La Val Camastra è un?area della regione Basilicata ricca di una fitta vegetazione boschiva. L?habitat è caratterizzato da una folta varietà di specie viventi, le quali conferiscono al luogo l?unicità tipica di una zona non contaminata e preservata, in cui la flora e la fauna sopravvivono (quasi) integre, ormai da secoli. Si scorgono foreste di cerri e faggi, verdi muschi e grigiastri licheni, variopinti e colorati fiorellini o spezie aromatiche, come le viole oppure il timo. Gli alberi hanno la potenza maestatica conferita loro dal tempo, mentre le corolle conservano la delicatezza e la gentilezza che un ambiente tranquillo ha custodito. Le vacche pascolano liberamente nei boschi e gli uccelli cinguettano tra i rami. Nella Val Camastra è stata costruita anche una diga, al fine di utilizzare l?abbondanza idrica e i paesini di Abriola o Calvello, in provincia di Potenza, sono dei piccoli borghi, esistenti in tale habitat montuoso.
L?area geografica in esame ospita, inoltre, tre pozzi petroliferi: Cerro Falcone 1, Cerro Falcone 2 e Cerro Falcone 3. Gli enti governativi hanno concesso alla società AGIP (Agenzia Italiana Petrolio), di poter utilizzare la risorsa petrolifera di cui questa terra sembra essere ?il custode?. Dopo aver attraversato chilometri di distese boschive, lungo strade curve e sconnesse, si giunge a una stradina sterrata, chiusa da una sbarra metallica, verde, oltrepassata la quale è possibile continuare la passeggiata nei boschi, addentrandosi sempre più nel cuore della selva lucana. Al termine della predetta stradina si intravede la cima del Monte Volturino, ancora innevata di timida neve. Aguzzando meglio la vista si scorgono dei recinti metallici, una piattaforma di cemento, dei tubi in alluminio, delle tubature in ferro e la stradina appare scavata dalle imponenti ruote di un veicolo, un camion o un?autocisterna.
La piattaforma in questione è il pozzo petrolifero Cerro Falcone 2. È un pozzo attivo. Le autobotti giungono nel bosco, gli autisti aprono la sbarra prima e il cancello poi. Il petrolio è drenato mediante tubature all?interno della cisterna. Il petrolio fuoriesce a pressione, perché l?acqua che si trova al di sotto e le rocce che sono ai lati, creano una camera pressurizzata, dalla quale è facile estrarre il liquido.
I tecnici devono fare attenzione al gas che potrebbero respirare o alle sostanze pericolose che potrebbero ingerire. Quando l?autocisterna è colma, si chiude il rubinetto e il veicolo può partire verso le raffinerie di Taranto o Bari. Il pozzo va chiuso bene, perché eventuali fuoriuscite possono essere dannose per gli alberi, per gli animali e per le persone. Gli ambienti, in aggiunta, diverrebbero sterili, l?acqua dei torrenti che scendono a valle sfociando nei fiumi lucani più importanti, sarebbe contaminata, così come quella della diga che sorge a distanza ridotta. I turisti, che iniziano a frequentare i paesini e le giovani piste da sci ancora incomplete, avrebbero paura a tornare nei boschi e sulle cime lucane.
Nel corso del tragitto seguito dalle autocisterne riempite di greggio, gli autisti devono percorrere le stesse stradine strette e sconnesse, coperte di neve o pioggia, curve e anguste, i cui margini non sono protetti, ma si aprono verso strapiombi e vallate. La soglia di attenzione deve essere elevata, al fine di non sbandare, non provocare incidenti, evitare i veicoli che provengono in senso opposto di marcia, ma soprattutto non rovesciare il veicolo, in modo da salvare la vita del guidatore e i molti ettari di terreno (flora, fauna, esseri umani, risorse idriche?) che potrebbero essere distrutti dalla fuoriuscita del greggio.
I guadagni per il luogo e per i suoi abitanti sono i pochi posti di lavoro creati, ossia la nascita di categorie di trasportatori od operai che hanno realizzato i pozzi; eppure una volta completata l?opera, esaurita la risorsa (circa un cinquantennio), realizzato (forse) un oleodotto, i guadagni saranno svaniti, così come le prospettive di uno sviluppo duraturo e reale per le popolazioni autoctone. Le royalties saranno spese, per creare strutture legate all?utilizzo del greggio, obsolete e inutili se si pensa al momento storico in cui sono realizzate. In Europa si punta, in effetti, sulle fonti energetiche alternative al carbone o al petrolio, in quanto queste ultime saranno nel giro di qualche cinquantennio esaurite o inadatte a soddisfare le richieste energetiche del pianeta, mentre in Basilicata ? controcorrente ? si continua a investire e a puntare sullo sfruttamento del petrolio, ma per quanto tempo ancora?