Il castello di Lagopesole (PZ) si lega a una storia plurisecolare, caratterizzata da vicende e situazioni che si perdono nella notte dei tempi. Il castello fu voluto dal savio Federico II della casata di Svevia, magno imperatore della penisola italica nel corso del XIII secolo. L?imperatore illuminato volle un maniero nel cuore del sud Italia, nei pressi della fastosa dimora melfitana. Il nobile reale fece, pertanto, costruire una fortezza con uno scopo preciso: dilettarsi nell?esercizio della passione regale del periodo medievale: la caccia. La disciplina grazie a Federico II divenne un nobile passatempo, che aveva delle regole precise, da rispettare e condividere con la temibile e unica arma di cui l?uomo poteva avvalersi nel corso delle giornate dedicate all?arte venatoria: il falco. La possente bestia era addestrata con cura e maestria, fino a divenire l?inseparabile e fedele compagno di un cacciatore.
L?illustre imperatore amava essere circondato, pertanto, dai migliori istruttori e quindi dai falchi più belli e curati. Egli credeva fermamente che trappole e tranelli utilizzati nelle battute di caccia erano impiegati esclusivamente da gente vile e gretta; il falco, invece, nobilitava l?uomo e la disciplina, tanto che la cura verso l?animale era meticolosa e attenta. Appena scelto un rapace, nel corso dei primi due giorni il padrone lo teneva a digiuno, affinché l?animale riuscisse a dominare stimoli e passioni, fino a comprendere che la persona da cui riceveva cibo e nutrimento era l?unico compagno fedele da rispettare e obbedire.
L?astuzia di Federico II si estese, inoltre, verso miriadi di altre discipline, dalla legge all?architettura, dalla cultura alla guerra. Il castello di Lagopesole è un eccellente esempio. La struttura è posta sui colli Montemarcone, immersa nel bosco, poco visibile dalla pianura e dalla strada e domina l?omonima frazioncina, sorta proprio alla base del maniero. Ogni pietra della fortezza sarebbe stata testimone di vicende consumate nei tempi, ma purtroppo della struttura originaria resta ben poco. Tutto ciò che oggi è visibile a Lagopesole è frutto di un?accurata opera di ristrutturazione incominciata nel corso degli anni ?70 del precedente secolo, quando ci si è resi conto che il luogo era unico e viveva da secoli, attraverso la vita e le vicende dei notabili domiciliati e dei comuni abitanti, che hanno vissuto tra le mura della fortezza. Oggi il maniero è gestito dal Corpo Forestale dello Stato e riceve le cure e attenzioni che Federico II ebbe verso un oggetto caro e prezioso.
All?interno si scorge un antico portale, un pozzo centrale, un vigoroso cortile, ampie sale, illuminate da strette monofore strombate o ampie finestre con arco a sesto acuto. Gli atrî del mirifico palazzo custodiscono anche i reperti rinvenuti nelle primordiali cloache, perché la famiglia degli angioini per cancellare le tracce della civiltà federiciana ha provveduto a eliminare gli elementi più vistosi della corte del sovrano Svevo, dai suppellettili, a piatti, bicchieri, giochi, fino a modificare la struttura originaria dello stesso castello. La casata angioina cancellò, dunque, le alte mura sovrastate dagli imponenti tetti, per rimpiazzarle con coperture lignee più basse. Un accurato lavoro di recupero e restauro ha reso possibile il riutilizzo del castello e il recupero degli oggetti che furono rinvenuti tra le sue macerie.
Al giorno d?oggi esso si presenta ben tenuto, avvolto nel verde, ospitante un museo, custode dell?antica cultura del re svevo e della propria casata.
Di notevole interesse risulta essere la mostra di arte arundiana ospitata in alcune sale della fortezza. Le opere d?arte sono realizzate da un figlio di eccellenza del borgo di Lagopesole, Franco Zaccagnino (1953), il quale dà una veste artistica ai luoghi lucani di cui è ancora un abitante. Egli ha conseguito il diploma di maturità in arte applicata e oggi trasmette il suo sapere a ragazzi delle scuole medie. L?artista ha curato mostre storiche e culturali, come ?Il brigantaggio post-unitario nella regione del Vulture? e ?Ceneri della civiltà contadina in Basilicata?. All?interno del castello Zaccagnino è presente con una serie di originali tele realizzate mediante la lavorazione e l?intreccio delle canne. Egli raffigura le principali cattedrali lucane, da San Gerardo (PZ) al duomo di Rionero, Atella o Acerenza. Il semplice lavoro acquista un notevole pregio, perché le prospettive e i giochi di luci e ombre sono ben impressi su fogli color corvino, impreziositi dal mescolio di colori dalle varie tonalità. Ogni rappresentazione acquista una propria vita e profondità, grazie alla mano del sapiente e sensibile artista.
Il maniero federiciano nel XX secolo ha una nuova vita e una nuova destinazione d?uso.
Folle di turisti iniziano ad apprezzare l?edificio, la cultura di cui è custode, i luoghi in cui è immerso, le tradizioni tipiche e anche le popolazioni che ancora oggi vivono ai piedi di un imponente edificio, oggi come secoli addietro. Forse è proprio tale connubio a rendere tali luoghi incantati e mirifici.