Anche la filiale regionale della Banca d’Italia conferma lo stato di preoccupazione che risultò a Maggio dai dati che emersero dal rapporto 2003 realizzato dall’Osservatorio Economico del Centro Studi Unioncamere di Basilicata sullo stato di salute dell’economia lucana. In entrambe le relazioni, infatti, si sottolinea come, nell’ambito regionale, una congiuntura negativa degli ultimi anni sembra aver creato crepe strutturali sempre più profonde che stanno influendo non poco sull’offerta di beni e servizi, senza tener conto della fase di debolezza periodica che ha coinvolto l’intero territorio nazionale. In poche parole, in calo l’export (da interpretare anche in relazione al calo dell’esportazione della FIAT), l’agricoltura, l’industria, il commercio al dettaglio. In crescita, invece, il settore turismo.
E’ da tener conto che anche il turismo, però, presenta delle grosse falle. Lo scarso inserimento dell’area nei circuiti turistici nazionali ed internazionali, ad esempio. Un problema non semplificabile con le immagini del film del momento, perché anche le mode passano, prima o poi.
Anche l”assenza di un offerta turistica destagionalizzata finalizzata ad un uso intensivo del territorio gioca un ruolo determinante. Molti luoghi turistici, come Maratea, hanno una serie di servizi ricettivi primari e secondari che da anni si erogano solo ed esclusivamente tre mesi all’anno, quando tutto va bene.
Capitolo a parte merita il dato sull’occupazione. Nel rapporto 2003 sull’andamento dell’economia lucana stilato dalla Banca d’Italia si evince come il numero degli occupati in Basilicata (di media, 183mila unità all’anno) sia diminuito dello 0.8 per cento. Dato influenzato dalla flessione di coloro i quali avevano un contratto a tempo indeterminato e dall’aumento, del 4.4 per cento dei lavoratori “part time”. Il tasso di disoccupazione si innalza, in pratica, al 16.1 per cento, mentre era al 15.4 per cento. Per carità, nessuna velleità da analisi economiste anche perché…i numeri parlano chiaro. Anzi, non si dice che se aggiungessimo a quel 16.1% di disoccupati, anche la percentuale dei giovani che hanno abbandonato le proprie terre, le proprie famiglie, i propri affetti, per andare altrove a cercare un lavoro ci troveremmo a fare i conti con un dato che non lascerebbe speranza di sorta, per nessuno, tantomeno per la regione Basilicata.
Dal torpore dell’incertezza politica a volte si accoglie con felice meraviglia il risveglio di qualche idea o convinzione che possa trovare un fondo di giustificazione e/o di plauso nella società. Parlo, in particolare, della proposta di legge regionale realizzata dalle Rdb e dai Cobas sull’opportunità di creare un reddito sociale di inserimento “capace di divenire uno strumento di affrancamento dall’ansia della precarietà strutturale delle condizioni e della qualità della vita”. La legge si propone di riconoscere un diritto già esistente in parte dei Paesi europei. Destinatari dell’intervento sarebbero, dunque, persone disoccupate da almeno un anno e che da almeno due anni sono residenti nella regione lucana. In soldoni, si tratta di un sussidio di 8mila euro per i disoccupati il cui reddito personale non superi i 5mila euro annui e quello familiare, in caso di due unità, non superi i 25mila euro. Il limite del reddito familiare sale a 30mila euro in caso i componenti siano tre e viene maggiorato di 4mila euro ad ogni altro membro in aggiunta.
Per far sì che questa proposta di legge venga almeno discussa in Consiglio Regionale bisogna che si raccolgano 2000 firme entro gennaio 2005. Poi toccherà alla maggioranza di centro-sinistra fare il resto. Speriamo bene, anche se una proposta di “sinistra” come quella del reddito minimo d’inserimento sarebbe dovuta venire da chi è andato nelle piazze a chiedere i voti…anche ai disoccupati. Solo un dettaglio?