Le persone disabili che lavorano sono assai meno di quante dovrebbero, invece, essere occupate, grazie all’osservazione, da parte delle stesse aziende pubbliche e private, della legge 68 del 1999. Quest’ultima legge, in particolare, regola le assunzioni dei lavoratori con disabilità sostituendo la precedente legge 482 del lontano 1968. I dati della ricerca Isfol, in merito, rivelano un’incompleta attuazione della legge: solo il 62% dei Centri provinciali per l’impiego (Cpi) ha, infatti, istituito il servizio per il collocamento dei disabili. I centri “inadempienti” si trovano soprattutto al Sud, anche se, nell’ultimo anno, l’indagine sottolinea che nelle regioni meridionali l’apertura di servizi per i disabili nei Cpi è cresciuta del 10% rispetto al 2001. La ricerca dell’Isfol sottolinea, inoltre, la crescita assoluta delle persone avviate al lavoro (22.353 su 486 mila iscritti alle liste del collocamento obbligatorio). La maggior parte degli assunti (60%) risiede al Nord, ma il numero di iscritti alle liste di collocamento obbligatorie è più alto nel Mezzogiorno, dove sono iscritte circa 345mila persone, il 63% del totale degli iscritti. Il risultato di questa situazione è che il rapporto fra avviati e iscritti, a livello nazionale, è pari a poco più del 4%. Il Nord-est si è collocato al primo posto con il 13,3% di avviati rapportati alla quota di iscritti. Seguono il Nordovest con il 13%, il Centro con quasi il 5% e il Sud, fanalino di coda, con l’1,2%.
Ecco cosa prevede l’articolo 3 della legge 68:
“Comma 1 – I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle proprie dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 della seguente misura: a) sette per cento dei lavoratori occupati. Se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
Comma 2 – Per i datori di lavoro privati che occupano dai 15 ai 35 dipendenti l’obbligo di cui al comma 1 si applica solo in caso di nuove assunzioni.
Comma 3 – per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le associazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l’obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione….”
Parliamo anche dei numeri che interessano, nello specifico, la regione Basilicata: al 30 giugno del 199 risultano occupate 1.910 persone con handicap, oggi sono 1.110. Di questi, 260 sono residenti nella provincia di Matera e 850 nella provincia di Potenza. In base ai dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, le aziende lucane che sarebbero soggette all’obbligo di assunzioni che hanno oltre 50 dipendenti sono in totale il 41,75 %, quelle fino a 35 dipendenti, invece, sono il 38 %. Infine, ci sono le aziende sotto i 35 dipendenti, le quali rappresentano il 10,33%.
Eppure, in Basilicata ci sono risorse inutilizzate per l’incentivazione alle imprese per circa 800 mila euro, ossia, un miliardo e 600 milioni di vecchie e care lire. Dunque i soldi ci sono, la legge pure, ma perché non si assume? Forse troppo onere sarebbe, per l’azienda, la formazione e l’assistenza – quanto necessaria – sul posto di lavoro, di persone che potrebbero avere handicap particolari che “priverebbero” l’azienda di un lavoratore efficiente? Quindi, è solo un discorso di insensibilità? La situazione è abbastanza avvilente soprattutto se si considera che la discriminazione effettuata a danno delle persone aventi disabilità viene effettuata anche dalle aziende pubbliche oltre a quelle di carattere privato. E’ a dir poco incivile.
Difficile, ma non troppo, comprendere come mai si facciano delle leggi di cui nessuno né controlla e né tutela l’applicazione. Discriminazione e ignoranza.