Sono momenti difficili quelli che stanno vivendo i lavoratori dello stabilimento Parmalat di Atella, 160 dipendenti e una settantina di stagionali, i quali producono prodotti da forno con il marchio “Mister Day”. In attesa di conoscere il piano industriale varato dal commissario straordinario Bondi, dal quale si capirà qual’è il destino del settore dei prodotti da forno, quindi anche di Atella. L’azienda Parmalat vanta molte realtà produttive dislocate in tutt’Italia, dall’Emilia Romagna alla Sicilia, dalla Lombardia alla Basilicata e ancora Piemonte, Friuli, Veneto, Campania, Lazio, Liguria. In tutto venti stabilimenti in dieci regioni e 4.000 dipendenti.
Per Atella e dintorni, questo stabilimento detiene una particolare rilevanza, anche per quanto riguarda il sia pur sottile profilo industriale della realtà meridionale. Se, infatti, si guarda più da vicino il comparto produttivo che ha sede in quell’area, ci accorgeremo che – oltre allo stabilimento di prodotti da forno Parmalat di Atella – vi sono anche altri stabilimenti di prodotti da forno (Barilla a Melfi e della Ferrero a Balvano). Insomma, anche se non in senso stretto, comunque ci troviamo di fronte ad una significativa concentrazione di attività industriali, in una sorta di polo dei prodotti da forno, che, insieme alla presenza della FIAT sia in Irpinia che a Melfi ed insieme ad altre attività, ne definiscono il profilo produttivo in maniera significativa.
In realtà, i lavoratori lucani temono per il loro posto di lavoro poiché i prodotti da forno sembrano essere esclusi dal piano di riordino aziendale a cui lavora Bondi. Dello stesso avviso, i sindacati hanno subito avviato una serie di agitazioni anche in accordo con gli altri stabilimenti dislocati nel resto d’italia. Lo stesso Ministro Marzano dichiarando la volontà di recuperare l’attività industriale della Parmalat sostanzialmente in Italia e intorno a quello che rappresenta il core business dell’azienda, lasciando poi intendere, anche da colloqui avuti con il commissario Bondi, che il comparto dei prodotti da forno potrebbe non rientrare, appunto, nelle attività di core business per la ridefinizione del piano industriale che dovrebbe salvare la società e i lavoratori.
I lavoratori dello stabilimento di Atella, presenti anche nella manifestazione di Potenza di Cgil, Cisl e Uil per lo sciopero generale, hanno altresì annunciato l’avvio di un presidio della sede della Regione per ricordare al presidente Bubbico la loro condizione e porre all’attenzione delle istituzioni locali il problema della salvaguardia occupazione dello stabilimento di Atella. Non si è fatta attendere la risposta del governatore lucano, Filippo Bubbico, il quale ha confermato che garantirà il sostegno dell’amministrazione regionale e che sarà costituito un tavolo d’intesa con i sindacati, per monitorare gli sviluppi della vicenda.
Di certo, la truffa di Callisto Tanzi & Co. in nome della finanza creativa, ovvero, l’arte di far sparire milioni di euro da un cilindro, ha lasciato con l’amaro in bocca troppe persone: risparmiatori derubati, lavoratori incerti sul proprio futuro, consumatori.
In Italia, come in qualsiasi altro paese occidentale, persiste una sorta di cattivo costume sull’imposizione di regole uguali per tutti. Si pensa di poterne fare a meno, o meglio, che la misura, qualora ci fosse, debba regolare l’altrui azione, non certo la propria. Si creano leggi per trasferire i processi, si organizzano guerre per esportare la democrazia “occidentale” nei paesi arabi, credendo che la propria visione sia la migliore, quella illuminata e giusta, pertanto, inconfutabile, da difendere a qualunque costo. Che la propria tradizione, la propria religione, la propria storia, il proprio cibo, la propria economia, sia, inequivocabilmente, la formula per l’universale armonia tra lo spirito e la materia. Presunzione?