasfigurato in un accadere che conduce, senza frastuono, ma con ferma, rettilinea e univoca direzione verso una meta del tutto determinata, una meta in cui saremo, noi e il mondo, davanti al volto svelato di Dio” (K. Rahner).

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