Negli ultimi mesi Legambiente ha in più occasioni apprezzato le posizioni assunte a vari livelli istituzionali regionali in merito alla perimetrazione del Parco della Val d?Agri e Lagonegrese. Tutte concordemente orientate a confermare quanto sul Parco stabilito in sede di Conferenza Stato-Regioni e deliberato in Consiglio regionale. Tutte fermamente contrarie ad ogni ipotesi di revisione dell?iter istitutivo dell?area protetta, azione questa messa in atto anche attraverso l?imposizione di atti e decisioni da parte del governo nazionale tesi a scavalcare le comunità locali e ogni opzione concertativa.
Tuttavia la politica dei rinvii sulla chiusura dell?iter istitutivo del Parco da parte del Ministero dell?Ambiente continua. Lo stallo viene ufficialmente collegato alla vicenda del pozzo di Poggio del Caco nel comune di Laurenzana che ha innescato una querelle a dir poco grottesca sull?esclusione della Montagna di Caperrino dal perimetro del Parco.
La vicenda è talmente paradossale che, a questo punto, sorge fortemente il dubbio che il pozzo della Elf Total Fina sulla montagna di Caperrino possa essere nient?altro che un cavallo di Troia, un espediente messo in atto da parte delle ?lobby petrolifere? per sviare l?attenzione da questioni ben più corpose e interessanti.
I dubbi nascono dal fatto che al marzo scorso, sulla base degli atti e documentazioni ufficiali, nell?area Parco erano ancora previsti ben 6 pozzi esplorativi di cui 2 in area SIC (Sito di Importanza Comunitaria) oltre a diversi tratti di condotte secondarie.
Legambiente ritiene che i veri motivi per cui l?istituzione del Parco viene continuamente rimandata sia strettamente legate a questo contesto, ben più rilevante di quello riconducibile al pozzo di monte Caperrino che, peraltro, si trova nell?ambito di un giacimento, quello cosiddetto di Tempa Rossa, rispetto al quale le possibilità di accordi di sfruttamento sul tipo di trend 1 appaiono sempre più remote e che Legambiente spera siano presto definitivamente accantonate.
Dunque, a nostro parere, l?oggetto del contendere è altrove, potremmo dire al centro del sistema, sia geografico che economico.
Il Ministro dell?Ambiente a questo punto non può continuare a fare finta di niente, impedendo di fatto la nascita del Parco della Val d?Agri e Lagonegrese, per continuare ad assecondare gli interessi delle compagnie petrolifere.
Date queste condizioni, allora, Legambiente intende rivolgere una richiesta specifica anche alla Regione Basilicata per orientarsi a porre una moratoria su tutte le attività petrolifere in previsione fino alla conclusione dell?iter istitutivo del Parco.
Questa richiesta ha delle motivazioni e giustificazioni evidenti. Anzitutto il tormentato iter di istituzione del Parco della Val d?Agri e Lagonegrese non può essere ulteriormente condizionato dalla ingombrante presenza estrattiva: esiste una perimetrazione frutto discutibile di una lunga e complessa operazione di salvaguardia soprattutto degli interessi petroliferi, ma quel perimetro non deve essere ancora martoriato.
Peraltro alcuni dei pozzi previsti di cui l?Eni chiede l?autorizzazione sono quelli inizialmente collocati nell?area Sic di Serra di Calvello di cui l?Eni aveva chiesto la riubicazione circa un anno fa anche in conseguenza dell?avvio della procedura d?infrazione contro l?Italia che Legambiente aveva chiesto nell?ottobre del 2000.
Sulla base nostra azione di denuncia, la Commissione nel novembre 2002 ci diede ragione, mettendo in mora l?Italia per la cattiva applicazione delle Direttive 92/43/Cee, sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, e 85/337/Cee sulla valutazione d?impatto ambientale di progetti pubblici e privati in Siti d?importanza comunitaria (Sic). La richiesta di riubicazione fu un successo di Legambiente, perché si sancì che non si possono condurre attività petrolifere in aree dichiarate di interesse comunitario.
Ora, però, la Giunta regionale, per un pieno e totale rispetto delle normative comunitarie, a cui la Commissione europea richiama il nostro Paese, non può autorizzare l?ENI a proseguire le proprie attività in aree di elevato valore ambientale e non deve consentire lo spostamento dei 4 pozzi in aree inserite nel perimetro del Parco o limitrofe ad esso. E? evidente, inoltre, che anche la presenza del pozzo Cerro Falcone 2 nell?area della Serra di Calvello non è più accettabile e per questo noi ne chiediamo lo smantellamento.
Legambiente crede, inoltre, che solo un provvedimento come la moratoria petrolifera può essere coerente con quanto affermato nell?ordine del giorno approvato all?unanimità dal consiglio regionale nel febbraio scorso dove si affermava che il parco rappresenta un obiettivo strategico di sviluppo sostenibile della Regione.
La moratoria ed il conseguente stop alle nuove attività estrattive, possono essere l?ultimo e più efficace argomento per ?convincere? il Ministro Matteoli a fare quanto le sue funzioni e la legge da tempo gli impongono, vincendo le resistenze di settori del suo stesso governo e delle lobbies petrolifere, sempre in grande attività a Roma come in Basilicata.