Il castello di Venosa venne edificato dal duca Pirro del Balzo nel 1470 all’estremità del centro storico, sul sito precedentemente occupato dalla Cattedrale di San Felice, a sua volta costruita sui resti di alcune cisterne romane, probabilmente collegate all’acquedotto locale. Per realizzare il maniero si dovettero abbattere oltre alla cattedrale anche chiese cappelle e numerose abitazioni. Fu lo stesso Pirro a doversi occupare della ricostruzione della cattedrale, impresa alla quale si dedicò malvolentieri e sotto la minaccia di scomunica da parte del vescovo Nicola Geronimo Porfido.

Il duca decise l’edificazione del castello e di una cinta muraria per meglio difendere la città dalle scorribande nemiche, soprattutto quelle dello zio della moglie, Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto. Quest’ultimo rivendicava il feudo di Venosa che era giunto nelle mani di Pirro attraverso il matrimonio con Maria Donata Orsini, figlia del duca di Taranto Gabriele. La collocazione del castello permetteva l’osservazione diretta ed il controllo del tratturo che all?epoca doveva percorrere chi proveniva da Taranto.

La costruzione ebbe quindi inizio nell’ambito di una più generale riorganizzazione del sistema difensivo della città che ne modificò decisamente l’assetto, rimasto poi inalterato fino alla seconda metà dell’Ottocento. Ma questo processo di rinnovamento edilizio ebbe origine anche dalle distruzioni degli antichi edifici venosini, dovute al terribile terremoto (ottavo-nono grado della scala Mercalli) che sconquassò il territorio lucano tra il 4 e il 5 dicembre 1456.

Le caratteristiche stilistiche e strutturali del castello sono simili a quelle di altri fortilizi edificati nel XV secolo; fu in particolare il Castelnuovo di Napoli, che tanto affascinava i nobili del Quattrocento, ad essere preso come modello, come avvenne anche per il castello Tramontano di Matera. In un primo periodo vennero innalzate le robuste torri cilindriche che segnano gli angoli della pianta quadrangolare e la murazione alta e possente (dello spessore di tre metri) che percorre i lati meridionale e occidentale. L’escavo del fossato, largo una quindicina di metri e profondo fra i sei e gli otto metri, l’erezione dei bastioni e l’elegante loggia interna a pilastri ottagonali che occupa i versanti Nord ed Est del massiccio quadrilatero risalgono al vicereame spagnolo (sedicesimo secolo).

Dunque gli interventi sulla struttura si protrassero ben oltre la morte di Pirro che venne trucidato nel 1487 per aver partecipato attivamente alla fallita congiura dei baroni contro Ferdinando I. Dopo la morte del duca (nel frattempo divenuto anche principe di Altamura) che nonostante un atteggiamento palesemente antiliberale, creò un grande fervore culturale a Venosa, la città venne saccheggiata ed il fortilizio venne spogliato delle munizioni e dell’artiglieria di cui un pezzo tra i più importanti fu trasferito nel Maschio Angioino di Napoli. Fu in quel momento che alcuni ambienti cambiarono funzione: le torri ad esempio divennero delle segrete, come testimoniano una moltitudine di scritte incise sulle pietre. I del Balzo lasciarono comunque molto segni della loro presenza, come lo stemma di famiglia, un sole raggiante che campeggia sulla merlatura della torre ovest.

Nel 1561 diventò Principe di Venosa Luigi Gesualdo conte di Conza. Con i Gesualdo tra la metà del 1500 e gli inizi del ?600 il castello divenne un accogliente palazzo gentilizio nel quale vennero ospitati principi mecenati, poeti, intellettuali ed artisti. Tra i Gesualdo il più celebre fu Carlo, il “principe madrigalista”, per il quale le pareti del maniero fecero risuonare le sue composizioni polifoniche.

Il complesso architettonico accoglie dal 1991 il Museo Archeologico Nazionale ubicato nella galleria seminterrata. In esso si trovano i reperti archeologici della città e del territorio su essa gravitante. Le sezioni sono cinque: fase preromana; fase della romanizzazione; da fine Repubblica ad età Augustea; materiali e reperti di età imperiale; dal tardo impero ai Normanni. Di notevole interesse sono le ceramiche, la collezione numismatica, i mosaici pavimentali, le pitture parietali (tra cui spicca l’affresco con testa di Gorgoneion risalente agli inizi del I secolo) e le tipologie sepolcrali, cui si accompagnano, una croce reliquiario dell’VIII-IX secolo ed orecchini del V-VI secolo. Oltre al museo il maniero è sede della biblioteca comunale, la cui sala di lettura ospita un bel ritratto del cardinale De Luca eseguito da Carlo Maratta.

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