Lungo il nostro percorso incontriamo man mano scrittori che ci avvicinano in modo diverso alla storia letteraria lucana. Ciascuno cerca di fissare differentemente sulla carta ?i suoni della propria gente?. La peculiarità di Fiorellini è legata all?uso di coloriture dialettali che conferiscono una particolare espressività all?opera.

Per essere precisi è improprio fare una distinzione netta tra lingua italiana e dialetto; è piu giusto parlare di varietà della lingua. Lingua e dialetto hanno la stessa dignità semiologia. L?unica differenza strettamente linguistica riguarda l?estensione degli ambiti semantici del dialetto,fortemente connotativi sì ma sicuramente più ridotti rispetto alla ricchezza della lingua italiana. L?originalità di uno dei migliori prosatori del nostro tempo non può che affascinare i lettori. La modernità propria del suo stile si riflette pienamente nel libro ?L?ultimo dei Cusci? in cui vi è una commistione di lingua italiana ed espressioni dialettali, effetto di quella gran varietà della lingua che in Italia, più che altrove, è anche amaro retaggio di una dolorosa e triste realtà della storia. Che cosa indica, con precisione, tale denominazione?

L?etichetta ironica ?cuscio di Avigliano? è frutto di invidia e cattiveria: ?Occorre doverosamente dire che i veri cusci sono gli aviglianesi che la terra pietrosa zappano a mano, così in profondo che il manico della zappa alla fine scompare nel solco?. In Fiorellini si ha una rivalorizzazione di tale epiteto che diventa un simbolo da ostentare, carico di introvabile espressività. La sua opera si configura come un ritorno alle radici e al recupero di una tradizione che dinanzi alla modernità non soccombe ma continua a resistere e a far sentire la propria voce.

Protagonista delle vicende narrate è ?Giuseppe?, uomo dotato di molte qualità, altruista, sicuro di sé, è l?ultimo dei ?cusci? ma è destinato a sopraelevarsi e a trionfare. L?autore riproponendo la cultura contadina e ?cuscia? sposta l?accento su una realtà che lotta, piange, spera ma non perde mai la speranza di risollevarsi. Peculiarità del ?cuscio? è parlare solo la lingua aviglianese, conosce solo quella. Attorno al protagonista ruotano diverse figure ed oggetti; un romanzo corale, dunque, di gente che ha lo stesso modo di sentire, di credere, di vivere. Il senso di appartenenza è forte, ci si sente legati ad un nomignolo ?cuscio? che si colora di tinte diverse assumendo caratterizzazioni sempre più forti. E? una saga familiare che provincializzasi (uno dei personaggi lascia il paese e va a Milano in cerca di lavoro) allarga le dimensioni inserendo il romanzo in una sorta di mitizzazione.

La forza espressiva delle espressioni dialettali aviglianesi è considerevole: ?altro gli passava per la capa?; ?siamo già terra e ceci? (per indicare la morte); ?andiamo al felce? (indica il cimitero). Nell?opera s?incrociano codici strutturali e culturali che sottendono un messaggio. Il codice spazio-temporale dà al racconto una fondamentale struttura cronotopica in cui eventi e personaggi sono calati in una precisa dimensione spaziale. La funzionalità dei personaggi è fortemente motivata. La lettura semiotica del testo deve partire dalla determinatezza linguistica che di per sé ha ben scarso valore se non è finalizzata alla ricerca ed alla valutazione del senso globale del testo.Diverse microstorie costituiscono la matrice della macrostoria e man mano da una piccola zona della Lucania, Avigliano, la visione si allarga, sprovincializzandosi.

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